Ormai ho sbloccato la nuova ossessione per i racconti e questa collana, che però (almeno finora) mi ha regalato delle storie molto carine e piacevoli da leggere, unite a delle illustrazioni molto belle che adornano il racconto aggiungendo qualcosina in più che lo rende un gioiellino. In questa storia conosceremo Weth. In modo indiretto capiremo che è una giovane donna prossima alle nozze con Vidar, un ottimo cacciatore e un uomo dal cuore d'oro. Ci troviamo in un villaggio norreno, dove Odino, Freya, Hel,...possono essere pregati ed anche manifestarsi nella vita quotidiana. Un villaggio che noi definiremmo magico, poiché tutti hanno una pelle in cui possono trasformarsi, la maggior parte in lupi. Sarebbe un bel posto in cui vivere, se non fosse che Weth viene isolata e lei stessa accetta questa sorta di punizione per qualcosa che lei è, ma non ha mai scelto di essere: una draugr. Non voglio rivelarvi cosa voglia dire, il bello è seguire il viaggio che dovrà compiere Weth e scoprirlo pagina dopo pagina. Tornando alla trama, una sera il compagno la convince ad andare a caccia per farla stare meglio e non farla pensare al modo in cui gli altri la trattano ma lui, senza volerlo, trasgredisce una regola molto importante e rischia di morirne. Weth non si tira indietro quando scopre che c'è una possibilità di poterlo salvare e mette in gioco la sua vita per salvare entrambi. Un viaggio pericoloso e molto particolare, durante il quale dovrà confrontarsi con se stessa e il suo passato, facendo i conti con chi è davvero nel profondo. Una storia breve ma in cui c'è tutto. Una scrittura scorrevole, che ci racconta l'essenziale, che non si perde in descrizioni inutili. Dovremo cercare fra le pagine le risposte alle nostre domande, poiché non viene spiegato nulla, il tutto è ritenuto così normale e scontato che veniamo catapultati direttamente nella storia senza spiegazioni. Personalmente non l'ho trovato fastidioso, anzi. Riusciamo a ricavare tutto quello che ci serve dalle pagine senza digressioni che allungherebbero il brodo senza averne proprio un motivo. Se ne esce incantati.


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Opinione: I fiori di Yggdrasill, di Veronica De Simone, illustrazioni di Silvia Vanni


Dopo un incidente mortale, Alessandra salva la vita del suo compagno autorizzando il trasferimento della sua coscienza in un corpo artificiale. Per evitargli sofferenze, tiene la cosa segreta all’uomo. Presto però inizia a sospettare che anche il proprio corpo sia stato sostituito. Inizia a cercare prove dell’autenticità del suo corpo, ma un corpo sintetico è indistinguibile dall’originale. Alla fine qual è il valore di un corpo? Dove risiede l’identità? E cosa ne è dei corpi originari? I corpi “veri”. Il sentirsi estranea nel proprio corpo la farà precipitare in una spirale paranoica che la porterà a cercare risposte con ogni mezzo a sua disposizione. Un racconto dal ritmo vertiginoso che ci porta in un mondo poco distante dalla nostra realtà, per seguire il cortocircuito dei pensieri della protagonista. 



Ormai ho sbloccato la nuova ossessione per i racconti e questa collana, che però (almeno finora) mi ha regalato delle storie molto carine e piacevoli da leggere, unite a delle illustrazioni molto belle che adornano il racconto aggiungendo qualcosina in più che lo rende un gioiellino. 

