Opinione: Il Caffè della Luna Piena, di Mai Mochizuki
Un romanzo magico, che unisce la saggezza orientale al fascino arcano delle stelle. Un viaggio alla scoperta di sé, per imparare che per ritrovare la strada a volte basta chiudere gli occhi, in attesa della prossima luna piena.
A volte, ma solo nelle notti di luna piena, tra le vie di Kyoto o in riva al fiume appare un caffè molto speciale: è una roulotte gestita da un eccentrico chef, un grande gatto tigrato esperto di astrologia, e da altri due felini suoi aiutanti, e si manifesta sul sentiero di chi si sente perso. In questo caffè non è possibile ordinare ciò che si vuole, sono i gatti a decidere cosa offrire ai propri clienti. Il menu prevede incredibili bevande e deliziosi dolci in grado di consolare i cuori affranti degli avventori. Ed è lo chef in "persona" a sedere al tavolo con loro per aiutarli a capire, attraverso la lettura della carta astrale, dove si sono smarriti. Fra una tazza di latte stellare e un pancake al burro del plenilunio, assaporando un gelato al chiaro di Luna e Venere, incontriamo Serikawa, che dopo una folgorante carriera da sceneggiatrice è diventata una scrittrice di videogiochi frustrata e infelice, incapace di risollevare il proprio destino; Akari, che ha amato l'uomo sbagliato e ora non sa immaginare un futuro accanto a qualcun altro; Megumi, alle prese con un'importante scelta lavorativa, e Mizumoto, che incontra nuovamente dopo molti anni il suo primo amore.
Cercavo un libro coccola e l'ho trovato.
Coi gatti poi! Irresistibile.
Senza troppe aspettative, ho iniziato ad ascoltarlo e mi è piaciuto, anche se non da impazzire.
Abbiamo a che fare con le vite di alcune persone, diverse fra loro, ma le cui vite sono intrecciate in un modo strano, riguardante il loro passato. Ma anche nel quotidiano, infatti queste persone si intrecceranno e si "scambieranno" la parola fra loro nell'alternarsi delle varie storie.
Stanno tutti affrontando dei brutti periodi, devono prendere decisioni oppure si sentono distrutti dalla vita, da qualche insuccesso, e hanno proprio bisogno di una spinta che arriverà, inaspettatamente, dal Caffè della Luna Piena. Un luogo magico, senza fissa dimora, dove non si ordina ma viene creato dallo chef quello che ai clienti serve.
Ah, dimenticavo, lo chef è un enorme gatto tigrato!
Ci saranno anche altri aiutanti, sempre dei felini, molto arguti e simpatici. E si parlerà di astologia, di come questa influenzi la vita quotidiana e la crescita personale, o tutt'altro in alcuni momenti.
Ho adorato il finale quando ci si ritrova come a chiudere un cerchio e si scopre come mai in particolare vengano scelte queste persone che si conoscono, per essere aiutate. Mi ha stretto il cuore!
Scontato no, forse troppo dolce,...ma l'ho trovato molto carino e azzeccato. Vorrei dirvi qualcosina in più, ma non trovo le parole per non rovinarvi la sorpresa.
C'è un grande MA di cui devo parlare, perché ci sono rimasta troppo male nell'ascoltarlo.
Ho notato una cosa: fa capolino fra le pagine un personaggio che dopo un po' si capisce essere una donna trans.
Il problema (enorme problema) è che ci si riferisce a lei un po' coi pronomi femminili e un po' coi pronomi maschili!
Non ha senso.
Prima di tutto confonde il lettore, ma in particolare dopo che racconta, brevemente, la sua storia non dovrebbero più esserci assolutamente questi scambi di pronome da frase a frase.
Invece continuano.
Ho trovato diverse persone che hanno riscontrato la stessa problematicità (mentre moltissime altre o non l'hanno vista, oppure hanno sorvolato dal farla notare. Temo la seconda e la cosa mi fa piuttosto schifo).
Confrontandomi in particolare con una ragazza, appassionata di cultura orientale, mi ha spiegato che sicuramente il testo originale era così, poiché ci sono ancora enormi problemi a riguardo, sul come trattare le persone trans.
La cosa che mi ha infastidito di più, dopo aver capito i perché legati al testo oeiginale, è stata la decisione di non mettere alcuna nota (nella nostra edizione) per dire tutto questo.
