Opinione: Preparare un Fuoco, di Jack London
Nel profondo Nord, a sessanta gradi sotto zero, per sopravvivere un uomo deve saper preparare un fuoco. E quando ci sono sessanta gradi sotto zero, un uomo non può permettersi di fallire e far spegnere il fuoco, nemmeno al primo tentativo. E se il fuoco si spegne, un uomo ha solo pochi minuti per rimediare. Nel profondo Nord, a sessanta gradi sotto zero, non si sfida la natura. O le conseguenze saranno rapide e definitive.
Lo so, ho tantissimo altro di cui dovrei parlarvi, ma questo breve racconto è di un intensità che mi ha folgorato e ho dovuto buttare giù due righe subito, perché ne devo parlare.
(Si, sarà pubblicata con tantissimo ritardo, rispetto alla sua scrittura, e me ne scuso).
London è straordinario.
Ho letto ancora troppo poco dei suoi romanzi, ma lo stile mi piace molto.
Piano piano recupererò tutto e trovare (tramite Kindle Unlimited) questo breve racconto, mentre non avevo altro dietro da leggere, mi ci ha fatto lanciare.
Non mi sarei però immaginata di precipitare in mezzo ad un ambientazione così formidabile descritta in maniera così intensa da fare sentire il lettore immerso nella fredda morsa del gelo, fra neve altissima, vento gelido costante, un cielo limpido e traditore senza sole, seguendo il percorso di un uomo e il suo lupo.
Un uomo stupido, giovane, che nel suo egocentrismo non ascolta i consigli di chi vive in quelle regioni assolutamente inospitali, il cui gelo si aggira intorno ai -45°, ma può velocemente arrivare sotto i -60°; dove due regole sono fondamentali per sopravvivere: non viaggiare mai da soli, ma soprattutto saper accendere un fuoco ad ogni costo.
Una storia intensa, che ti tiene incollato, pagina dopo pagina; che fa sperimentare sensazioni che abbiamo provato solo il maniera estremamente lieve (riguardo il freddo), ma che possiamo immaginare grazie alla magistrale penna di London.
Un viaggio in un luogo dannatamente estremo e bellissimo allo stesso tempo per la sua aura di magia da incontaminazione.
So che forse sarebbe più invernale che da Spookie Season (già, l'ho letto nel periodo di Halloween), ma c'è dentro un sentimento di paura, orrore, legato alla sopravvivenza, che potrebbe essere perfetto anche per regalar brividi (in ogni senso) anche in questo periodo.
Opinione: Imago Mortis, di Samuel Marolla
Milano, 2013. Augusto Ghites è un medium con un incredibile potere: entra in contatto con gli spiriti dei defunti solo sniffando o fumando le loro ceneri, come se si trattasse di una droga qualsiasi. Questa terribile dote, a metà fra la maledizione e la tossicodipendenza, fa di lui un uomo solitario, malinconico, ostaggio del proprio vizio segreto, e circondato solo da gente morta. Quando un'anziana ex prostituta gli chiede di aiutarla a scoprire l'assassino che nel 1953 uccise diverse sue colleghe, inizia per Ghites la discesa in un girone infernale di cimiteri, ex case chiuse, battone ottuagenarie, circhi malfamati, periferie invase da scorie chimiche e balordi di ogni risma, sullo sfondo di una Milano pre-Expo schizofrenica, spietata, preda degli istinti più bassi e del motto segreto che regola la vita dei suoi cittadini: homo sine pecunia est imago mortis, l'uomo senza denaro è l'immagine della morte. "La potenza narrativa messa in campo dall'autore è devastante" - Nella mente di Redrum. "Ricorda i trip di un Burroughs in pieno delirio creativo" - Taccuini da Altri Mondi. "Come mi fa spaventare e inquietare Marolla, non ci riesce nessuno" - Il Viagra della Mente. "Questa novel è un acquisto obbligatorio" - Plutonia Experiment. "Ho letto una cosa strafiga, un tipo che sniffa la cenere dei morti si muove in una Milano più nera e cupa della polvere che inala. Uno spettacolo." - Letteratura Horror.