In questa storia conosceremo Weth. In modo indiretto capiremo che è una giovane donna prossima alle nozze con Vidar, un ottimo cacciatore e un uomo dal cuore d'oro. 
Ci troviamo in un villaggio norreno, dove Odino, Freya, Hel,...possono essere pregati ed anche manifestarsi nella vita quotidiana. Un villaggio che noi definiremmo magico, poiché tutti hanno una pelle in cui possono trasformarsi, la maggior parte in lupi. Sarebbe un bel posto in cui vivere, se non fosse che Weth viene isolata e lei stessa accetta questa sorta di punizione per qualcosa che lei è, ma non ha mai scelto di essere: una draugr

Non voglio rivelarvi cosa voglia dire, il bello è seguire il viaggio che dovrà compiere Weth e scoprirlo pagina dopo pagina. 
Tornando alla trama, una sera il compagno la convince ad andare a caccia per farla stare meglio e non farla pensare al modo in cui gli altri la trattano ma lui, senza volerlo, trasgredisce una regola molto importante e rischia di morirne. 
Weth non si tira indietro quando scopre che c'è una possibilità di poterlo salvare e mette in gioco la sua vita per salvare entrambi. 

Un viaggio pericoloso e molto particolare, durante il quale dovrà confrontarsi con se stessa e il suo passato, facendo i conti con chi è davvero nel profondo. 
Una storia breve ma in cui c'è tutto. 

Una scrittura scorrevole, che ci racconta l'essenziale, che non si perde in descrizioni inutili. 
Dovremo cercare fra le pagine le risposte alle nostre domande, poiché non viene spiegato nulla, il tutto è ritenuto così normale e scontato che veniamo catapultati direttamente nella storia senza spiegazioni.
Personalmente non l'ho trovato fastidioso, anzi. Riusciamo a ricavare tutto quello che ci serve dalle pagine senza digressioni che allungherebbero il brodo senza averne proprio un motivo.
Se ne esce incantati. 

Potevo non lasciarmi conquistare già da un titolo del genere? Il fatto che fosse un fantascientifico degli anni '30, ambientato su Marte, con autore e protagonista cinese non ha fatto che gasarmi. Il problema è che non penso di averlo capito. È un romanzo ricco di satira alla società e alla politica, ovviamente. Ma ci sono elementi, ripetizioni, che lo tirano da due lati senza completarne nessuno. Da una parte le descrizioni riguardo i gatti di Marte, l'ambientazione naturale e le città, alcuni dettagli, molto fantascientifici e divertenti a tratti; dall'altra discorsi molto ripetitivi per concetti che sanno di satira politica e sociale, ma che non sono riuscita appieno a collegare a ciò di cui voleva realmente parlare e cosa voleva dire. La storia è abbastanza semplice, scritta senza troppi fronzoli, ma che nei dialoghi si incasina un sacco, anche per la scelta del linguaggio degli uomini gatto che comporta il ripetersi di tanti elementi. Facciamo un passo indietro perché credo di stare per perdervi. L'ho ascoltato su Audible, senza prestare troppa attenzione anche perché, come dicevo poco sopra, certi dialoghi lo rendevano confuso, altri ripetitivo,...insomma un caos nel quale mi sono lasciata perdere del tutto per arrivare alla conclusione e sperare di capirci qualcosina almeno alla sua chiusura. Cosa che non è avvenuta. Proverò comunque a parlarvene un poco, iniziando dalla sua introduzione (continua sul blog 📎 link in bio) #CittàDiGatti #LaoShe #OscarModerni #Mondadori #Audible #distopia #fantascienza #criticasociale #satira #novitàlibri #freepik #viaggiatricepigra


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Opinione: Città di Gatti, di Lao She


Un pilota cinese, durante una manovra d'emergenza, approda su Marte, e scopre che il pianeta è abitato da uomini gatto. Accolto da uno di loro, chiamato Grande Scorpione, impara a parlarne la lingua e ne scopre via via usi e cultura, apprezzando gli effetti stupefacenti delle foglie di loto di cui si nutrono. Man mano che si addentra nella conoscenza della loro società, tuttavia, si accorge che quella a cui assiste è la fase finale di una civiltà in declino, ormai irrimediabilmente corrotta, soggiogata dagli stranieri, priva di valori morali. Scritto tra il 1932 e il 1933, Città di gatti è il primo romanzo di fantascienza della letteratura cinese e uno dei primi racconti distopici. Come una dozzina d'anni più tardi La fattoria degli animali di Orwell, anche Città di gatti adombra una feroce satira politica: del regime instaurato dal Partito nazionalista cinese di Chiang Kai-shek, oltre che della Russia sovietica e di un intero mondo in crisi. Convinto che «la satira deve in primo luogo rendere viva la favola sulla quale si appoggia», Lao She ci regala pagine illuminate da una brillante vena umoristica che diventa lucida capacità di penetrazione dell'anima e dell'evoluzione umane, al di là dei limiti nazionali e storici. 