Anche solo spiegando la scelta di mantenere il testo identico all'originale, chiarendo però che questa persona è una donna trans e quindi i pronomi da usare correttamente sono quelli femminili.
Insomma, non si può fare uscire un libro con delle pagine del genere senza un briciolo di spiegazione al lettore; da una CE che, tra l'altro, si fa tanta pubblicità e sfrutta queste tematiche per il proprio tornaconto, puntando sull'essere inclusiva, moderna, ecc ecc...
Si, ok, sappiamo benissimo che è per marketing e basta, ma nemmeno una cura per i testi che traducono e il lettore che se li trova in mano, visto che non sono poi così economici...
Si, ok (pt2), sappiamo anche che non c'è così tanta cura, visti certi "scivoloni" che continuano ad esserci.
Non so voi, io inizio a stufarmi.
Opinione: Croste, di Jessica La Fauci
Nina rifiuta l’avanzare del tempo: i corpi in corsa verso il disfacimento, le pesche marce, l’intonaco che si sfalda. Eredita una cantina ma non sa che farsene di quella stanza stipata di scaffali che arrugginiscono. Ci trova dentro scarti, memorie fisiche e psichiche che non le appartengono, ma che portano il suo stesso corredo genetico. Nina ha perso un amico, una gatta, un ragazzo e soprattutto il senso della continuità; eredita la cantina come si eredita una mancanza. Nina ha la testa piena di parole che non riescono a comporre la risposta ai suoi tanti interrogativi, né a identificare un momento da cui far partire il tutto. In una vita in cui gli inizi sono il momento più felice, c’è sempre un prima, a volte mai vissuto, a cui si dovrebbe guardare con nostalgia. Usando una scrittura affilata e cristallina La Fauci costruisce una trama frammentata, in cui frantumi di vita diventano oggetto di un’analisi quasi clinica, rivelando l’estraniazione della protagonista nei confronti dell’esistenza. Croste è un processo di bonifica, un libro sulle cose che marciscono, le cose di cui non ci si è presi cura, la lacuna che deve essere abitata.
Mi incuriosiva molto la trama e, trovandolo usato, mi ci sono lanciata senza indugiare.
Il problema è arrivato durante la lettura.
Non che sia brutto, ma è molto molto particolare.
Il problema è arrivato durante la lettura.
Non che sia brutto, ma è molto molto particolare.
Ci troviamo nella vita di Nina, una donna che ci regala frammenti dei suoi ricordi senza una logica, senza una sequenza temporale. Ci sentiremo a disagio e allo stesso tempo (se siete come me) compresi da questo modo di vivere fuori dagli schemi.
Perché a Nina non importa degli altri. Non è cattiva: lei sta stare da sola.
Lo ha imparato da sempre, fin da piccola.
Occupa poco posto, non si intromette, si scansa ed evita tante situazioni.
Riflette molto e parla poco. Vive ai suoi ritmi e nelle sue "stranezze".
Ci racconta pezzi di sé, confusamente, caoticamente, portandoci a faticare per starle dietro.
Si alternano quattro parti, in cui prendono parola anche quelli che sono i suoi migliori amici, che la vedono così strana e particolare, eppure nonostante a volte provino fastidio per questo, le vogliono bene. Non sarebbe lei se fosse diversa, più attenta, più "banale".
Amici che hanno seguito percorsi più lineari, convenzionali: lavoro, matrimonio, casa, figli,... Mentre lei non sente pressioni e si ferma alle piccole cose, quelle a cui non bada nessuno.
Un romanzo estremamente breve, seppur difficile.
Non saprei come classificarlo.
Ammetto di aver faticato nel leggerlo, seppur mi sentivo rappresentata in parte da questa figura così particolare. Lento, caotico, confuso.
Fatico sempre con questi generi di letture, seppur mi affascino molto.
Un romanzo estremamente breve, seppur difficile.
Non saprei come classificarlo.
Ammetto di aver faticato nel leggerlo, seppur mi sentivo rappresentata in parte da questa figura così particolare. Lento, caotico, confuso.
Fatico sempre con questi generi di letture, seppur mi affascino molto.
Difficile collocarli, difficile capirli.
Nonostante lascino alle spalle qualcosa che ti sementa dentro.
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