"...io ho poche regole, e non ammetto eccezioni.
Lavoro solo su casi riguardanti persone decedute.
Non lavoro sui vivi.
Non cerco persone scomparse.
Non mi occupo di criminalità organizzata.
Faccio ancora per lei?"
Ci troviamo in una Milano descritta nei suoi dettagli peggiori, un luogo che appare quasi parte di una distopia talmente risulta un luogo oscuro, malato, preda di persone che vogliono spiccare usando i vizi peggiori. Ed è ovviamente il denaro che comanda, che gestisce tutto e cambia le carte in tavola a proprio piacimento. Ambientato nel 2013, un dettaglio particolare e molto interessante, perché l'autore ha poi inserito fatti di cronaca vera fra le pagine, dando maggiore spessore a questa Milano e sbloccandoci dei ricordi che uniti al tutto riescono a farci percepire la città come viene vista dal protagonista.
Ghites è un investigatore privato. Uno particolare. Anzi, direi unico nel suo genere. Si occupa di persone decetute e basta. Il perché di questa "scelta" è insito nel suo potere: può rievocare la persona tramite le sue ceneri. Gli basta sniffarle, fumarle o iniettarsele in vena. Si, come una droga. E come quest'ultima ne ha sviluppato una sorta di dipendenza da cui ormai sa di non poter scappare.
Durante una giornata qualsiasi viene a chiedere i suoi servizi una ex prostituta per scoprire chi ha ucciso una sua amica nel 1953. Inizia un indagine che mescola realtà e memorie dall'occulto, fra piste che sembrano ormai fredde andando a ripescare chi l'aveva conosciuta fra le case chiuse in cui lavorava e un manicomio in cui tentarono di rinchiuderla più volte. Mescolando personaggi "poco raccomandabili" che, per motivi diversi, gli danno la caccia oppure dovrebbero essere i suoi testimoni.
Non sarà certo facile, sarebbe comodo chiudere tutto e sparire. Ma Ghites non lo fa. Per se stesso (dopo che sono successe alcune cosette), ma anche per la Nanà, una sorta di giustizia, anche se in misura minore. Resta un protagonista egoista, cinico, furbo e vendicativo. Con una scimmia sul groppo e un "amico" molto famoso di cui è riuscito a farsi avere le ceneri, che lo accompagna quando decide di farsi qualche trip mentre "lavora" (si intuisce chi sia, ma ho comunque googlato per averne certezza. Scelta molto originale!).
Dunque, la trama più o meno è questa, senza Spoiler ovviamente. Sicuramente non è per tutti, ci sono TW grossi come una casa (omicidio, violenza, droga,...come avrete già intuito).
In particolare si arriva a dettagli non morbosamente macabri, ma comunque riguardanti la Nanà nei suoi ultimi istanti di vita, e non solo, che sono davvero per pochi. Se amate il genere come me, un po' turbano ma gli danno un tocco di orrore e splatter ben fatto, che (finalmente mi) da qualche brivido alla spina dorsale.
Una scrittura che si disperde moltissimo riguardo la descrizione di questa Milano, attraverso lo sguardo cinico, disilluso e misantrico del protagonista, verso la città in sé e un po' tutti coloro che vi abitano.
Una critica non troppo velata al capitalismo che ne regna sovrano, e non solo.
Ahimè, io non vado a nozze con queste cose, quindi mi hanno appesantito queste parti. Peccato.
Il resto mi ha affascinato. È difficile entrare nella storia, si subiscono degli scossoni, ma se ti cattura arrivi alla fine per trovare soluzione al mistero della povera Nanà e altre domande che spuntano fra le pagine.
Un modo di raccontare davvero particolare, strano ma che non mi è dispiaciuto. Breve, ma essenziale per questa prima indagine. Dal finale si preannuncia che qualcos'altro potrebbe ancora arrivare, ma non si sa ancora nulla.
