Opinione: 19 Modi Per Dirlo, di Camilla Endrici

 
 Cosa si nasconde dietro la scelta di non diventare madri? Quali parole possono arricchire di sfumature e dare nuovi significati all'esperienza dell'aborto? Nella consapevolezza che intorno a questo tema ci sia ancora un grosso tabù, alimentato anche da un sistema sanitario che spesso colpevolizza la scelta di autodeterminazione della donna, l'autrice ha deciso di andare a raccogliere le voci di chi decide di interrompere volontariamente una gravidanza. Perché, come diceva Karen Blixen, "tutti i dolori sono sopportabili se li si fa entrare in una storia, o se si può raccontare una storia su di essi". Diciannove storie, diciannove testimonianze, per cercare di comprendere la complessità di una scelta che non è mai senza ambivalenza; per dare voce finalmente alle donne, astenendosi dal giudizio ma con il semplice obiettivo di lasciare che le loro parole si alzino dal silenzio.
 
Se non sbaglio, mi è capitato per la prima volta di scoprirlo attraverso il profilo @lhascrittounafemmina, che offre sempre una quantità si spunti incredibili riguardo la letteratura, puntando sul femminile poiché, purtroppo, certi stereotipi sono duri a morire e lei ha scelto di mettere certe letture in risalto, mostrando alcune perle che a volte passano inosservate, come il libro di cui sto per parlarvi.
 

Davvero molto breve, un 110 paginette, eppure molto ricco nel contenuto, portandoci a viaggiare fra le storie di diciannove donne diverse fra di loro che, per una ragione o l'altra, hanno dovuto ricorrere all'aborto. Spiegandoci (anche se non nel dettaglio) i vari metodi con cui si può attuare questa procedura e l'imbarazzante (per non dire di peggio) legge italiana che OBBLIGA una donna a prenotare immediatamente un posto per poter abortire fin dalla scoperta di essere incinta, nonostante i dubbi possano essere tanti, pur di essere tranquilla di avere un appuntamento per poter risolvere questo problema, mentre ci pensa.
Infatti c'è la "straordinaria" legge dei 7 giorni di riflessione obbligatori, giustificarti dal "può ripensarci": non importa se una donna ci abbia pensato per un mese o due, fra il parlare col medico e la procedura vera e propria deve trascorrere minimo quel tempo.

Qui mi fermo un attimino, perché ho parlato di varie possibilità di aborto,
ovvero tramite chirurgia oppure pillola abortiva.
Momento chiarezza: non quella del giorno dopo ne quella dei 5 giorni dopo!
Sono contraccettivi. NON abortivi.
Ed ora (FINALMENTE, anche se credo valga solo la pillola del giorno dopo) la si può prendere in farmacia senza ricetta medica, ma solo per i maggiorenni. Online trovate le informazioni più precise.
Qui si parla della RU-486. Si tratta di due pillole che possono essere assunte entro i primi 49 giorni di gravidanza. La prima "interrompe" la gravidanza, la seconda (presa due giorni dopo) provoca contrazioni e l'eliminazione del tutto. (Anche in questo caso, informazioni più dettagliate le potete trovare online)
Problema: può essere estremamente dolorosa, può provocare perdite fino a 70 giorni, non è detto che funzioni al 100% (sia per quanto riguardi il feto, che il materiale che deve essere espulso), quindi si può comunque finire sotto i ferri.
Non so se oggi ci sia scelta, ma nelle storie raccontate questo non avveniva e la pillola era quasi una punizione per l'aborto, ovvero dovevi soffrire per questo "crimine". Spesso le donne erano monitorate pochissimo e sottoposte ad altra violenza psicologica, durante questo doloroso percorso.
Si parla meno dell'opzione chirurgica, in un caso con l'anestesia totale (che sarebbe la soluzione più umana e decente).
Temo che sia perché queste donne hanno abortito nel tempo limite per prendere la pillola e nessuno ha dato loro alcuna scelta in tal caso.


