Opinione: Il Caffè della Luna Piena, di Mai Mochizuki



Un romanzo magico, che unisce la saggezza orientale al fascino arcano delle stelle. Un viaggio alla scoperta di sé, per imparare che per ritrovare la strada a volte basta chiudere gli occhi, in attesa della prossima luna piena. 

 A volte, ma solo nelle notti di luna piena, tra le vie di Kyoto o in riva al fiume appare un caffè molto speciale: è una roulotte gestita da un eccentrico chef, un grande gatto tigrato esperto di astrologia, e da altri due felini suoi aiutanti, e si manifesta sul sentiero di chi si sente perso. In questo caffè non è possibile ordinare ciò che si vuole, sono i gatti a decidere cosa offrire ai propri clienti. Il menu prevede incredibili bevande e deliziosi dolci in grado di consolare i cuori affranti degli avventori. Ed è lo chef in "persona" a sedere al tavolo con loro per aiutarli a capire, attraverso la lettura della carta astrale, dove si sono smarriti. Fra una tazza di latte stellare e un pancake al burro del plenilunio, assaporando un gelato al chiaro di Luna e Venere, incontriamo Serikawa, che dopo una folgorante carriera da sceneggiatrice è diventata una scrittrice di videogiochi frustrata e infelice, incapace di risollevare il proprio destino; Akari, che ha amato l'uomo sbagliato e ora non sa immaginare un futuro accanto a qualcun altro; Megumi, alle prese con un'importante scelta lavorativa, e Mizumoto, che incontra nuovamente dopo molti anni il suo primo amore. 




Cercavo un libro coccola e l'ho trovato.
Coi gatti poi! Irresistibile.
Senza troppe aspettative, ho iniziato ad ascoltarlo e mi è piaciuto, anche se non da impazzire.

Abbiamo a che fare con le vite di alcune persone, diverse fra loro, ma le cui vite sono intrecciate in un modo strano, riguardante il loro passato. Ma anche nel quotidiano, infatti queste persone si intrecceranno e si "scambieranno" la parola fra loro nell'alternarsi delle varie storie.
Stanno tutti affrontando dei brutti periodi, devono prendere decisioni oppure si sentono distrutti dalla vita, da qualche insuccesso, e hanno proprio bisogno di una spinta che arriverà, inaspettatamente, dal Caffè della Luna Piena. Un luogo magico, senza fissa dimora, dove non si ordina ma viene creato dallo chef quello che ai clienti serve.
Ah, dimenticavo, lo chef è un enorme gatto tigrato!
Ci saranno anche altri aiutanti, sempre dei felini, molto arguti e simpatici. E si parlerà di astologia, di come questa influenzi la vita quotidiana e la crescita personale, o tutt'altro in alcuni momenti.
Ho adorato il finale quando ci si ritrova come a chiudere un cerchio e si scopre come mai in particolare vengano scelte queste persone che si conoscono, per essere aiutate. Mi ha stretto il cuore!
Scontato no, forse troppo dolce,...ma l'ho trovato molto carino e azzeccato. Vorrei dirvi qualcosina in più, ma non trovo le parole per non rovinarvi la sorpresa.

C'è un grande MA di cui devo parlare, perché ci sono rimasta troppo male nell'ascoltarlo.
Ho notato una cosa: fa capolino fra le pagine un personaggio che dopo un po' si capisce essere una donna trans. 
Il problema (enorme problema) è che ci si riferisce a lei un po' coi pronomi femminili e un po' coi pronomi maschili! 
Non ha senso. 
Prima di tutto confonde il lettore, ma in particolare dopo che racconta, brevemente, la sua storia non dovrebbero più esserci assolutamente questi scambi di pronome da frase a frase. 
Invece continuano.

Ho trovato diverse persone che hanno riscontrato la stessa problematicità (mentre moltissime altre o non l'hanno vista, oppure hanno sorvolato dal farla notare. Temo la seconda e la cosa mi fa piuttosto schifo). 

Confrontandomi in particolare con una ragazza, appassionata di cultura orientale, mi ha spiegato che sicuramente il testo originale era così, poiché ci sono ancora enormi problemi a riguardo, sul come trattare le persone trans.

La cosa che mi ha infastidito di più, dopo aver capito i perché legati al testo oeiginale, è stata la decisione di non mettere alcuna nota (nella nostra edizione) per dire tutto questo. 
Anche solo spiegando la scelta di mantenere il testo identico all'originale, chiarendo però che questa persona è una donna trans e quindi i pronomi da usare correttamente sono quelli femminili. 

