Opinione: Ho Fatto La Spia, di Joyce Carol Oates
Violet Rue Kerrigan ha 12 anni ed è la più giovane di una numerosa famiglia proletaria di origini irlandesi che vive a South Niagara, una piccola e tranquilla cittadina nello stato di New York. È la preferita del padre, Jerome, un uomo duro che governa la famiglia con pugno di ferro. Una sera i due fratelli maggiori, Jerome Jr. e Lionel, investono ubriachi un diciassettenne afroamericano, lo colpiscono con una mazza da baseball e lo lasciano agonizzante sul ciglio della strada. Violet sa quello che hanno fatto, ma tutti, persino il prete, le intimano di tacere. Quando Violet, involontariamente, racconterà tutto al preside e alla polizia, portando così all'incriminazione dei fratelli, verrà cacciata di casa perché colpevole di un peccato imperdonabile: ha tradito la sua famiglia. L'esilio a casa di una zia, un'adolescenza difficile tra bullismo, sensi di colpa e abusi porteranno Violet a fare i conti con la sua educazione familiare e con il suo essere donna, fino a scoprire che la violenza può attecchire ovunque e che se vorrà salvarsi, dovrà trovare in se stessa una forza che non sapeva di avere.
Continuiamo coi mattoni recuperati e smaltiti dalla libreria. In questo caso parliamo della Oates, che propone come sempre storie che ti dilaniano dentro e che infilano spilloni dove le tematiche sono più discusse e controverse, riuscendo a parlare di questioni delicate in modi totalmente onesti e in modo cosi onesto da farti comunque del male.
In questo romanzo ci troviamo a conoscere Violet, una ragazza di dodici anni che una notte vede qualcosa che non capisce appieno, sarà nei giorni successivi che unirà i puntini comprendendo quello che i fratelli maggiori hanno fatto: i due hanno investito e poi pestato a morte un ragazzo nero della zona. La notizia è ovunque e le ricerche puntano immediatamente sui due giovani, seppur la comunità bianca gridi al razzismo (nonostante testimoni e prove). ù
Violet soffre per questo segreto, tenta di parlarne con la madre che non la ascolta minimamente, col parroco che la caccia via senza farla finire, convincendosi di aver fatto il proprio dovere e che se gli adulti liquidano così la questione sarà la cosa giusta da fare.
I due ragazzi comunque non sono dei santi, anni prima avevano partecipato a qualcosa di orribile fra le mura scolastiche, tanto da finire in tribunale. Cosa che sembra un po' tutti abbiano dimenticato.
Succede però un "incidente" che farà precipitare tutto, poiché stremata dopo un orribile fatto (palese la verità, ma anche in quel caso la cecità dei genitori è allucinante) si ritrova a raccontare tutto a scuola e alla polizia, chiamata per l'insieme delle cose.
I due ragazzi comunque non sono dei santi, anni prima avevano partecipato a qualcosa di orribile fra le mura scolastiche, tanto da finire in tribunale. Cosa che sembra un po' tutti abbiano dimenticato.
Succede però un "incidente" che farà precipitare tutto, poiché stremata dopo un orribile fatto (palese la verità, ma anche in quel caso la cecità dei genitori è allucinante) si ritrova a raccontare tutto a scuola e alla polizia, chiamata per l'insieme delle cose.
Sarà l'inizio del suo esilio da casa: allontanata per la sua sicurezza per le indagini prima, poi cacciata dai genitori (il padre in primis) che la ritengono una spia infame per aver parlato contro la famiglia, si ritroverà sola e abbandonata nella casa della zia materna.
Seguiremo a tappe la sua vita, nei momenti più terribili e cruciali della sua crescita, dove finirà fra le mani di uomini orribili che mostreranno i vari modi in cui una donna può venir abusata, mentalmente principalmente (non che il resto sia meglio).
Violet spesso accetta passiva, senza saper spiegare meno lei le motivazioni dietro questi gesti.
Tematiche ancora attualissime: perché (tu vittima) non hai parlato prima? Perché (tu "vittima"?) non ti sei ribellata? Quindi ti piaceva? Ecc ecc
Insomma, domande che sappiamo già come vanno ad accanirsi su chi non ha colpe.