Potevo non lasciarmi conquistare già da un titolo del genere? 
Il fatto che fosse un fantascientifico degli anni '30, ambientato su Marte, con autore e protagonista cinese non ha fatto che gasarmi.
Il problema è che non penso di averlo capito.

È un romanzo ricco di satira alla società e alla politica, ovviamente. 
Ma ci sono elementi, ripetizioni, che lo tirano da due lati senza completarne nessuno. 
Da una parte le descrizioni riguardo i gatti di Marte, l'ambientazione naturale e le città, alcuni dettagli, molto fantascientifici e divertenti a tratti; dall'altra discorsi molto ripetitivi per concetti che sanno di satira politica e sociale, ma che non sono riuscita appieno a collegare a ciò di cui voleva realmente parlare e cosa voleva dire.

La storia è abbastanza semplice, scritta senza troppi fronzoli, ma che nei dialoghi si incasina un sacco, anche per la scelta del linguaggio degli uomini gatto che comporta il ripetersi di tanti elementi.

Facciamo un passo indietro perché credo di stare per perdervi. 
L'ho ascoltato su Audible, senza prestare troppa attenzione anche perché, come dicevo poco sopra, certi dialoghi lo rendevano confuso, altri ripetitivo,...insomma un caos nel quale mi sono lasciata perdere del tutto per arrivare alla conclusione e sperare di capirci qualcosina almeno alla sua chiusura. 
Cosa che non è avvenuta. 
Proverò comunque a parlarvene un poco, iniziando dalla sua introduzione (copiata dall'estratto gratuito): 

L’astronave era in pezzi. Dell’amico che per oltre due settimane l’aveva guidata – un mio compagno d’infanzia – non restava intero neppure un osso! Ma io, ero vivo? Com’era possibile che non fossi morto? Lo sapevano gli dèi. Non era un problema di mia competenza. La nostra meta era Marte. Secondo i calcoli del mio defunto amico, prima del disastro eravamo entrati nell’atmosfera del pianeta. Allora, ero caduto su Marte? Se le cose stavano così, l’anima del mio amico poteva riposare in pace: il primo cinese su Marte si era guadagnato l’onore della morte! Ma in ultima analisi dove mi trovavo? Ero ridotto ad avere fede fosse Marte; era possibile anche che non lo fosse, dal momento che non ero in grado di verificarlo con prove certe. Naturale, con la scienza astronomica si sarebbe potuto determinare di quale corpo celeste si trattava; disgraziatamente le mie conoscenze di astronomia sono pari a quelle sui geroglifici egizi: ignoranza assoluta. Il mio amico avrebbe saputo illuminarmi, ma lui… Ah! Il mio amico, il mio caro compagno d’infanzia! L’astronave era in pezzi. Come tornare sulla Terra? Neppure pensarci! Mi restavano i vestiti che avevo addosso – stracci che pendevano come spinaci secchi – e un po’ di cibo conservato nello stomaco; non osavo pensare a come sarei sopravvissuto qui, per non parlare di progetti di ritorno! Non conoscevo la lingua, i luoghi mi erano ignoti, e infine su Marte c’erano animali simili agli uomini? Troppi problemi… Meglio non pensarci.

