Opinione: Città di Gatti, di Lao She


Un pilota cinese, durante una manovra d'emergenza, approda su Marte, e scopre che il pianeta è abitato da uomini gatto. Accolto da uno di loro, chiamato Grande Scorpione, impara a parlarne la lingua e ne scopre via via usi e cultura, apprezzando gli effetti stupefacenti delle foglie di loto di cui si nutrono. Man mano che si addentra nella conoscenza della loro società, tuttavia, si accorge che quella a cui assiste è la fase finale di una civiltà in declino, ormai irrimediabilmente corrotta, soggiogata dagli stranieri, priva di valori morali. Scritto tra il 1932 e il 1933, Città di gatti è il primo romanzo di fantascienza della letteratura cinese e uno dei primi racconti distopici. Come una dozzina d'anni più tardi La fattoria degli animali di Orwell, anche Città di gatti adombra una feroce satira politica: del regime instaurato dal Partito nazionalista cinese di Chiang Kai-shek, oltre che della Russia sovietica e di un intero mondo in crisi. Convinto che «la satira deve in primo luogo rendere viva la favola sulla quale si appoggia», Lao She ci regala pagine illuminate da una brillante vena umoristica che diventa lucida capacità di penetrazione dell'anima e dell'evoluzione umane, al di là dei limiti nazionali e storici. 




Potevo non lasciarmi conquistare già da un titolo del genere? 
Il fatto che fosse un fantascientifico degli anni '30, ambientato su Marte, con autore e protagonista cinese non ha fatto che gasarmi.
Il problema è che non penso di averlo capito.

È un romanzo ricco di satira alla società e alla politica, ovviamente. 
Ma ci sono elementi, ripetizioni, che lo tirano da due lati senza completarne nessuno. 
Da una parte le descrizioni riguardo i gatti di Marte, l'ambientazione naturale e le città, alcuni dettagli, molto fantascientifici e divertenti a tratti; dall'altra discorsi molto ripetitivi per concetti che sanno di satira politica e sociale, ma che non sono riuscita appieno a collegare a ciò di cui voleva realmente parlare e cosa voleva dire.

La storia è abbastanza semplice, scritta senza troppi fronzoli, ma che nei dialoghi si incasina un sacco, anche per la scelta del linguaggio degli uomini gatto che comporta il ripetersi di tanti elementi.

Facciamo un passo indietro perché credo di stare per perdervi. 
L'ho ascoltato su Audible, senza prestare troppa attenzione anche perché, come dicevo poco sopra, certi dialoghi lo rendevano confuso, altri ripetitivo,...insomma un caos nel quale mi sono lasciata perdere del tutto per arrivare alla conclusione e sperare di capirci qualcosina almeno alla sua chiusura. 
Cosa che non è avvenuta. 
Proverò comunque a parlarvene un poco, iniziando dalla sua introduzione (copiata dall'estratto gratuito): 

L’astronave era in pezzi. Dell’amico che per oltre due settimane l’aveva guidata – un mio compagno d’infanzia – non restava intero neppure un osso! Ma io, ero vivo? Com’era possibile che non fossi morto? Lo sapevano gli dèi. Non era un problema di mia competenza. La nostra meta era Marte. Secondo i calcoli del mio defunto amico, prima del disastro eravamo entrati nell’atmosfera del pianeta. Allora, ero caduto su Marte? Se le cose stavano così, l’anima del mio amico poteva riposare in pace: il primo cinese su Marte si era guadagnato l’onore della morte! Ma in ultima analisi dove mi trovavo? Ero ridotto ad avere fede fosse Marte; era possibile anche che non lo fosse, dal momento che non ero in grado di verificarlo con prove certe. Naturale, con la scienza astronomica si sarebbe potuto determinare di quale corpo celeste si trattava; disgraziatamente le mie conoscenze di astronomia sono pari a quelle sui geroglifici egizi: ignoranza assoluta. Il mio amico avrebbe saputo illuminarmi, ma lui… Ah! Il mio amico, il mio caro compagno d’infanzia! L’astronave era in pezzi. Come tornare sulla Terra? Neppure pensarci! Mi restavano i vestiti che avevo addosso – stracci che pendevano come spinaci secchi – e un po’ di cibo conservato nello stomaco; non osavo pensare a come sarei sopravvissuto qui, per non parlare di progetti di ritorno! Non conoscevo la lingua, i luoghi mi erano ignoti, e infine su Marte c’erano animali simili agli uomini? Troppi problemi… Meglio non pensarci.

Il nostro protagonista è un uomo cinese che si è appena schiantato su Marte. 
Sappiamo che non era solo, che il suo compagno è morto e che era lui a sapere più cose. 
Non ha un nome. Non ha un età. Non ha conoscenza. 
Sono tante, troppe le cose che non ci vengono dette ma soprattutto che non possiede. 
"Come può essere su Marte?", pensavo mentre ascoltavo. Dovevo aver capito male. Invece, pagina dopo pagina (/minuto dopo minuto), mi rendevo conto che non era così. 
Un "dettaglio" estremamente fastidioso perché capisco il non volerlo caratterizzare come individuo (dargli un nome, un'età,...), ma rendere l'esperienza del viaggio su Marte così semplice da poterla permettere a chiunque ed allo stesso tempo mantenere segreta l'esistenza degli uomini gatto...diciamo che cozza parecchio, ecco. 

Veniamo quindi a queste creature, che incontra poco dopo lo schianto.
Vede avvicinarsi delle figure che sembrano umanoidi, per poi definirli (appunto) uomini gatto per una somiglianza con i nostri felini, seppur con alcune differenze. 
Viene rapito da questi e, tramite un viaggio parecchio strano, finisce per conoscere Grande Scorpione da cui imparerà la lingua (non verbale) che usano per comunicare, iniziando a comprendere come funziona la società in quel luogo e, in particolare, cosa voglia Grande Scorpione da lui.

Non scendo nei dettagli, un po' perché non li ricordo (e non vorrei dire cavolate), ma soprattutto non vorrei rovinarvi alcune sorprese. Effettivamente scoprire questa popolazione (i suoi usi, la lingua, l'ambientazione) è così particolare e originale da render molto interessante la lettura. Ma, eh si c'è un ma, certi dettagli esasperanti e molti dialoghi dal ritmo estremamente ripetitivo, ne fiaccano il ritmo. 

Alla fine di tutto ciò resta una sensazione strana. 
L'autore si sofferma tanto su alcuni aspetti, che tanti vengono completamente tralasciati. 
Il lettore viene così incuriosito da questi uomini gatto da restare incantato dai dettagli riguardanti la loro strana civiltà, ormai al declino più totale e prossima alla (auto)distruzione per scelte che sono state intraprese nel tempo e che nessuno ha il coraggio (o il potere) di cambiare. 
Ma resta tutto confuso. Almeno per un lettore (come me) che si aspetta una storia più lineare e, probabilmente, più semplice per riuscire a coglierne riferimenti satirici, che sicuramente permeano tutta la storia. 

Continuo a ripetermi che non l'ho capito, che forse dovevo leggerlo, che ha i suoi anni, che probabilmente mi mancano conoscenze, ma non lo so. 
Cercherò altre opinioni per chiarirmi la mente. 
Ci tenevo però prima a scriverne senza influenze esterne. 

Non so se anche voi ne siete stati incuriositi e vi siete lanciati a scoprirne la storia. 
Se lo avete fatto, sarei molto interessata a scambiare quattro chiacchiere. 

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