La carne è la perturbante opera prima di Emma Glass: una fiaba-incubo lirica e bizzarra, una storia di iniziazione tragica all’umano destino, il racconto di come il male a un certo punto, brutalmente, penetra la vita che, da lì in avanti, non può occuparsi d’altro che di fare i conti con il male – perché la vita questo è: una storia di sopravvivenza, non sempre a lieto fine.
C’era una volta un uomo fatto di salsicce. E c’era una volta una ragazza vegetariana. L’uomo fatto di salsicce aggredisce la ragazza vegetariana. La ragazza vegetariana torna a casa col sangue che cola lungo le cosce, sutura la ferita con ago e filo e prova a fare come se niente fosse. Ma fare come se niente fosse è difficile, perché l’uomo fatto di salsicce non smette di perseguitarla: spiandola dal bosco vicino a scuola, affacciandosi a una finestra, spuntando da un lampione. La ragazza vegetariana non riesce a dormire, con il ricordo di quella gigantesca bocca spalancata, non riesce a concentrarsi, con quell’odore di grasso bruciato nelle narici, non riesce a mangiare, con lo stomaco gonfi o e teso come un tamburo. Sente qualcosa di mostruoso crescerle dentro. Per riavere indietro la sua vita – andare a scuola, a nuotare, incontrare il fidanzato – la ragazza vegetariana assale l’uomo fatto di salsicce e lo cucina a un barbecue di famiglia. Poi si butta in piscina, ma il suo corpo si spolpa e diventa un osso. E poi la ragazza vegetariana e l’uomo fatto di salsicce non c’erano più. La carne è la perturbante opera prima di Emma Glass: una fiaba-incubo lirica e bizzarra, una storia di iniziazione tragica all’umano destino, il racconto di come il male a un certo punto, brutalmente, penetra la vita che, da lì in avanti, non può occuparsi d’altro che di fare i conti con il male – perché la vita questo è: una storia di sopravvivenza, non sempre a lieto fine. Emma Glass la articola con una prosa ritmica, percussiva, viscerale; un linguaggio che ha nello sperimentalismo di James Joyce il più diretto ascendente. L’indicibile, difatti, necessita di magia per essere proferito, comunicato, elaborato. L’innominabile deve essere sublimato. E la magia dell’arte è l’unico strumento che abbiamo.
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Ad una prima occhiata la trama dice già tutto della storia, eppure c'è davvero tanto di più, anche se racchiuso in sole 114 paginette. Una storia che mi ha incuriosito subito, non so più nemmeno come mi sia apparsa sotto gli occhi, eppure: dovevo leggerla! Un bisogno istintivo, forte, che mi spingeva (giorno dopo giorno) a controllare su Libraccio quando ne sarebbe comparsa una copia usata da poter prendere al volo (insieme ad altri libri).
Sono rimasta titubante per un po', ma la curiosità ha vinto e nonostante il rapporto pagine/prezzo (abbattuto sui 9€ e qualcosa) per me fosse caro, mi sono buttata e sono rimasta (fortunatamente) pienamente soddisfatta.
Eh si, perché l'enorme (ed unico) punto dolente di questo libro è il prezzo davvero eccessivo (17€ nuovo; 14,45€ online; 7,99€ digitale...mi è andata bene sull'usato!).
Davvero troppo caro e ciò allontana la gente, anche se tentata a leggerlo.
Non capisco come mai questa scelta, ma sicuramente si sono dati la zappa sui piedi perché o uno l'ha già letto e ne è proprio ma proprio innamorato e ne vuole una copia, altrimenti non lo prenderà, essendo l'autrice esordiente.
Anche perché le recensioni online sono piuttosto pessime (cosa che non condivido affatto), quindi se uno si fa due calcoli: rischiare a spendere così tanto, per un libricino così piccolo e con una media bassa; lo lascio sullo scaffale (digitale, non so se in libreria fisica ci sia).
Ed è un enorme peccato.
Comunque, ora vi spiego perché merita di essere letto, secondo me.
Parto dal presupposto che sto cercando in questo periodo storie forti, non convenzionali, che rompano muri e silenzi, parlando di temi difficili da affrontare e che portino a riflettere su di essi.
In questo breve romanzo ho trovato tutto questo e molto di più.
La storia inizia immediata, brutale, ti fa stringere lo stomaco e sentire male.
Peach si racconta negli attimi che (capiremo) sono succeduti allo stupro:
Vischiosa appiccicosa appiccica appiccicaticcia lana lacerata bagnata, avvolta intorno alle ferite, cuce la cute squarciata mentre cammino, raschio la mano guantata contro il muro. Mattoni rossi rompono la lana. Rompono la pelle. [...]
E' buio. Il sangue è nero. Crepa crepitio crepitante. Avvicino le mani alla faccia e tolgo l'unto. Si attacca alla lingua, striscia in bocca, slitta sui denti, sulle guance, gocciola in gola. Vomito. [...]
