Nell’odissea della famiglia Joad sfrattata dalla sua casa e dalla sua terra, in penosa marcia verso la California, lungo la Route 66 come migliaia e migliaia di americani, rivive la trasformazione di un’intera nazione. L’impatto amaro con la terra promessa dove la manodopera è sfruttata e mal pagata, dove ciascuno porta con sé la propria miseria “come un marchio d’infamia”.
Al tempo stesso romanzo di viaggio e ritratto epico della lotta dell’uomo contro l’ingiustizia, Furore è forse il più americano dei classici americani, da leggere oggi per la prima volta in tutta la sua bellezza.
Non so bene come parlarvene.
Come dopo "Uomini e Topi" credo di esser io il problema, di non capire bene la grandezza di cosa scrive Steinbeck e cosa vuol trasmettere. Mi arriva poco. Non so se sono poco ricettiva in questi periodo, o sono proprio fatta così (ed è un vero peccato).
Questo romanzo è enorme. Ma non parlo delle pagine. Superano le 600, ma non si sentono. Scorrono velocissime. Ha una penna decisamente straordinaria questo autore, rendendo tutto estremamente scorrevole.
Possiamo dividere il romanzo in due parti, che si leggono a capitoli alterni.
Una parte racconta l'America, in uno dei suoi momenti peggiori.
Questa enorme crisi che la colpisce, portata dal progresso e che obbligherà migliaia di persone a fare i bagagli per trovare da qualche parte una sorta di "terra promessa" dove poter lavorare di nuovo. Per poter sfamare se stessi e la propria famiglia.
Una ricerca anche di dignità, perché senza il lavoro, ahimè, non siamo niente. Anzi, diventiamo (agli occhi degli altri e poi tutto ciò ci penetrerà nel cuore) dei reietti, delle persone da evitare, da odiare... Perché? In una parola: paura.
Un tema ancora troppo attuale che fa riflettere ancora di più il lettore su quanto sia vasta (e stupida, per tanti versi) questa paura.
Paura che si portino via quel poco che si ha. Paura che si organizzano e pretendono di esser trattati da esseri umani. E quindi si inizia il gioco insieme alla polizia, che deve tenerli a bada, dividerli, non farli sentire mai al sicuro, mai farli aggregare. Sempre testa bassa e timore di finire in carcere o peggio.
Il tutto mentre chi è riuscito col tempo a comprarsi enormi terreni chiama lavoro al ribasso, sfruttando gli enormi numeri e la fame che imperversa nella gente.
Se tu non vuoi farlo per 5 centesimi, lo farà lui.
Schiavismo, mettendo i lavoratori contro altri lavoratori, nella disperazione di portare a casa qualsiasi cosa per non far morire i figli di fame.
Questione ancora oggi familiare (giocare al "se non lo vuoi tu, c'è un altro dietro la porta per questo lavoro").
Ma il peggio arriva alla fine, quando tutto si rivolta contro i proprietari terrieri. Non quelli enormi, loro non sentiranno mai niente. Ma gli altri, non vendendo abbastanza non possono pagare chi raccoglie. E senza raccolto, la frutta, la verdura,...viene lasciata marcire. Anzi, viene distrutta, avvelenata, vengono messe persone di guardia per sparare a chi tenta di prendere il cibo guasto. Perché se lo puoi prender gratis, io che ci guadagno?
Così mentre la fame li sta distruggendo, la gente è costretta a subire l'ennesimo schiaffo. Veder tutto questo cibo irraggiungibile, mentre si crepa di fame.
Altro filone narrativo è rappresentato dalla famiglia Joad. Quando Tom esce di galera e torna a casa, trova il tutto deserto e non capisce cosa stia accadendo. Nessuno che vive nei dintorni. Case abbandonate e saccheggiate. Sarà un suo conoscente che gli spiegherà come stanno andando le cose.
Sono arrivati i trattori.
Uno solo svolge il lavoro di tantissimi uomini e costa molto molto meno. Il terreno se lo è ripreso il proprietario (la Banca) e sarà tutto da arare, spazzando via le case.
Non importa l'amore che si dava alle coltivazioni. Non importa quante famiglie vengono buttate in mezzo alla strada. Il progresso chiama e nessuno vuole restare indietro. Nessuno vuole perderci soldi.
Sempre in nome e sempre colpa de "la Banca". Nessuno che passa di lì si prende responsabilità, basta dare questo nome così grande, immenso, per fare spallucce e intimorire i contadini, che non hanno altra a scelta che andarsene, non potendo nemmeno combattere, non essendo un nemico fisico.
Il "miracolo" avviene sotto forma di volantino "venite in California, abbiamo lavoro per voi".
Troppo bello per esser vero, ma partono.
Un viaggio enorme, ricco di speranza, dove troveranno altri come loro e si vedrà la gentilezza in tanti cuori, che sono pronti a dividere ed aiutare, perchè sono tutti sulla stessa barca, nonostante tutto.
Una strada lunghissima, percorsa in famiglia, ma che vedrà un "non-epilogo" una volta arrivati in destinazione, dove il gioco si farà chiaro agli occhi di tutti. Sono troppi, pagano troppo poco e per pochissimo tempo. La polizia li ha nel mirino e non hanno nemmeno le basi per organizzarsi e ribellarsi a tutto ciò.
Una storia distruttiva e che non ha una vera e propria morale, nè un finale. Racconta una realtà. Anzi due, una personale (attraverso i Joad) ed una più vasta (raccontando l'America in generale); la stessa ma in due frammenti diversi e che non sempre combaciano al 100%.
Un romanzo potente ed enorme, dalla potenzialità incredibile che, ripeto ed ammetto, credo di non aver percepito al suo pieno.
Da leggere almeno una volta nella vita, assolutamente. Ci vuole il periodo giusto e pazienza, ma se entrate nella storia non sentirete scorrere le pagine e sarà fin troppo breve.
Ciao Elisa, mi sono iscritta ai lettori fissi. Conoscevo la pagina fb ma non il blog :)
RispondiEliminaSito web questo è il mio blog, spero passerai a ricambiare.
Un bacio