Violet però è una sopravvissuta, è forte, ed ogni volta trova la forza di scappare e ricominciare la sua vita. La vedremo crescere, dai dodici anni fino ai ventisei.
Nonostante tutto lavora, va all'università, e troverà il coraggio di riaffrontare il passato quando tornerà a bussare alla porta. Insomma, una donna vera che viene spesso relegata da sola e che nella solitudine ha trovato comunque qualcosa per rialzarsi ogni volta.
Manipolata, insultata, bullizzata,...ne ha passate davvero tante, troppe,...e la Oates ce lo racconta, senza mai scendere nella pornografia del dolore, ma comunque non usando carezze quando la realtà è brutale da meritare parole esatte per raccontare i fatti come stanno.
Un finale quasi aperto, che ci racconta fino ad un certo punto e poi smette. Sai che la sua vita andrà avanti, ma come? Un mistero che resterà addosso ai lettori, seppur tante risposte le abbiamo ottenute comunque e possiamo immaginare come vorrebbe andare avanti nella sua vita.
La Oates si conferma una penna straordinaria che riesce a portare su carta cose quotidiane orribili, di cui non si parla solitamente, senza scadere nei soliti cliché, senza romanticizzare le cose, senza scusare comportanti riprovevoli e andando a guardare attraverso gli occhi di un innocente che lei stessa dubita di star compiendo scelte corrette. Più vero e doloroso di così!
Bellissimo, ma parecchi TW di cui è meglio tener conto, principalmente: violenza verbale, violenza fisica, abusi, bullismo.
Opinione: La Casa del Destino, di Jessie Burton
Il sequel del bestseller da un milione di copie vendute, Il miniaturista. Una storia gloriosa e travolgente di destino e ambizione, segreti e sogni, con una protagonista determinata a riscattare la propria famiglia e il proprio avvenire.
Nell’età d’oro di Amsterdam, nel 1705, Thea Brandt compie diciotto anni ed è pronta ad accogliere l’età adulta a braccia aperte. Walter, l’amore della sua vita, l’aspetta nel teatro della città, ma a casa i problemi sono all’ordine del giorno: suo padre Otto e la zia Nella litigano all’infinito, e la famiglia Brandt è costretta a vendere i propri mobili per sopravvivere. Nella cerca disperatamente di salvare la famiglia e mantenere le apparenze, nella speranza di trovare a Thea un marito che le garantirà il futuro. Così, quando ricevono un invito al ballo più esclusivo di Amsterdam, la felicità sembra bussare finalmente alla loro porta. Nuove speranze entrano nella loro vita, promettendo un futuro radioso. Nella non ha dimenticato il miniaturista che è entrato nella sua vita diciotto anni prima per giocare con il suo destino. Forse, ora, è tornato per lei...
Finalmente ho smaltito anche questo bel mattoncino che aspettava da inizio anno. Avevo provato leggendone alcune pagine, ma non mi trascinava come mi sarei aspettata. Ammetto di aver letto con estremo ritardo il suo famosissimo predecessore (l'anno scorso), trovandolo all'altezza della sua fama. Era un confronto difficile. Infatti, seppur ben scritto, non può reggere il confronto. Mi spiegherò meglio.
Ovviamente ci saranno spoiler riguardanti Il Miniaturista. Siete avvisati.
Vediamo prima di tutto la trama.
Sono passati diciotto anni da quando il mondo di Nella è precipitato: Johannes è stato giustiziato lasciandosi dietro pettegolezzi e voci impossibili da arginare; Marin ha dato alla luce Thea, svelando un segreto impossibile da immaginare, per poi morire poche ore dopo.
In quella grande casa Nella, Otto e Cordelia cercano di mantenere le apparenze, seppur con estrema fatica.
Nella cerca di districarsi fra le altre famiglie di Amsterdam, giocando abilmente per tenere alta l'illusione e aver la possibilità di dare un futuro a Thea tramite un buon matrimonio.
Otto si è dovuto accontentare di un lavoro miserabile per poter mantenere tutti, visto che dopo la morte di Johannes nessuno ha più voluto aver a che fare con lui.