Se cercate qualcosa di fuori, ma proprio fuori totalmente, originale, senza filtri,...potrebbe piacervi.
Oltre consigliarvi di leggere le prime pagine digitalmente gratis (per farvi un idea senza pagare), il libro è anche su Audible, che mi ha salvato aiutandomi ad andare avanti quando tempo per leggere non ne avevo.
homo sine pecunia est imago mortis, l'uomo senza denaro è l'immagine della morte.
Opinione: Seidmadur. Lo Sciamano, di Maddalena Marcarini
Erlen è una giovane donna erosa da un passato che rinnega ogni giorno, ma che le è impossibile dimenticare. La necessità di fare i conti con se stessa la spinge sin nella remota Islanda, terra natale di una madre che ha perso da tempo, e al casuale incontro con Óttar, un bizzarro sessantenne dalle credenze quantomeno insolite. La ragazza si ritroverà così, suo malgrado, a deviare da una strada che pareva già segnata e a dare la caccia a qualcosa che mai avrebbe immaginato potesse esistere. Qualcosa di orribile e che ogni giorno diventa sempre più potente, sino a trasformare quel placido angolo di mondo in un girone di dolore e morte. Dalle strade silenziose dell’austera Reykjavík, fino alla natura più selvaggia con i suoi campi di lava, spiagge nere e leggende dimenticate, Erlen verrà trascinata in un serrato inseguimento in cui vecchi fantasmi si sovrappongono a una miriade di spaventosi sogni a occhi aperti. Un incubo che potrebbe riportarla proprio al cuore di ciò da cui ha sempre cercato di scappare.
Sì, si parla di ottobre e siamo a dicembre. La domanda spontanea è: ma perché aspettare tanto?
Perché semplicemente non so parlare dei libri che mi sono piaciuti!
Ora però voglio(/devo) almeno provarci.
Partiamo dal facile, la trama.
Ci troviamo in Islanda dove la protagonista, una giovane donna che si sente distrutta dalla vita, decide di tornare per riscoprire la terra natia della madre e, beh, farla finita. Avrebbe avuto anche successo se non fosse per Ottar che la salva e vede qualcosa in lei, decidendo di coinvolgerla nel suo "lavoro" e farla diventare la sua apprendista. Ottar è uno strano, bizzarro e simpatico sessantenne, che riesce a metter curiosità a Erlen e farle aspettare un po' prima di farle ripetere quel gesto, almeno per qualche tempo. Così gli promette, mentre non ha idea in che cosa si sta andando a cacciare e che la porterà a vedere il suo passato con occhi molto diversi, comprendendo qualcosa di cui a madre non le aveva mai accennato.
Ci muoviamo in una terra magica, in una stagione fredda, fra cittadine e luoghi sperduti in mezzo alla natura. Un mondo, quello dove finirà Erlen, che si muove fra sogno ed incubo, mescolando abilmente la realtà a qualcosa di razionalmente impossibile. Ottar, come dice anche il titolo, è uno sciamano. Ed Erlen si troverò a fare i conti con questo fatto, prima con occhi scettici e spaventati, ma comprendendo sempre di più questa "magia" (sicuramente c'è un termine più appropriato, ma ora non mi viene) e il ruolo che il suo nuovo amico e mentore ricopre. Ovviamente non è il solo, ma lo scoprirete leggendo.
Un viaggio che si muove fra passato e presente, portando Erlen ad affrontare cose di cui non avrebbe mai immaginato l'esistenza, ma forse in maniera più dolorosa sarà il rivivere la sua infanzia con la madre e dover affrontare i suoi demoni personali, che l'avevano spinta fino alla scogliera.
Un romanzo estremamente scorrevole, che mi ha stregato dalle prime pagine.
Una storia che affronta tematiche spesso abusate in questi generi, ma in modo nuovo, interessante, permettendo al lettore di scoprire tradizioni di altri paesi, unendole ad una storia che lega il tutto in modo da trascinare il lettore fino alla fine.