L'autrice ha scelto uno stile narrativo inusuale ma perfetto, che riesce a farti entrare nella storia, a sentire le stesse sensazioni e ti obbliga a leggere con calma per fartele assaporare e sentire ciò che Peach sta passando. Attraverso l'allitterazione (la ripetizione di parole con lo stesso suono) le sue parole diventano macigni da leggere e un peso nel petto, immedesimandoci con la giovane protagonista.
Usa anche uno stile di scrittura leggermente inusuale, infatti i dialoghi avvengono mescolati con il testo. Non ci sono pause, a capo, momenti di stacco. Tutto è confuso, appiccicato, contribuendo anche con questo a farci entrare nella mente di Peach, per sentire il disgusto di ciò che le è avvenuto misto alla paura che qualcuno lo possa scoprire.
Uno dei più grandi taboo da rompere: parlare della violenza subita. La vergogna della vittima che si sente colpevole, anche se non ha fatto niente.
Lei è distrutta da tutto questo, eppure torna a casa preoccupata solo che i suoi genitori se ne possano accorgere, e si nasconde. Butta via tutto e si chiude nella doccia. Ma poi fa un gesto più estremo.
L'uomo di salsicce non l'ha solo violata, ma l'ha squarciata, così lei deve ricucirsi. Fisicamente.
Eppure non è finita neppure dopo quel gesto atroce, dopo il silenzio, la volontà di dimenticare, di fare finta di niente, perché lui le ha scritto. Lui dice di amarla. Sa il suo nome e dove abita.
Lei vorrebbe parlarne, ma non ci riesce. Sente lo stimolo col fidanzato, ma non emette suono.
Green guarda i graffi sulle nocche. Il sorriso si storce. Ti sei fatta male, dice. Passo le dita sul sangue secco. Dovrei dirglielo. Sono caduta. Ieri sera. Al buio, dico. Lui bacia i tagli. Mi dispiace che non ero con te. Dovrei diglielo. Quando sei rientrata non mi hai nemmeno chiamato. [...]
Perché non mi hai chiamato? chiede. Balbetto. Borbotto. Il vomito risale su per la gola. Stringo intorno alla gola il collo del cappotto e inghiotto. Il cuore batte contro i polmoni e il respiro esplode in piccoli proiettili. Voglio dirglielo. Dovevo badare al piccolo Baby. Parole esili.
Un suo insegnante si accorge di qualcosa, ma vede solo un essere inquietante che la osserva da lontano. E lei sente dentro qualcosa, che la gonfa, che le cresce dentro, e non sa spiegarsi cosa possa essere. E intanto l'incubo continua, perché le lettere non smettono di arrivare e lei lo sente sempre intorno a sé.
L'aria fredda mi pinza il naso, intorpidisce le narici, riempie la faringe di gelo. E, oh. Entra aria che aderisce ai peli del naso, l'aria si gela in gola, l'aria che mi soffoca. Soffoca. L'odore. L'. Odore. Di Fumo. Carne di maiale alla griglia. Sento odore di carne di maiale. Il fumo di carne di maiale si biforca nel naso, mi riempie la gola. Soffoco. Soffoco. Soffoco. Lui è qui.
Pagina dopo pagina la vediamo obbligarsi a dimenticare, nonostante qualcosa le sta crescendo dentro con un invadenza che non comprendiamo. Ma lui non glielo permette. La spia. Le scrive. La minaccia. Fino a portarla al limite e costringerla a fare ciò che non avrebbe mai voluto.
Eppure, non è la fine. Perché altro attende Peach, quel qualcosa dentro di lei.
Un romanzo difficile da leggere, ma straordinario. Ambientato in un mondo fantastico, dove non ci sono persone, ma esseri semi-umani ma con caratteristiche del cibo.
Peach (pesca) è come il frutto. Morbida, dolce. Il suo fratellino è una caramella. Tutto è altro, permettendo di dare un doppio valore alle cose, in queste pagine ricche di significati nascosti.
Permettendo di poter parlare di questo atto ignobile, usando un ampia gamma di possibilità senza mai parlare direttamente. Lo trovo straordinario.
Anche nel finale, che ha fatto abbassare il voto a molti, (che, ammetto, ho dovuto rileggere più volte) credo ci siano varie interpretazioni da poter dare, che riescono ad arricchire tutto ciò, che non può avere un lieto fine. Non è quel genere di romanzo.
E' una storia schietta, dura, che ferisce, e che deve farlo per parlare nella maniera migliore di uno stupro.
Indubbiamente vi consiglio di trovarlo e leggerlo.
Non sarà per tutti (se siete particolarmente sensibili, direi di evitare), ma non ho mai letto niente di simile e mi ha lasciato scioccata e meravigliata (credo sia un talento poter raccontare con tale potenza un esperienza così devastante).
Spero davvero ne facciano una versione economica per permettere ad un pubblico maggiore di poterlo comprare e leggere, anche solo per curiosità.
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