In tutto questo Thea ha diciotto anni ed è stufa di esser rinchiusa in quella grande casa di segreti. Nessuno le vuole parlare di nulla. Nemmeno su sua madre. Si è dovuta accontentare delle briciole per tutta la vita e non ha intenzione di accontentare la zia che pretende di averla docile davanti l'alta società. In più è ciecamente innamorata.
Questa non comunicazione fra...tutti, sarà la base per il disastro: Nella non parla del passato con Otto e viceversa; entrambi non parlano a Thea né della madre, né di Johannes, né della situazione precaria in cui sono; Thea non parla di cosa prova e nemmeno accenna a Walter, il suo innamorato.
Una storia che parla attraverso più punti di vista, mostrando al lettore come siano distorte le percezioni che hanno l'uno dell'altro. Unendo questo alle parole non dette, la scintilla è pronta: Nella ha trovato un marito per Thea. A Otto questo non piace e ha un suo piano per migliorare l'economia familiare, ma Nella si oppone. Nemmeno Thea vuole sposarsi con l'uomo scelto dalla zia, ma se non vuole parlare di Walter sembrano capricci di una ragazza troppo giovane per capire come vanno le cose ad Amsterdam, come lo era Nella una vita fa.
Una trama che, come nel teatro (di cui si fa spesso menzione nel libro), vive di apparenze e i cui protagonisti devono recitare un copione per poter "restare in scena". Nella lo ha imparato sulla sua pelle. Otto vuole ribellarsi a tutto ciò. Thea mantiene una maschera quando richiesto, ma senza capire quanto questo "gioco" richieda finzione da parte sua. Troppo giovane, troppo protetta dalla realtà, è troppo viva per fingere appieno davanti a tutte queste persone che nel profondo la disgustano, anche solo per come la guardano.
Un romanzo ben scritto, che riesce a bilanciare bene gli stati d'animo e i pensieri di ognuno, rendendo questa incomprensione alla base della storia fulcro centrale intorno al quale accadranno gli eventi.
Si, è piuttosto prevedibile il tutto. Ma l'autrice riesce a non renderla una storia pesante, dando con la sua scrittura quel tocco che la rende scorrevole e piacevole.
Adesso arrivo alla domanda che tutti, me compresa, si fanno davanti a questo sequel: la miniaturista?
Piccola nota personale: mi ero già espressa negativamente riguardo la scelta di definire nella trama la miniaturista al maschile; siamo in un seguito, chi legge sa già che non è UN miniaturista, bensì UNA miniaturista. Se una persona legge la trama, nonostante sia bel segnalato che sia un seguito, sono cavoli suoi. Storpiare il sesso non ha senso ora che i lettori lo sanno.
In tutto questo Thea ha diciotto anni ed è stufa di esser rinchiusa in quella grande casa di segreti. Nessuno le vuole parlare di nulla. Nemmeno su sua madre. Si è dovuta accontentare delle briciole per tutta la vita e non ha intenzione di accontentare la zia che pretende di averla docile davanti l'alta società. In più è ciecamente innamorata.
Questa non comunicazione fra...tutti, sarà la base per il disastro: Nella non parla del passato con Otto e viceversa; entrambi non parlano a Thea né della madre, né di Johannes, né della situazione precaria in cui sono; Thea non parla di cosa prova e nemmeno accenna a Walter, il suo innamorato.
Una storia che parla attraverso più punti di vista, mostrando al lettore come siano distorte le percezioni che hanno l'uno dell'altro. Unendo questo alle parole non dette, la scintilla è pronta: Nella ha trovato un marito per Thea. A Otto questo non piace e ha un suo piano per migliorare l'economia familiare, ma Nella si oppone. Nemmeno Thea vuole sposarsi con l'uomo scelto dalla zia, ma se non vuole parlare di Walter sembrano capricci di una ragazza troppo giovane per capire come vanno le cose ad Amsterdam, come lo era Nella una vita fa.
Una trama che, come nel teatro (di cui si fa spesso menzione nel libro), vive di apparenze e i cui protagonisti devono recitare un copione per poter "restare in scena". Nella lo ha imparato sulla sua pelle. Otto vuole ribellarsi a tutto ciò. Thea mantiene una maschera quando richiesto, ma senza capire quanto questo "gioco" richieda finzione da parte sua. Troppo giovane, troppo protetta dalla realtà, è troppo viva per fingere appieno davanti a tutte queste persone che nel profondo la disgustano, anche solo per come la guardano.