Tratto da https://www.my-personaltrainer.it/benessere/pillola-abortiva.html
Una cosa che mi ha un po' lasciata con l'amaro in bocca è che ogni donna che ne parla ne è rimasta segnata. Ha trascinato l'esperienza per anni e spesso anche dopo terapie, ancora sente il fardello della colpa. In un caso viene accennato che questo non dovrebbe esistere perché (alla fin fine) è colpa della società che ci vuole distrutte perché attuiamo questo "crimine".
Ma perché?
Sul piano di vista fisico, non è sicuramente una passeggiata. Ma su quello psicologico, non comprendo perché una donna debba sempre e comunque sentirsi in colpa.
Con questo non voglio assolutamente sminuire chi ne soffre, perché (un esempio) tante donne vorrebbero figli ma in quel momento non possono mantenere altri, quindi questa è la scelta più responsabile che possano fare. E ci sta che la decisione sia sofferta e lasci delle lacrime dietro di se.
Ma se una donna lo affronta a testa alta (come dovrebbe poter fare), senza rimorso, senza colpa, dovrebbe esserle garantito e non dovrebbe essere sminuita per questo.

Alcune storie sono agghiaccianti.
Mi è rimasta impresso un frammento di una discussione fra una donna ed il suo compagno (anni di relazione, un figlio, persone sopra i 40 anni): la reazione immediata di lui alla notizia è stata chiederle se fosse suo.
Purtroppo il lavarsene le mani spesso è causa della società e dell'inesistente insegnamento sessuale, anche a livello psicologico ed emotivo, che porta troppi maschi a fregarsene e vedere la gravidanza come un fardello ed un problema solo delle donne.

Altri frammenti sono presi dagli ospedali o consultori, dove il personale è inadeguato ai limiti del maleducato, dove impongono la loro opinione con risposte oscene, occhiate intimidatorie e trattamenti che forse nemmeno un serial killer riceverebbe.
Per non parlare della società (come accennavo sopra, ma il discorso sarebbe enorme), infatti quasi nessuna ne ha mai parlato con gli amici, a volte nemmeno con i genitori o il partner. Il tutto per il terrore di essere giudicate male, per i pregiudizi che restano addosso.

Ci sono donne che l'hanno vissuta trovandosi in crisi con se stesse, ritenendo questo come qualcosa che non sarebbe mai potuto accadere loro, quindi mai pensato a difendere questa legge; donne forti che nonostante la loro sicurezza in merito, si sono trovare sole, impaurite, senza alcun appoggio.
Molte fra queste hanno preso coscienza, hanno capito che è un diritto da difendere, come tanti altri che magari non ci possono colpire, ma vanno difesi per gli altri.
Ma una l'ho detestata, mi è sembrata davvero ipocrita e la cosa mi irrita, non ci posso fare niente. Profondamente cristiana, ha abortito nel silenzio, nascondendo per tutta la vita questa "macchia" (anche al suo Dio), ed ora è contro l'aborto.
Sempre piacevole chi vuole far vivere gli altri secondo il proprio credo, ma quando è il momento quel credo lo mettono da parte. A convenienza.

C'è anche un piccolo frammento di depressione post partum, poiché una donna che abortisce può anche essere madre (le due cose non si annullano). Ed è sconcertante che in qualunque momento, prima o dopo la nascita, che non lo si voglia o no, la donna sia in secondo piano. Sempre. Il bambino ha la precedenza, anche sulla salute della donna, fisica e/o psicologica. Nessuno che si fermi e chieda anche alla madre come stia. Terribile.

Ho detto tantissimo, senza dire niente, in pratica!
Ho spaziato dalle mie impressioni, vagando fra alcune informazioni (che secondo me sempre utile dire, sia mai che qualcuno legga e non lo sappia).

E' una lettura che comunque lascia qualcosa dentro, anche se si sente che l'autrice cammina sulle uova per permettere a chiunque di poter leggere questo libro, che sia contro o pro all'aborto, parlando di queste donne e delle loro esperienze, calcando forse sui tasti che possono farlo apprezzare anche a chi è in dubbio o chi si batte per togliere questo diritto che però DEVE esserci per ogni donna e, anzi, dovrebbe essere più garantito per tutelare davvero tutte se mai avessimo bisogno, non solo chi ha soldi per pagare e farlo in privato (vista l'obiezione che supera il 70% negli ospedali pubblici).
Interessante per avvicinarsi a questo tema e/o per approfondire, guardando il lato umano, attraverso gli occhi di chi ci è passata.
Fateci un pensiero se vi incuriosisce!


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