Opinione: La Centenaria con la Pistola, di Benôit Philippon


Un piccolo villaggio nel Massiccio Centrale francese. L'alba. Risuonano degli spari. Un'anziana signora ha imbracciato la doppietta e si è messa a far fuoco contro il vicino di casa, poi contro i poliziotti sopraggiunti. È così che l'ispettore André Ventura incontra la centoduenne Berthe Gavignol, cinque volte vedova, ancora piuttosto arzilla e ancora dotata di buona mira. Nell'interrogatorio che segue, l'ispettore e il lettore impareranno a conoscere la vivace vecchietta dalla lingua affilata e dal grilletto facile, indotta a ripercorrere gli episodi principali della sua lunga vita e della sua carriera criminale. Chi è stata davvero Berthe: una serial killer, una sorta di Barbablù al femminile o una donna libera, una femminista ante litteram, capace di conquistarsi l'emancipazione a colpi di pistola?  



Non ricordo bene come mi sono imbattuta in questo romanzo su Audible, ma so di averne poi letto almeno una recensione che mi ha incuriosito molto e mi ci sono lanciata. Titubante all'inizio, sono rimasta intrappolata in fretta nella vita di Berthe e di quello che ha dovuto passare negli anni, fra due guerre, il matrimonio e l'amore, l'odio e le chiacchiere del villaggio.

Berthe è cresciuta da donne, principalmente da Nanà, la nonna che le insegna già da piccola ad essere forte, indipendente e a ragionare con la sua testa per vivere libera. Pensieri folli e assurdi che, ovviamente, inizieranno già da giovane a tacciarla con male lingue. Berthe però, crescendo, ha una combinazione molto pericolosa dalla sua parte: è dannatamente sexy e maledettamente intelligente. Sa come rigirare gli uomini per fargli fare quello che vuole. Se così non fosse, o le mancassero di rispetto, ha un bel carattere forte e ribelle che, unito alla lingua sciolta, non ci mette molto a rimetterli a posto. Così come le donne.

Una vita lunga, segnata da alti e, ahimè, tanti bassi, che ci porteranno a legarci alla vecchietta che nonostante i suoi centodue anni tiene testa alla polizia. In particolare all'ispettore Ventura che dovrà interrogare la "nonnina" ma non ha idea di cosa sta per ascoltare. Una storia lunga, come la sua vita, che porterà anche l'ispettore a chiedersi chi ha davanti, nonostante tutto.

L'autore mescola abilmente passato e presente, portandoci fra il commissariato dove Berthe stuzzica e gioca con i poliziotti, sfruttando spesso la sua vecchiaia a suo vantaggio, e il racconto della sua vita, pezzetto per pezzetto, per rispondere all'ispettore e fare capire il perché di tante scelte che ha dovuto compiere durante la lunga vita.

Una donna forte, libera, selvaggia. Che invecchiando si è imbattuta in testi femministi trovando se stessa in quelle parole, scoprendosi meno sola e compresa in quelle frasi che riuscivano a spiegare ciò che lei non sarebbe mai riuscita a definire.
Una donna che è riuscita a vivere la sua vita ingoiando tanti rospi, questo è innegabile, ma senza subire passivamente le ingiustizie che le sono capirete lungo il percorso.

Desiderata e temuta, bramata ma così difficile da possedere da esser odiata, così bella da dover esser disprezzata. Insomma, una vita non facile che Berthe ha affrontato giorno dopo giorno fino a quella mattina in cui le cose hanno iniziato a venire a galla dopo l'arresto.

Una libro che forse non avrei considerato più di tanto si è rivelato una splendida lettura, con sorrisi e pesi sul cuore. Molto piacevole e con un finale assolutamente perfetto per questa storia.
Non credo che Berthe me la scorderò facilmente.

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