Review Party: Figli di Virtù e Vendetta, di Tomi Adeyemi






Dopo aver combattuto contro l'impossibile, Zélie e Amari sono finalmente riuscite a far rivivere la magia a Orïsha. Ma il rituale per risvegliarla si è rivelato più forte di quanto avrebbero potuto immaginare, e ha riportato alla luce non solo i poteri dei maji, ma anche quelli dei nobili che avevano della magia nel loro sangue. Ora Zélie deve lottare per unire i maji in una terra dove il nemico è potente quanto loro. Quando reali ed esercito stringono una mortale alleanza, Zélie deve tornare a combattere per assicurare ad Amari il trono e per proteggere i nuovi maji dall'ira della monarchia. Ma con la minaccia di una guerra civile all'orizzonte, Zélie si trova a un punto critico: dovrà trovare un modo per riunire il regno oppure lasciare che Orïsha venga distrutta da se stessa.





È proprio quello il problema, mi dico, stringendomi le braccia attorno al corpo.
Volevo che la magia tornasse per tenere Baba al sicuro.

Non ha fatto altro che accelerarne la fine. 
Che senso hanno questi poteri se non riesco a proteggere le persone che amo? 

La storia riprende da dove si era concluso il precedente volume Figli Di Sangue e Ossa (cliccate per andare alla mia opinione del primo romanzo di questa trilogia).

Se non lo avete ancora letto, vi sconsiglio di continuare la lettura. 

Ritroviamo Zélie, Amari e Tzain che devono fare i conti con ciò che hanno appena fatto, ovvero riportare la magia a Orïsha. Tutto questo per permettere ai maji di smetterla di nascondersi e di venir presi di mira dalla monarchia. Un modo per riacquistare la forza perduta di un tempo e ribellarsi alle tremende ingiustizie, e morti, patite per troppo tempo. 

Purtroppo però dovranno scontrarsi con una terribile novità. La magia ha colpito anche i nobili, risvegliando poteri sopiti anche in loro Poteri su cui hanno pochissimo controllo, ma una forza decisamente superiore ai maji, che non esitano ad usare per schiacciare queste "larve". 

Quando tutto sembrava sul punto di risolversi, Zélie si ritrova a dover lottare ancora, col rischio di perdere nuovamente persone che ama. Vuole assicurare ad Amari il trono che le spetta, garantendo finalmente pace fra i vari popoli. Ma tutto ciò diventa quasi impossibile quando i tîtán (soldati della monarchia) fanno il loro debutto in questa nuova fase della guerra, con un capo di una potenza impossibile e la speranza di vincere sempre più pallida e lontana. 

Nel frattempo si rivela un'altra fazione, gli Iyika: maji che nuovamente in possesso dei loro poteri stanno dando filo da torcere alla monarchia, per distruggerla completamente. 

Un romanzo interessante e che porta a riflettere molto, oltre la magia ed il potere che rappresenta. 
Fra le voci principali abbiamo ancora Zélie ed Amari, due donne davvero diverse eppure estremamente determinate. Inizialmente con gli stessi obiettivi, ma lentamente rivelazioni e la guerra le porteranno agli antipodi, scegliendo strade diverse, commettendo errori alcuni imperdonabili. 

Zélie è ormai la Soldatessa della Morte, una figura riverita dalla sua gente, ma nel suo cuore non c'è altro che dolore e stanchezza. Vorrebbe solo pace, ma sarà costretta dagli eventi a veder risvegliato nel suo petto una rabbia profonda che la condurrà lungo altre battaglie che deve assolutamente vincere. Non tanto per sè stessa, ma per chi ha accanto. 

Amari vuole il trono per portare la pace tanto promessa e desiderata, anche se nessuno sembra volerla come regina di Orïsha, tranne Zélie e Tzain. Dovrà trovare il modo di farsi ascoltare dal suo popolo. La vedremo crescere molto in questo capitolo, seppur ci scontreremo spesso con la sua impulsività e la convinzione di star agendo sempre per il giusto, senza fermarsi ad ascoltare, volendo solo esser ascoltata. 