Un ottimo modo per inaugurare una nuova collana, che spero di regali altri romanzi del genere.
Ovviamente, anche di quest'autrice!
Opinione: Brucia La Notte, di Tiffany Vecchietti e Michela Monti
Due ragazze alla ricerca della libertà, della loro identità e del loro posto in un mondo cieco e feroce.
Questa è la scritta che può leggere chiunque si avvicini all'Area di Comando del Campo di Raccolta dove sono rinchiuse Ani e Bianca. Qualcuno, sotto queste due laconiche frasi, ne ha incisa una terza: Noi siamo nessuno . Perché le Raccoglitrici di sale, che qui si fanno prosciugare il corpo e l'anima per ottenere l'oro bianco, l'unica risorsa energetica rimasta in un pianeta ormai depredato ed esausto, sono proprio questo, nessuno , per chi governa il Campo e il Paese. Semplici mattoni, tutti uguali, che una volta rotti possono essere sostituiti senza battere ciglio. Mattoni di un'utopia cieca e feroce, nel nome della quale si sprecano vite, si esercita quotidianamente la violenza e si esaltano egoismo e apparenza. Ma questo Ani e Bi lo hanno capito fin dal loro arrivo, molti anni prima. Entrambe, ancora adolescenti, sono state portate lì con la forza, come tante altre prima di loro, perché considerate elementi pericolosi per la società. Ormai cresciute e diventate l'una il punto fermo dell'altra, sono determinate a fuggire da quel luogo abominevole, che le donne le prende, le mastica e le sputa. Dentro di loro, ragazze diversissime, una che sorride poco e ragiona forse troppo, l'altra esuberante e sfacciata, ma di certo non stupida, si alimenta silenzioso un fuoco che attende solo di divampare e travolgere tutto il marcio che le circonda. Quando accadrà, il mondo che troveranno fuori sarà molto diverso da come si aspettano, deludente e sorprendente allo stesso tempo. Ma in quel mondo dovranno sforzarsi di costruire il loro posto, ricucire le ferite del passato, lottare per la libertà delle compagne ancora recluse insieme a chi, fuori dal Campo, ancora resiste, e abbracciare finalmente ciò che sono davvero.
Questa è la scritta che può leggere chiunque si avvicini all'Area di Comando del Campo di Raccolta dove sono rinchiuse Ani e Bianca. Qualcuno, sotto queste due laconiche frasi, ne ha incisa una terza: Noi siamo nessuno . Perché le Raccoglitrici di sale, che qui si fanno prosciugare il corpo e l'anima per ottenere l'oro bianco, l'unica risorsa energetica rimasta in un pianeta ormai depredato ed esausto, sono proprio questo, nessuno , per chi governa il Campo e il Paese. Semplici mattoni, tutti uguali, che una volta rotti possono essere sostituiti senza battere ciglio. Mattoni di un'utopia cieca e feroce, nel nome della quale si sprecano vite, si esercita quotidianamente la violenza e si esaltano egoismo e apparenza. Ma questo Ani e Bi lo hanno capito fin dal loro arrivo, molti anni prima. Entrambe, ancora adolescenti, sono state portate lì con la forza, come tante altre prima di loro, perché considerate elementi pericolosi per la società. Ormai cresciute e diventate l'una il punto fermo dell'altra, sono determinate a fuggire da quel luogo abominevole, che le donne le prende, le mastica e le sputa. Dentro di loro, ragazze diversissime, una che sorride poco e ragiona forse troppo, l'altra esuberante e sfacciata, ma di certo non stupida, si alimenta silenzioso un fuoco che attende solo di divampare e travolgere tutto il marcio che le circonda. Quando accadrà, il mondo che troveranno fuori sarà molto diverso da come si aspettano, deludente e sorprendente allo stesso tempo. Ma in quel mondo dovranno sforzarsi di costruire il loro posto, ricucire le ferite del passato, lottare per la libertà delle compagne ancora recluse insieme a chi, fuori dal Campo, ancora resiste, e abbracciare finalmente ciò che sono davvero.