Il nostro protagonista è un uomo cinese che si è appena schiantato su Marte. 
Sappiamo che non era solo, che il suo compagno è morto e che era lui a sapere più cose. 
Non ha un nome. Non ha un età. Non ha conoscenza. 
Sono tante, troppe le cose che non ci vengono dette ma soprattutto che non possiede. 
"Come può essere su Marte?", pensavo mentre ascoltavo. Dovevo aver capito male. Invece, pagina dopo pagina (/minuto dopo minuto), mi rendevo conto che non era così. 
Un "dettaglio" estremamente fastidioso perché capisco il non volerlo caratterizzare come individuo (dargli un nome, un'età,...), ma rendere l'esperienza del viaggio su Marte così semplice da poterla permettere a chiunque ed allo stesso tempo mantenere segreta l'esistenza degli uomini gatto...diciamo che cozza parecchio, ecco. 

Veniamo quindi a queste creature, che incontra poco dopo lo schianto.
Vede avvicinarsi delle figure che sembrano umanoidi, per poi definirli (appunto) uomini gatto per una somiglianza con i nostri felini, seppur con alcune differenze. 
Viene rapito da questi e, tramite un viaggio parecchio strano, finisce per conoscere Grande Scorpione da cui imparerà la lingua (non verbale) che usano per comunicare, iniziando a comprendere come funziona la società in quel luogo e, in particolare, cosa voglia Grande Scorpione da lui.

Non scendo nei dettagli, un po' perché non li ricordo (e non vorrei dire cavolate), ma soprattutto non vorrei rovinarvi alcune sorprese. Effettivamente scoprire questa popolazione (i suoi usi, la lingua, l'ambientazione) è così particolare e originale da render molto interessante la lettura. Ma, eh si c'è un ma, certi dettagli esasperanti e molti dialoghi dal ritmo estremamente ripetitivo, ne fiaccano il ritmo. 

Alla fine di tutto ciò resta una sensazione strana. 
L'autore si sofferma tanto su alcuni aspetti, che tanti vengono completamente tralasciati. 
Il lettore viene così incuriosito da questi uomini gatto da restare incantato dai dettagli riguardanti la loro strana civiltà, ormai al declino più totale e prossima alla (auto)distruzione per scelte che sono state intraprese nel tempo e che nessuno ha il coraggio (o il potere) di cambiare. 
Ma resta tutto confuso. Almeno per un lettore (come me) che si aspetta una storia più lineare e, probabilmente, più semplice per riuscire a coglierne riferimenti satirici, che sicuramente permeano tutta la storia. 

Continuo a ripetermi che non l'ho capito, che forse dovevo leggerlo, che ha i suoi anni, che probabilmente mi mancano conoscenze, ma non lo so. 
Cercherò altre opinioni per chiarirmi la mente. 
Ci tenevo però prima a scriverne senza influenze esterne. 

Non so se anche voi ne siete stati incuriositi e vi siete lanciati a scoprirne la storia. 
Se lo avete fatto, sarei molto interessata a scambiare quattro chiacchiere. 

Opinione: L'intercessore, di May Sinclair



«Il corpo di Garvin si fece quieto. Egli era deliziosamente, delicatamente consapevole dell'approssimarsi del sonno, del sonno che entrava nelle sue vene, del sonno e del silenzio e dell'oblio che inondavano il suo cervello, il suo cuore, che lo sommergevano, o che lo stavano per sommergere quando, con una resistenza atrocemente vana e un certo disappunto, se ne ritrovò tratto fuori». "L'intercessore" (The Intercessor) è un'inquietante quanto ignota, almeno in Italia, storia di fantasmi di May Sinclair, in cui riecheggiano con una certa vividezza ambienti, personaggi e situazioni dei romanzi delle sorelle Brontë. Ma possiamo individuare anche l'influsso di un'opera che l'autrice considerava un capolavoro del genere, ossia Il giro di vite (1898) di Henry James. Per la prima volta in italiano una delle prime storie di fantasmi pubblicate da Sinclair, forse la più enigmatica e ben riuscita, in cui l'aspetto psicologico dei personaggi, la maternità e la sofferenza sono al centro di tutta la narrazione. Prima traduzione italiana. 




