Opinione: Le Cinque Donne, di Hallie Rubenhold


Londra, 1887: l’anno, recitano i libri di storia inglese, del Giubileo d’Oro, dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’ascesa al trono della regina Vittoria. L’anno, però, anche di una storia di cui pochissimi sono a conoscenza, e che i più preferiscono dimenticare: la storia di una senzatetto, Mary Ann Nichols, detta Polly, che bivaccava come tanti a Trafalgar Square. A differenza della monarca, la sua identità sarebbe presto caduta nell’oblio, anche se il mondo avrebbe ricordato con grande curiosità il nome del suo assassino: Jack lo Squartatore. Polly fu la prima delle cinque vittime «canoniche» di Jack lo Squartatore, o di quelle la cui morte avvenne nel quartiere di Whitechapel nell’East End. Al suo omicidio seguì il ritrovamento dei cadaveri di Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly. La brutalità degli omicidi di Whitechapel sconvolse Londra, soprattutto perché l’assassino riuscì a darsi alla macchia senza lasciare indizi circa la sua identità. Mentre il cosiddetto «autunno del terrore» volgeva al termine, Whitechapel si riempì di sedicenti giornalisti intenti a cavalcare l’onda. I giornali andarono a ruba e, in mancanza di informazioni certe da parte delle autorità, le pagine furono sommerse di infiorettature, invenzioni e voci infondate, come quella secondo cui i pensionati di Whitechapel fossero «bordelli di fatto, se non di nome», e quasi tutte le donne che vi risiedevano, con pochissime eccezioni, fossero delle prostitute. Per centotrenta anni le vittime di Jack lo Squartatore e le loro vite sono dunque rimaste invischiate in una rete di supposizioni, pettegolezzi e ipotesi inconsistenti, cosicché oggi, le storie di Polly, Annie, Elizabeth, Kate e Mary Jane portano ancora impressi il marchio e la forma che i valori vittoriani hanno dato loro: maschili, autoritari e borghesi. Valori elaborati in un’epoca in cui le donne non avevano né voce, né diritti. Ma chi erano queste donne, e come hanno vissuto prima che la loro esistenza venisse barbaramente spezzata dalla mano di un feroce assassino? Attraverso un imponente lavoro di documentazione e una scrittura che lo rende appassionante come un romanzo, Le cinque donne riesce pienamente nel suo obiettivo di dare un volto alle donne che per troppi anni sono rimaste oscurate da un mito, restituendo loro ciò che tanto brutalmente hanno perduto insieme alla vita: la dignità. 




Dimenticate ciò che pensavate di sapere. 
Ciò di cui vi hanno nutrito (a forza) per continuare a costruire un mito intorno ad un serial killer divenuto una figura così importante, famosa e iconica da essere diventato immortale. 
Basta il suo nome per evocare un diabolico sadico, un essere intelligente e scaltro, una figura misteriosa la cui identità resta un mistero, tutto allo stesso tempo; una cosa così ghiotta da aver scatenato un fenomeno che continua a portare soldi in ogni verso si muova quel nome. 

E come danno collaterale anche le vittime sono diventate immortali. 
Peccato per un piccolo, insignificante, banale dettaglio...sono famose solo per la loro professione: prostitute. 
In che altro modo vengono forse raccontate? 
A parte le descrizioni dei cadaveri dopo lo scempio.

Cadute preda di un brutale assassino. Svilite come esseri umani. 
Nessuno ha mai dato loro importanza. 
Come accade ancora oggi, in fondo, sono solo puttane. Cosa c'è da sapere?

Almeno, fino ad ora. 
Grazie al lavoro straordinario di Hallie Rubenhold si fa finalmente chiarezza e sulle figure giuste, le vittime non solo di un terribile crimine, ma anche di vite terribili di donne sole e povere, in una Londra che non guardava in faccia a nessuno. Dove per essere etichettata come prostituta bastava un niente. 
Dovettero intervenire le autorità ad un certo punto per mettere una linea per separare le donne (povere) e le prostitute. Cosa che comunque non aiutò molto. 

Hallie riesce a raccontare le loro storie con una precisione e una quantità di dettagli incredibile, frutto di minuziose ricerche e tanta volontà. Alla fine del libro ci sono ben 10 pagine di note e 10 di fonti (avanti e retro). Archivi, giornali, libri,...ha scavato davvero in profondità per riportare a galla le vite di cinque donne e ridare loro la dignità rubata in un modo così superficiale per così tanti anni.

Io per prima sono rimasta assolutamente meravigliata dal lavoro svolto e da come sia riuscita a renderlo scorrevole, nonostante sia pregno di informazioni. 
Non solo sulle donne, ma facendoci capire com'erano gli ambienti in cui sono nate e cresciute, la mentalità dell'epoca e la società. Insomma una panoramica completa che permette di seguire il corso di queste cinque vite, molto diverse fra loro, di seguirne la crescita e di capirne i motivi per cui finirono in povertà, in strada, e conclusero la loro esistenza in modo così brutale. 
Ovviamente questa ricostruzione permette di comprendere com'era la vita in generale in quell'epoca, dei problemi delle classi sociali più basse e, specialmente, delle donne la cui sorte era quasi impossibile da ribaltare una volta che, per i motivi più disparati, arrivava a toccare il fondo. 

Mi sono vergognata di aver accettato la banalizzazione e lo sfruttamento di queste donne, della loro memoria, e lo svilimento delle loro vite...per cosa? 
Quello che forse non è nemmeno un geniale manipolatore e scaltro assassino. 
Anzi, probabilmente non lo è. Da ciò che l'autrice ci fa scoprire sulle dinamiche degli omicidi è irreale che abbia attirato le vittime per poi farne scempio. Più probabili altri scenari, in cui agisce approfittando di loro vulnerabilità. (Tutto ciò supportato dalle autopsie.)

Un libro davvero incredibile che mette da parte l'assassino e (finalmente direi) si concentra sulle vittime. Un viaggio che ti resta dentro e porta a riflettere moltissimo. 
Davvero consigliatissimo.