Prima di tutto, non mi è piaciuto.
Sarà una recensione probabilmente cattiva, perché parlare di cosa non piace è qualcosa di "cattivo" e io non so trattenermi ne addolcire troppo la pillola.
Ribadiamolo: parlo del libro e dei suoi contenuti, analizzo questi in base ai miei gusti personali; quindi: vi è piaciuto? Ottimo! Ma non rompete, la libertà di opinione è legittima (finché non so scende in insulti personali, e non sono così carogna).
Se non lo avete letto e se il romanzo può interessarvi, per ora magari non leggete e tornate dopo averlo chiuso. Un confronto si fa sempre volentieri.
Ok, pronti?
Vi ho avvisato.
Si parte.
Sicuramente parte del "merito" va alla lettura; l'ho ascoltato come audiolibro e menomale, non lo avrei comprato ma ero curiosa visto che le premesse sembravano interessanti.
Pause lunghissime fra una frase e l'altra, durante i quali si sentiva prendere fiato, e nonostante ascoltassi al doppio della velocità questi stacchi si percepivano davvero in maniera fastidiosa.
Avere.
Una.
Pausa.
Ad.
Ogni.
Frase.
Non.
È.
Piacevole.
E.
Stacca.
Dal.
Ritmo.
Della.
Storia.
Non fosse stato per questo, sarebbe durato la metà e me lo sarei goduto molto di più.
Detto ciò, andiamo però a vedere la storia.
Ci troviamo in un Italia al collasso, il Mondo ha iniziato a perdere le risorse naturali (scarsità d'acqua, niente più petrolio,...) e la scoperta che il sale può fare di tutto ha scaraventato in una nuova caccia per ottenere risorse così preziose; quindi il governo si concentra per ottenere più sale possibile, ovviamente con metodi non proprio piacevoli.
Tutto ciò è spiegato davvero brevemente agli inizi quando, fra passato e presente, Ani si "presenta" a noi lettori raccontandoci la sua storia, di come sia arrivata in Italia piena di speranze per veder il padre morire pestato a sangue, la sorella maggiore scappare e probabilmente fare la stessa fine, essere separata dalla madre (lei mandata nel "reparto" tessile, poiché sa cucire) e finire nei Campi di sale da ragazzina. Da sola.
Insomma, "Ciao, sono Ani e questa è la mia storia", non proprio così diretta ma il senso era quello.
Non proprio piacevole come ingresso a questo mondo, ma ne ho letti di peggiori, e si perdonano tante cose quando si inizia un romanzo, poiché spesso si deve ancora entrare nella storia e non sempre accade dalle prime righe. Ahimè, non è questo il caso.
Già dal primo giorno Bianca inizia a prendersene cura, essendo in quel luogo da anni, e la tratta come una bambina (la chiama anche così), solo che inizialmente ci sta, ma quando capisci che sostanzialmente sono coetanee stranisce molto, anche perché Ani si è molto riservata e quasi ingenua, ma "bambina, ci pensa B" all'inizio ci può stare, poi anche basta.
Entrambe vogliono scappare, ad ogni costo. Solo che il prezzo per ora lo sta pagando solo Bianca, o così sembra. Sarà per un caso che il Campo subirà un attacco e verranno a conoscenza di una via di fuga, di cui approfitteranno immediatamente. Insomma: totalmente una botta di culo, o restavano lì chissà per quanto.
Entrambe vogliono scappare, ad ogni costo. Solo che il prezzo per ora lo sta pagando solo Bianca, o così sembra. Sarà per un caso che il Campo subirà un attacco e verranno a conoscenza di una via di fuga, di cui approfitteranno immediatamente. Insomma: totalmente una botta di culo, o restavano lì chissà per quanto.
Infatti, riguardo al dopo?
Nessun piano, nessuna idea. Sbaraglio totale. Mai fatto mezzo pensiero a riguardo.
