Opinione: La Sirena Di Black Conch, di Monique Roffey


Sono secoli che Aycayia nuota nelle acque dei Caraibi, al largo dell'isola immaginaria di Black Conch. Tantissimi anni fa era una donna giovane, la più bella del suo villaggio, che la maledizione delle mogli gelose aveva trasformato in una creatura marina, intrappolandola nel corpo di un pesce. Perché Aycayia non era solo bella, era anche sensuale, sprigionava un'energia erotica che risvegliava inquietudine e faceva paura. Per questo era stata punita. Da qualche tempo, alba dopo alba, il suo corpo di sirena emerge dal mare, attratto dalla melodia intonata da un pescatore solitario. Un giorno, mentre crede di avvicinarsi alla barca che conosce, Aycayia si ritrova preda di uomini senza scrupoli, che la catturano e la trascinano a terra come un trofeo. Sarà David, il pescatore dalla bella voce, a liberarla, e le sue cure e il suo amore la spoglieranno di pinne e squame, rimutandola in donna. Tra i loro due mondi, così infinitamente distanti, comincerà a vibrare un sentimento di fiducia, che diventerà indifeso abbandono, fino all'esplosione della passione, delicata e primitiva insieme. Ma non tutte le trasformazioni sono per sempre e, si sa, la gelosia – come l'amore – può avere la forza di un uragano. Un racconto che si snoda con la purezza delle favole, una fiaba moderna e dolceamara che intreccia con ironia gli ingredienti del mito al pungente realismo del quotidiano.



Dalla trama si presentava come un romanzo interessante: una donna maledetta per gelosia (femminile) e costretta ad essere una sirena per l'eternità, quando un giorno si imbatte in un pescatore che sta suonando sulla sua barchetta e viene attratta dalla sua musica; diventa quasi un appuntamento questo loro incontro, fin quando durante una grande battuta di pesca viene catturata.

Come leggiamo anche nella trama David, il nostro pescatore dall'anima gentile (ed innamorato della Sirena) la salva e la nasconde a casa sua, dove lei inizia a ritrasformarsi in una donna. Ma sono passati tanti tanti tanti anni da quando aveva le gambe...

Una sorta di favola che propone al lettore moltissime tematiche in poche pagine.
Troppo in troppo poco, purtroppo.
Vediamo l'egoismo e la ferocia umana quando si tratta di prendere. La gelosia e la rabbia davanti a ciò che noi non siamo.
Ovviamente a contrastare il tutto c'è l'amore e l'amicizia.
Ci parla anche velatamente di razzismo e colonialismo. Di odio verso le donne.
Insomma, tanti argomenti in duecento paginette.

Una storia che ha diversi punti di vista e la visione di David sia in quei giorni che anni dopo, quando ripensa a tutto ciò che successe.
Anche in questo caso, direi troppo. Voci che si rubano a vicenda il microfono, a volte in modo fastidioso. E spesso ripetendo le stesse cose.

Non lo sconsiglio, perché è personalmente che mi aspettavo di più.
Penso che potrebbe piacere.
Però non vi aspettate chissà cosa.

L'ho trovata una sorta di favola che si stacca un po' dalle solite sviolinate, seppur ne contenga parecchie.

Probabilmente avendo letto pochi mesi fa "una sirena a Parigi", i paragoni sono stati quasi immediati nella mia mente. La Roffey offre una storia meno "superficiale", ma risulta comunque una sorta di favola dolce/amara.

Come dicevo, speravo in qualcosa di più, ma ciò non toglie che potrebbe essere una lettura interessante e che potrebbe piacere a molti.

Nessun commento:

Posta un commento