Mentre attendevo la pubblicazione de La Sposa Cadavere ho curiosato nel catalogo di Caravaggio Editore e visto questo: la copertina mi ha catturata immediatamente e la trama ancora di più. 
Resistere alla tentazione? Non sto giro.

Così mi sono trovata immersa fra le pagine di una storia davvero particolare e, nella sua brevità, molto corposa.

La nostra voce narrante è Garvin, un uomo che sta viaggiando per compiere ricerche per i Blackadder riguardo la loro Storia della Contea, e sta cercando un posto per alloggiare nel Craven (un distretto dello Yorkshire) con richieste molto specifiche: la casa doveva essere antica e non dovevano esserci bambini. 
Gli viene consigliato di andare dai Falshaw, una coppia sposata molto brusca ma che gli garantisce quello che cerca, fino a che la moglie non avrà partorito perlomeno. 

Durante la notte iniziano ad accadere cose strane che inizialmente lo turbano. 
Prima di tutto sente piangere una voce infantile. Sempre alla stessa ora nel cuore della notte. 
Ma è solo il principio. 

La cosa strana è che cercando risposte fra i membri della casa, non riceverà alcun chiarimento, sebbene il trattamento riservato diventerà più accomodante mano a mano che questi fenomeni diventano sempre più...vividi. Sembra come se il fatto di sentire e vedere certe cose renda meno ostica la sua presenza.
Garvin non si farà scoraggiare e continuerà a cercare le risposte per quelle stranezze, portandoci dentro una storia davvero triste e dolorosa che non può non colpire il lettore.

Come dicevo, in un centinaio di paginette il tutto si svolge e si chiude senza lasciare buchi, misteri insoluti, dubbi. Scorrendo fluidamente e lasciando un misto di sensazioni al lettore, fra dolcezza e tristezza. 

Posso capire che il costo è un po' caro, per un racconto così breve. Ne va tenuto conto, ovviamente. 
Ma se siete amanti del genere gotico, di presenze e storie tristi che si nascondono nell'ombra, potrebbe piacervi molto. Il libretto comunque è molto curato, ogni pagina ha una stampa che richiama un libro antico e rovinato dal tempo. In più è "unico", essendo stato tradotto solo da loro per la primissima volta.
Insomma, se vi incuriosisce, fatevi tentare. 

La sposa cadavere, di Friedrich August Schulze [Instagram Post]



Opinione: La sposa cadavere, di Friedrich August Schulze



"La sposa cadavere" è una spiazzante storia gotica costruita alla maniera delle scatole cinesi e si può leggere in lingua tedesca all'inizio del secondo volume del "Gespensterbuch" (1811) di Apel e Schulze. La presente edizione propone la traduzione del racconto dalla celebre e piuttosto fedele versione francese di Eyriès ("La Morte Fiancée", 1812) che fece conoscere la storia soprattutto in Gran Bretagna, come attestano le numerose versioni inglesi largamente rimaneggiate e pubblicate in quegli anni. Il volume presenta inoltre una sintesi particolareggiata della leggenda ebraica del XVI secolo dal titolo "Il dito", alla quale Tim Burton si è chiaramente ispirato nel suo adattamento cinematografico del 2005. 




Era più che ovvio che un titolo del genere avrebbe attirato immediatamente la mia attenzione e che non avrei resistito dal comprarlo immediatamente. 
So di aver atteso tanto a parlarne, ma...ormai mi conoscete. 

Sarò breve, anche perché ci troviamo davanti ad un piccolo libricino di poco più 100 paginette, a parlare troppo vi rovinerei la meraviglia della lettura. 

Ci troveremo a leggere una storia dalle radici intricate, infatti Enrico De Luca (che ha curato l'edizione e tradotto dal francese quest'opera) nell'introduzione ci fa una panoramica delle sue origini tedesche.
Eh si, sebbene gli autori e creatori fossero tedeschi, la sua traduzione fu quella più conosciuta e che portò per l'Europa questo racconto di inizio '800. 