Ma avranno un (secondo) enorme colpo di fortuna...e qui mi fermo, perché andremmo oltre alla trama presentata sul romanzo e non mi va di rovinare la lettura a chi potrebbe essere interessato a questo romanzo.
Ma avranno un (secondo) enorme colpo di fortuna...e qui mi fermo, perché andremmo oltre alla trama presentata sul romanzo e non mi va di rovinare la lettura a chi potrebbe essere interessato a questo romanzo.
A guardarla dalle prime pagine sembra una sorta di "lotta" fra sessi: maschi coi fucili, cattivi, a combattere; femmine schiave sotto il loro potere. Ovviamente ci sono eccezioni, ma la quasi totalità del romanzo è scandita da questa divisione fra sessi. Sicuramente non voluta, ma è innegabile, bianco su nero, pagina dopo pagina.
Capisco che sia una visione ridotta poiché vediamo il tutto attraverso gli occhi delle protagoniste che sono due ragazzine che conoscono poco o nulla di come vanno le cose, però qualcosina in più, anche dopo, sarebbe stata utile per entrare in questo mondo così particolare. Ma mancano tantissimo le spiegazioni, spesso si risolve tutto in modo frettoloso o con escamotage banali, mentre si approfondiscono cose irrilevanti in momenti in cui non ci sarebbe proprio tutto questo tempo per chiacchierare.
La trama sa troppo di "già letto" e presenta personaggi inverosimili: i buoni senza stonature o difetti, tutt* amichett* del cuore che combattono insieme il potere cattivo. Se qualcun* dice loro qualcosa di brutto e loro ci stanno male, è cattiv*. Punto. Stop. Una cosa che non può funzionare.
Resta tutto piatto, noioso, assurdo. E mano a mano che le pagine vanno avanti si ha l'impressione di fare passi indietro, bruciando le poche descrizioni e l'immagine dei personaggi che ci eravamo fatti in mente, ritrovandoci ridotti ad avere personaggi stereotipati secondo alcune loro caratteristiche esasperate in modo davvero fastidioso.
Io ho sperato fino all'ultima pagina di sbagliarmi, e quando non è stato così mi sono abbastanza infuriata davanti a tanta banalità, visto il potenziale così grande dietro la trama e il modo in cui ne esce la caratterizzazione delle personaggie principali in primis. Le due protagoniste stancano in fretta.
Si aggiungeranno altre voci, ma non miglioreranno le cose per nulla. Ci saranno "colpi di scena" che, personalmente, mi hanno fatta sbadigliare. E momenti in cui ci si sarebbe dovuti prendere una piccola pausa per un approfondimento, a tirar dritto in "avventure" senza una logica dietro.
L'ho detto prima, non ci avrei speso soldi. A meno di leggerne recensioni che mi convincessero a farlo, ma sarebbe passato del tempo. Però, almeno Tiffany, la seguo e, viste le sue idee, non dico che avrebbe dovuto scrivere il romanzo dell'anno, ma mi sarei aspettata qualcosa di più incisivo. Riguardo Michela, so che ha scritto altri romanzi, che ho in wish da tempo, ma ancora non mi ci sono lanciata.
Ammetto che è stato deludente ritrovarmi ad ascoltare questa storia ritrovandomi col mal di testa, anche perché non lo avrei neanche iniziato ad ascoltare se non avessi avuto almeno curiosità di scoprire che mondo avessero creato, viste le premesse, la potenzialità della storia e le idee che credevo sarebbero state il nucleo di tutto. Ho sperato fino all'ultima pagina, invano.
Un enorme peccato, davvero.
Attenzione, ora si fa SPOILER
Certe cose le devo dire, perché nonostante ho lasciato passare del tempo mi torturano e devo metterle per iscritto.
Come già detto, da quì solo Spoiler.
Se leggete e ve ne pentite, solo cavoli vostri. Andiamo per punti, iniziamo con quella che ho deciso di denominare
Bianca puttana
No, non è un insulto a Bianca!