Un romanzo ben scritto, che riesce a bilanciare bene gli stati d'animo e i pensieri di ognuno, rendendo questa incomprensione alla base della storia fulcro centrale intorno al quale accadranno gli eventi.
Si, è piuttosto prevedibile il tutto. Ma l'autrice riesce a non renderla una storia pesante, dando con la sua scrittura quel tocco che la rende scorrevole e piacevole.
Adesso arrivo alla domanda che tutti, me compresa, si fanno davanti a questo sequel: la miniaturista?
Piccola nota personale: mi ero già espressa negativamente riguardo la scelta di definire nella trama la miniaturista al maschile; siamo in un seguito, chi legge sa già che non è UN miniaturista, bensì UNA miniaturista. Se una persona legge la trama, nonostante sia bel segnalato che sia un seguito, sono cavoli suoi. Storpiare il sesso non ha senso ora che i lettori lo sanno.
Torniamo alla domanda: la miniaturista?
Si, compare. O almeno, le sue opere. E no, poteva benissimo funzionare il romanzo senza di lei. È un aggiunta che se rimossa non credo avrebbe cambiato la trama. Capisco che è il seguito di un romanzo dove era fondamentale, uno degli ingranaggi principali e uno dei misteri che venivano svelati fra le pagine. Ma in queste pagine, poteva anche non comparire.
Tirando le somme. Piacevole, scorrevole, ritroviamo i personaggi amati dopo anni e scopriamo qualcosa in più su di loro. Non aspettatevi un romanzo come il precedente. Rimarreste delusi. Però si lascia leggere molto bene.
Opinione: Lucifero e la Bambina, di Ethel Mannin
Inghilterra, 1931. Jenny Flower, una bambina di nemmeno sette anni che vive in un quartiere popolare nella zona portuale di Londra, durante una gita in campagna incontra un Oscuro Straniero che porta sul capo delle strane corna. È il primo di agosto, la festa di Lammas, nella tradizione uno dei quattro sabba maggiori in cui le streghe si incontrano per celebrare i propri rituali - e pare che la stessa Jenny, nata nel giorno di Hallowe'en, discenda proprio da una stirpe di streghe. Grazie all'incontro con lo Straniero, la bambina scopre delle nuove prospettive che vanno oltre l'umile casa in cui vive, la scuola e una madre opprimente che non è mai stata in grado di capirla. Nel mondo enigmatico e proibito che le si apre davanti, sentirà di avere più potere su se stessa... e forse anche sugli altri.
Non pensavo potesse stupirmi tanto, infatti avevo provato ad iniziarlo mesi fa con scarsissimi risultati, ma riprovandoci mi sono trovata incollata alle pagine, trascinata in una storia che gioca moltissimo col lettore, mescolando abilmente situazioni che potrebbero essere spiegate con raziocinio oppure abbandonandosi alla storia credendo a ciò che ci viene narrato.
Il tutto condito con abbondante critica sociale e non solo.
Un romanzo pubblicato nel 1945, di un autrice molto prolifica da noi praticamente sconosciuta.
Una donna molto attiva riguardo temi sociali e politici (femminismo, antifascismo, sessualità, pacifismo, ecc ecc) che ritroviamo abbondanti anche in questo romanzo.
Ci troviamo a Londra negli anni '30 e conosciamo Jenny, una ragazzina molto particolare e diversa dai suoi coetanei. Profondamente ribelle, non sopporta le costrizioni sociali ed è abituata alle botte in casa per sostenere la sua posizione. Durante una gita si allontana dal gruppo e si ritrova a parlare con uno straniero che la incanta dal primo sguardo.
Non le dirà mai il suo nome, ed è qui che l'autrice inizia a giocare col lettore: chi è davvero?
Seppur senza identità diventa una presenza a cui Jenny si attacca in modo fortissimo, che farà comparsa nella sua vita solo in determinate date durante l'anno, ovvero i quattro sabba delle streghe: Imbolc, Beltane, Lammas, Halloween (il giorno in cui la nostra Jenny è venuta al mondo).