Sempre De Luca in quelle prime pagine ci riassume brevemente una leggenda ebraica, chiamata "Il Dito". Una piccola chicca per gli amanti del genere e soprattutto per gli appassionati di Tim Burton che (come la sottoscritta) si sono lanciati su questo volumetto per il titolo che richiama una sua opera omonima. 
Seppur stesso titolo, non potrebbero essere più diverse. Infatti è lampante come la storia (ri)proposta da Burton abbia ispirazione da "Il Dito". Ovviamente la pellicola si stacca (con una meravigliosa critica sociale, che mescola vivi e morti in modo sublime), ma la base su cui poggia la storia è quella, non si scappa. 

Ma quindi "La Sposa Cadavere"? 
Merita la nostra attenzione ugualmente, non abbiate dubbi. 
Un racconto dalle tinte gotiche che si snoda come tanti altri simili di questo genere, portandoci in un racconto dentro il racconto: una compagnia di persone e fra queste una inizia a raccontare, ma dentro il suo racconto se ne nasconde un altro. 
Se fatta bene, non mi dispiace questa tecnica narrativa, che si sposa davvero bene con le storie di fantasmi di altre epoche, con stili lenti e intricati, che conducono il lettore a scoprire il segreto (perché c'è sempre almeno un segreto) pronto a rivelare la verità. 

Piacevole, anche se non troppo scorrevole. MA tenendo presente quando è stato scritto e cosa deve aver provocato ai tempi una narrazione del genere, trovo il tutto decisamente geniale. 

Mi stavo dimenticando un dettaglio essenziale. L'estetica. Si, devo quanto meno nominarla perché Caravaggio Editore ha fatto uno splendido lavoro, inserendo illustrazioni davvero molto belle che si sposano con la storia che si va a leggere. In più ogni pagina è ornata con una sorta di piccola cornice in alto e in basso. Forse superfluo, ma regala un tocco in più di eleganza al tutto. 
E il tutto senza spendere una cifra assurda, anzi. 

Come avrete capito, è un volumetto che consiglio di aver in libreria.

Gli Aghi D'Oro, di Michael McDowell [Instagram Post]



Opinione: Gli Aghi D'Oro, di Michael McDowell


Con Gli aghi d’oro, Neri Pozza prosegue l’operazione Biblioteca McDowell, che prevede la pubblicazione dei capolavori dell’autore di culto.

«Accattivante, terrificante e assolutamente geniale.. Chi ha letto gli altri libri di Michael McDowell amerà anche Gli aghi d’oro. È profondamente gratificante lasciarsi trasportare da un romanziere all’apice delle sue capacità». - Stephen King

«Gli aghi d’oro è uno di quei romanzi che devi solo divorare, uno di quei romanzi impossibili da lasciare andare che, una volta digeriti, ti lasciano il sapore delle potenti tematiche intrecciate a una storia impeccabile». - Mariana Enríquez

«Per coloro che amano le storie di vendetta e i racconti più dark dell'era vittoriana con un tocco alla Grand Guignol, Gli aghi d’oro si configura come una lettura imprescindibile.» - Matteo Rucco per Maremosso

Alla fine del xix secolo, convivono due mondi opposti. Da un lato, l’opulenza e lo splendore. Dall’altro, i peggiori vizi dell’uomo: alcol, denaro e sesso. È su questo confine, nel cuore del famigerato Triangolo Nero, che una ricca famiglia cerca di affermarsi pretendendo di liberare la città dalla corruzione. Gli Stallworth, guidati con pugno di ferro dal loro patriarca, l’influente e implacabile giudice James Stallworth, coadiuvato dal figlio Edward, predicatore dai sermoni incendiari, e dal genero Duncan Phair, giovane avvocato dalla carriera promettente, hanno un piano impeccabile: estirpare il male annientando una famiglia di corrotti e criminali: gli Shanks. 




Ero molto tentata e allo stesso tempo spaventata da questa stampa, nonostante avessi scelto di non leggere nemmeno la trama.
Mi ero fatta trascinare dalla saga Blackwater, scritta molto bene ma dalla storia che, ahimè, iniziava benissimo per poi andare sempre più in noia e un finale che purtroppo mi ha deluso molto.