Una lettura che porta ad arrabbiarsi, a sentire il cuore stringersi in una morsa, a sperare nella pace anche se si dovesse ottenere attraverso la guerra
Il lettore viene intrappolato fra due fazioni che si odiano, per rancori e morti accumulati nel tempo
Vuole la pace, spera che ci si arrivi in fretta e senza altro sangue civile innocente versato, ma per certe scelte che vengono compiute anche il lettore si arrabbia e si ritrova quasi a pretendere giustizia ad ogni costo. 

Durante la lettura scopriremo come ha avuto origine tutto. Cosa ha scatenato il Raid. Ci verrà svelato verso la fine e sarà l'ennesima botta che ci lascerà senza parole. 
Come già dicevo, la magia arricchisce e rende avvicinabile a molti questa bellissima storia ma non ne è il fulcro, è una metafora del potere, il centro sono le minoranze, le lotte che devono fare solo per poter sopravvivere, i torti subiti per anni in nome di chissà quale privilegio. 

Una lettura davvero molto bella. Colpi di scena continui, che danno un ritmo incalzante alla storia nonostante in alcuni momenti si debba rallentare
Adeyemi ci porta ancora una volta a riflettere su tematiche molto delicate, in un modo stupendo. 
Attraverso più voci che mostrano come la stessa situazione può esser vista e voluta risolvere in modi differenti. Come la rabbia accechi. Come la voglia di vendetta possa prender il sopravvento. Come la fiducia sia facile da distruggere in un soffio. Come si possa essere forti, seppur fragili. 
Anche se giovanissimi.
Un finale che, come il precedente, lascia spiazzati totalmente. 
Se avete letto il precedente, non lasciatevelo scappare. 



Le lacrime mi appannano la vista mentre corriamo tra gli alberi della foresta di Adichie. Le mie mani scivolano sulle corna di Nailah. Senza una sella, fatico a non cadere giù. Resto aggrappata con le cosce mentre il mondo mi passa accanto, un turbine di dirupi e foglie soffiate dal vento. Cerco di fingere che la velocità di Nailah sia l’unico motivo per cui non riesco a respirare. 

Dei del cielo, aiutatemi. Stringo i denti, opponendomi a quella sensazione. 
È come se tutto ciò che ho fatto di sbagliato emerga in un sol colpo, un mare che mi fa annegare nella sua corrente. 
No, penso tra me. Non loro. Credere negli dei è ciò che ha generato questo guaio. Sono loro la causa della morte di Baba. La disperazione mi monta dentro, mentre il terreno inizia a inclinarsi. La terra sotto i nostri piedi punta verso il basso. Gli alberi della foresta iniziano a diradarsi. Stringo la pelliccia di Nailah, faticando a restare dritta quando le sue zampe scivolano. 
Ma il pensiero di come gli dei mi hanno usata mi fa venir voglia di lasciarmi andare e di cadere a terra. 
Ho sempre creduto nel disegno superiore degli dei. Nella loro via, quando io non ero in grado di vedere. Ma l’unica cosa a cui mi abbiano portata è rappresentata dalle cicatrici che ho sulla schiena. Dalle ferite aperte al cuore. Gli dei mi hanno usata come una pedina e mi hanno gettata con il ritorno della magia. Dubito che possano darmi altro che dolore. 
Mama, prendimi. La nuova preghiera si forma e il cuore mi si spezza per l’unica cosa in cui io creda ancora. Immagino me stessa nell’alâfia insieme a lei e a Baba. La pace della morte e la sensazione di essere nuovamente tra le sue braccia. 
Lei mi ha detto che Orïsha aveva bisogno di me, che il mio lavoro non era finito. 
Ma riportare indietro la magia non ha fatto altro che peggiorare le cose. 
I maji sono messi ancor peggio di prima. 

Non fa differenza quello che io faccio. 
Non fa differenza l’intensità con cui combatto. 
I maji non saranno mai liberi. 
In questo mondo non ci attende altro che angoscia.

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