[lo so, i sabba sono otto, ma nel romanzo sono solo quattro]
Perché Jenny è una strega, o almeno così le dice dando inizio a qualcosa che smuoverà la bambina nel profondo e la porterà a percorrere una strada diciamo particolare.
Come dicevo Jenny è insofferente alle regole della società, in particolare a quello che le cerca di insegnare la madre a suon di botte, inutilmente poiché lei non si arrende alla violenza. Anche la scuola le sta stretta. Preferisce imparare dalla strada e vivendo vicino al porto in un quartiere di case popolari, cose da imparare non le mancano, ma troverà una guida nella vecchia Ma' Beadle, una signora evitata dalla maggior parte della "brava gente" poiché molto strana, ritenuta sporca e pazza.
Capiremo presto che è ritenuta anche lei una strega, che ci sa fare con le "pozioni" con cui aiuta chi si presenta alla porta, ma non solo. Ha molti libri riguardanti la stregoneria e le arti oscure, a cui molto presto Jenny si affezionerà ed inizierà il suo apprendistato in quella casa.
Fra gli altri personaggi che faranno capolino molto spesso fra le pagine ci saranno la "zia" Nell, che già nel secondo capitolo viene raccontata la sua storia e spiegato come mai ho scelto di metter fra virgolette il suo grado di parentela con la bambina; e Marian Drew, che apparirà nel quarto capitolo, figlia di un reverendo, molto credente e che ha scelto la carriera di maestra per poter aiutare i bambini, ma non solo fra i banchi, se ne occupa anche nel tempo libero avendo creato un club per poterli allontanare dalla strada (e quando lo racconta ci sono solo poche righe, ma una stupenda critica alle femministe delle classi abbienti dell'epoca).
Non sto ad addentrarmi oltre nei dettagli.
La particolarità dell'autrice, già dal primissimo capitolo, è anticipare dettagli che verranno svelati alla protagonista Jenny anche anni dopo gli eventi narrati, ma facendo ciò rende il lettore partecipe di molte informazioni che altri personaggi già sanno e/o che spiegano come agiscono durante le pagine.
Abbiamo più voci narranti durante la lettura (il ché è utile, per quello che dicevo poco sopra), che si alternano a vicenda, rendendo davvero interessante e scorrevole il romanzo.
Inizialmente non capivo dove volesse andare a parare, ma quando si entra nella storia il tutto acquisisce un suo ritmo e, anche nelle parti che sembrano messe a caso, si capisce che sono lì perché l'autrice aveva da dire qualcosa, anche se non apertamente. Riesce ad essere molto abile anche nel caratterizzare i vari personaggi, dando le sfaccettature che meritano come esseri umani, imperfetti e crudeli a volte, ma anche ricchi di molto altro. Un dettaglio non indifferente, che dona spessore maggiore alla storia che viene narrata e alle tematiche care all'autrice.
Per essere un romanzo degli anni '40 (precisamente scritto fra giugno 1944 e ottobre 1944) è davvero molto scorrevole e interessante, proponendo tematiche ancora attuali e critiche sociali che si riescono a cogliere fra le righe senza troppa fatica; una scrittura fluida, fresca, che mescolando abilmente elementi magici a realtà, tiene il lettore incollato alle pagine fino alla fine per avere una risposta alle domande che lo assillano dalle prime righe: chi è davvero lo straniero? Jenny è una strega?
Nell'ultima pagina l'autrice stessa ci parla, ma non so quanto possano esserne felici i lettori.
Io, nonostante tutto, mi ritengo soddisfatta e ho apprezzato le sue parole dirette proprio a noi.
Un romanzo che sembra un bel mattoncino, ma ti scivola fra le dita senza che te ne accorga.
Un enorme Grazie! alla Agenzia Alcatraz che ha portato in Italia questo piccolo gioiello che avrebbe dovuto essere tradotto molto molto prima. Anche se ha rischiato di essere distrutto molto prima, essendo stato ritirato dopo pochissimo dalla pubblicazione poiché ritenuto diseducativo e pericoloso.
Ho aspettato tanto a leggerlo, ma probabilmente era il momento giusto per me.
Non fatevi spaventare dalla mole, se vi incuriosisce non dubitate e leggetelo.
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