Quindi, visto che la penna di McDowell mi piaceva comunque, ho aspettato (decisamente poco) prima di vederlo comparire su Storytel e ho iniziato ad ascoltarlo, per farmene un idea: fosse stato deludente non ci avrei speso soldi, altrimenti sarebbe stato un affarone scoprire qualcosa di interessante.
Vi anticipo che l'ho acquistato una volta finito.

La storia mi è piaciuta e, lo devo ammettere, sono stata vittima ancora del marketing. 
Vederlo vicino agli altri volumi dell'autore, con quello stile così particolare...ed il prezzo praticamente regalato se parliamo di un romanzo che si aggira sopra le 500 pagine (o almeno è così adesso...ma non divaghiamo!)

La trama parte raccontandoci un po', a frammenti, il capodanno 1882 a New York, spaccando la narrazione abilmente fra le principali classi sociali: ricchi e poveri. Si delinea già una differenza geografica e sociale molto ampia. 
Tutto questo per poi addentrarci a conoscere i protagonisti di questa vicenda. 

Inizialmente (come al solito mi capita) ho faticato molto nel distinguere e collocare le tante figure che appaiono e descritte in modo dinamico, senza fare diventare un elenco la loro presentazione Infatti per molti dovremo aspettare un attimino per scoprirne il passato, i legami familiari, e quindi aver più chiaro in mente l'albero genealogico.
Ma ci concentriamo su due famiglie: Stallworth e Shanks. 
Ovviamente agli antipodi.

Gli Stallworth fanno parte dell'aristocrazia e vantano una reputazione immacolata, con un giudice come capofamiglia, il genero avvocato che segue le orme paterne e il figlio pastore. Dal giudice parte l'idea di ripulire il Triangolo Nero, ovvero una delle zone più malfamate e pericolose della città. Non per bontà, ma per spazzare via quella gente, ritenuta indecente, e per fare una sorta di pubblicità alla famiglia, soprattutto al genero, cosicché possa assicurargli occasioni politiche di carriera molto proficue.

Dall'altra parte abbiamo le Shanks. Parlo al femminile perché si tratta principalmente di donne che hanno saputo creare la propria fortuna e una buona reputazione in quel luogo poco raccomandabile.
La capostipite è Lena, conosciuta come Black Lena, un immigrata tedesca che ha già avuto a che fare con gli Stallworth e non lo ha scordato. Gestisce una sorta di banco dei pegni, copertura per la ricettazione, ma pagando sempre il giusto si è fatta clienti fedeli ed affidabili, ed un nome rispettato da quella comunità. Ma non solo per questa ragione, sa sistemare gli affari non solo tramite il denaro. 
Altra figura importante, e che verrà presa di mira per il suo aiuto alle donne della zona, è una delle figlie di Lena, che si occupa di aborti in modo decisamente migliore rispetto a certi macellai in cui potrebbero finire queste poverette. Decotti o, alla peggio, operazioni che purtroppo non sempre riescono, ma c'è un rimedio a tutto. Non dimentichiamo dove vivono.

Da alcune indagini insieme ad un giornalista il genero del giudice inizia questa campagna di "informazione" riguardo il Triangolo Nero, spingendo la polizia ad indagare su crimini lasciati correre e spronandoli, grazie alle pressioni della gente perbene (ricca), ad arrestare chiunque si sia macchiato di qualche colpa in quella zona. Unite ai sermoni del figlio, contro l'immoralità di quei luoghi e della gente che vi abita, sembra tutto andare come aveva in progetto ma, si sa, anche ai piani migliori basta un imprevisto per rischiare di crollare miseramente. 

Ovviamente ci saranno segreti pronti a venire a galla, ci saranno inganni per riuscire a vincere (pro o contro quella zona), ed ovviamente ci sarà sangue. Gestito così bene il tutto che riesce a tener incollato il lettore fino alla fine per scoprire cosa accadrà ai vari personaggi. 