Lei inizialmente fa credere di vendersi alle guardie per poter aver accesso alle zone più segrete, capendo come è fatta la base per poter creare un piano di fuga.
Invece no! Lei non è rimasta pura e vergine per tutto il tempo, ha sfruttato la magia per illudere le guardie.
Onestamente, preferivo che si fosse venduta, che avesse scambiato il corpo per conoscenze che potessero ridarle la libertà. Sarebbe stato interessante, una personaggia forte, controversa, che se ne frega delle opinioni e gioca le sue carte per il suo obiettivo principale. Che delusione.
Tutt* coi poteri!
Anche questo, onestamente io speravo in una distopia realistica. Non che ad un certo punto, puff!
Tutt* coi poteri magici per combattere i cattivoni di turno.
Poteva, e sarebbe stato molto interessante, essere un mondo dove a combattere ci fossero state congreghe o gruppi qualunque, senza magie particolari, ma "rispolverando" conoscenze della natura. Mettendoci dentro la magia io ho visto solo tante scorciatoie, di nuovo peccato.
Chi mette regole è cattivo
Seriamente, è davvero la banalità più scontata mettere come capo, dei buoni, una persona che dal primo istante sta sulle balle alle protagoniste perché tenta di stabilire regole comportamentali per la salvaguardia di tutti...e si da ragione a queste ragazzine e non a questo capo che, sorpresa sorpresa, si rivela cattivo come avevano predetto le "buone".
Anche basta, per favore! Lo dicevo anche sopra: non può funzionare rendere i buoni totalmente senza difetti, e se qualcuno dice loro qualcosa, automaticamente è cattivo (e non è solo un'impressione, ma lo è davvero).
In questo caso parliamo di Clarissa che, giustamente, riprende la sorella di Ani che è partita totalmente a caso per salvare la sorella, completamente da sola, senza un piano, potenzialmente attirando un faro sul loro gruppo e quindi cattura o morte. E viene dipinta come una senza cuore, che non comprende come una sorella possa voler tentare tutto per salvare l'altra.
Macchiette
Ad un certo punto ognuna diventa uno stereotipo. Bianca diventa quella che parla sempre, a vanvera, senza riflettere, una macchinetta, tutte battute senza senso,...insopportabile!
Ani si trasforma da riservata a tenebrosa, l'intelligente che non dice nulla mentre contempla la situazione e coglie ciò che nessuno vede con precisione chirurgica (mentre fino al giorno prima a malapena alzava gli occhi). No, decisamente è troppo inverosimile.
Clarissa che è la cattiva perché non le lascia fare tutto ciò che pare a loro.
La vecchia della congrega che prende sotto la sua ala le nuove arrivate per istruirle. Ecc ecc ecc.
Alcuni non hanno nemmeno così tanto spazio da tramutarsi in stereotipi, per fortuna.
Per me poteva finire due righe prima e sarebbe stato almeno decente come chiusura, semplicemente perché le due righe in più mi hanno fatto ridere amaramente: "seriamente avevano una battuta (prevedibilissima, me l'ero già immaginata righe e righe prima) per finire questo romanzo e ci hanno aggiunto due frasi totalmente inutili?!?".
La minaccia finale alle protagoniste (che nonostante aver disobbedito, aver rubato, aver messo in pericolo la vita di uno della congrega,...si vedono come salvatrici): o esilio o rogo.
American Horror Story Coven lo aveva già fatto, usare il rogo come massima punizione.
American Horror Story Coven lo aveva già fatto, usare il rogo come massima punizione.
Ma poi, che cliché odioso.
Perché bruciare una "sorella" o anche un nemico in quel modo? Boh...
Però dopo "esilio o rogo" c'è anche lo svenimento per shock di chi in quel momento stava parlando.
Ma no! Perché devono sempre svenire o comunque avere comportamenti così teatrali.
Sarebbe stata una chiusura giusta con quella parola (rogo).
Fine. Lettore sgomento. Attesa del prossimo romanzo.
De gustibus.
Cattiva io? Credetemi, poteva esser molto molto peggio.
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