Rispetto alla saga Blackwater non ci troviamo ad aver a che fare con un romanzo in cui le donne gestiscono tutto e gli uomini fanno da corredo. C'è molta interazione, ma anche in questo caso si finisce per patteggiare per le donne (o almeno, per me è stato così). Sia per gli anni in cui è ambientato, che per le classi sociali, abbiamo attraverso i vari protagonisti frammenti di un mondo molto realistico; da una parte ricco, superbo, "migliore" che non vede l'ora di schiacciare quelli che ritengono parassiti e spazzarli via; dall'altra chi è cresciuto dovendo sopravvivere a tutti i costi, usando furbizia, intelligenza ma anche violenza spietata all'occorrenza. Da un lato gli uomini comandano, dall'altro le donne. Si, per necessità, non essendoci uomini nella loro vita, ma hanno saputo crearsi rispetto/paura anche nelle figure maschili della zona. 
Potere femminile (credo) molto caro all'autore, visto che era il fulcro della saga che citavo prima. 

Insomma, più di cinquecento paginette che volano, trasportandoci in una New York molto movimentata, passando dalle case più eleganti e dai comportamenti che richiedono un etichetta ferrea; ai bordelli, alle case da gioco e le strade in cui anche i nobili passeggiano per interessi non proprio limpidi. 
Personaggi caratterizzati molto bene, che rispecchiano quel tempo e sanno dare un idea di come doveva essere viverci. Non ho la più pallida idea quanto sia storicamente accurato, ma se non si cercano questi dettagli, ci si fa trasportate molto volentieri da questo romanzo e ciò che ci narra. 

Personalmente mi è piaciuto molto e sono curiosa di scoprire quali altri suoi romanzi potrebbero arrivare grazie alla Neri Pozza. 

Il Richiamo Della Foresta, di Jack London [Instagram Post]



Opinione: Il Richiamo Della Foresta, di Jack London


«Ma Buck non era un cane casalingo, e neppure un cane da canile; suo era l'intero regno.»

Sullo sfondo del Grande Nord americano, al tempo della leggendaria corsa all'oro, il cane Buck, sottratto alla fattoria del giudice Miller, è costretto a piegarsi alla legge primitiva e violenta dei cercatori che lo mettono al traino delle slitte. Sopraffatto dagli stenti e dalla fatica si risveglia in lui sempre piú forte un istinto atavico che lo spinge verso la foresta e la vita selvaggia strappandogli l'inarticolato grido della lotta per l'esistenza.  




Ci penso, ci penso, e ci ripenso.
Già parlare di romanzi che mi sono piaciuti mi è difficile. Con London è atroce. 
Impossibile darvi un idea della sua bravura nel descrivere. Dagli ambienti selvaggi, così vividi nella loro rappresentazione nel farti sentire la neve che ti cade attorno e il profumo della natura.
La vita di un cane vista attraverso i suoi occhi, i suoi sensi, i suoi pensieri, mescolata abilmente con quella degli umani che incroceranno il suo percorso. 
Da quelli gentili, a quelli spietati, quelli stupidi e quelli generosi. 
Un crescendo in cui Buck dovrà imparare a sopravvivere scoprendo, anche a caro prezzo, le leggi non scritte della sua specie che gli permetteranno di superare giornate di lavoro impegnative e notti gelide all'aperto, con pasti miseri al sostentamento. 

Un libro doloroso che spacca il cuore spesso, alternandolo a capitoli in cui te lo gonfia. 
Un'altalena di emozioni estenuante ma straordinaria. 
Se lo iniziate, portatelo a termine, non abbandonatelo nei momenti più dolorosi, questo è l'unico consiglio che mi sento di darvi. 
Anzi, no, ci ho ripensato. 
C'è un altro consiglio spassionato che mi sento di dare: iniziate a leggere i romanzi di London. 
Senza troppi "se": quando sentite un minimo di curiosità e/o attrattiva, lanciatevi fra le pagine di un suo romanzo.