Insomma, non si può fare uscire un libro con delle pagine del genere senza un briciolo di spiegazione al lettore; da una CE che, tra l'altro, si fa tanta pubblicità e sfrutta queste tematiche per il proprio tornaconto, puntando sull'essere inclusiva, moderna, ecc ecc...
Si, ok, sappiamo benissimo che è per marketing e basta, ma nemmeno una cura per i testi che traducono e il lettore che se li trova in mano, visto che non sono poi così economici...

Si, ok (pt2), sappiamo anche che non c'è così tanta cura, visti certi "scivoloni" che continuano ad esserci.

Non so voi, io inizio a stufarmi. 

Croste, di Jessica La Fauci [Instagram Post]

Opinione: Croste, di Jessica La Fauci


Nina rifiuta l’avanzare del tempo: i corpi in corsa verso il disfacimento, le pesche marce, l’intonaco che si sfalda. Eredita una cantina ma non sa che farsene di quella stanza stipata di scaffali che arrugginiscono. Ci trova dentro scarti, memorie fisiche e psichiche che non le appartengono, ma che portano il suo stesso corredo genetico. Nina ha perso un amico, una gatta, un ragazzo e soprattutto il senso della continuità; eredita la cantina come si eredita una mancanza. Nina ha la testa piena di parole che non riescono a comporre la risposta ai suoi tanti interrogativi, né a identificare un momento da cui far partire il tutto. In una vita in cui gli inizi sono il momento più felice, c’è sempre un prima, a volte mai vissuto, a cui si dovrebbe guardare con nostalgia. Usando una scrittura affilata e cristallina La Fauci costruisce una trama frammentata, in cui frantumi di vita diventano oggetto di un’analisi quasi clinica, rivelando l’estraniazione della protagonista nei confronti dell’esistenza. Croste è un processo di bonifica, un libro sulle cose che marciscono, le cose di cui non ci si è presi cura, la lacuna che deve essere abitata. 




Libro totalmente fuori dalla mia capacità di capirlo e parlarne. 
Mi incuriosiva molto la trama e, trovandolo usato, mi ci sono lanciata senza indugiare.
Il problema è arrivato durante la lettura.
Non che sia brutto, ma è molto molto particolare.

Ci troviamo nella vita di Nina, una donna che ci regala frammenti dei suoi ricordi senza una logica, senza una sequenza temporale. Ci sentiremo a disagio e allo stesso tempo (se siete come me) compresi da questo modo di vivere fuori dagli schemi.

Perché a Nina non importa degli altri. Non è cattiva: lei sta stare da sola. 
Lo ha imparato da sempre, fin da piccola. 
Occupa poco posto, non si intromette, si scansa ed evita tante situazioni. 
Riflette molto e parla poco. Vive ai suoi ritmi e nelle sue "stranezze". 

Ci racconta pezzi di sé, confusamente, caoticamente, portandoci a faticare per starle dietro.
Si alternano quattro parti, in cui prendono parola anche quelli che sono i suoi migliori amici, che la vedono così strana e particolare, eppure nonostante a volte provino fastidio per questo, le vogliono bene. Non sarebbe lei se fosse diversa, più attenta, più "banale". 
Amici che hanno seguito percorsi più lineari, convenzionali: lavoro, matrimonio, casa, figli,... Mentre lei non sente pressioni e si ferma alle piccole cose, quelle a cui non bada nessuno.

Un romanzo estremamente breve, seppur difficile.
Non saprei come classificarlo.
Ammetto di aver faticato nel leggerlo, seppur mi sentivo rappresentata in parte da questa figura così particolare. Lento, caotico, confuso.
Fatico sempre con questi generi di letture, seppur mi affascino molto. 
Difficile collocarli, difficile capirli. 
Nonostante lascino alle spalle qualcosa che ti sementa dentro.  

Maleficium, di Martine Desjardins [Instagram Post]

Opinione: Maleficium, di Martine Desjardins


"Lettore, hai tra le mani una versione riveduta ma non purgata del mitico Maleficium dell'abate Savoia (1877-1913), sacerdote sacrilego di cui poco si sa, se non che finì i suoi giorni rinchiuso in un monastero dopo essere stato misteriosamente assordato. Sappi che la lettura di quest'opera deleteria potrebbe provocare un certo disagio nelle anime pure, eccitare i sensi o risvegliare desideri inconfessabili, e che cedendo al suo fascino rischi di incorrere nella scomunica. Sei avvisato. Martine Desjardins ci offre un affresco barocco in otto dipinti, un invito a viaggiare ai limiti del piacere e della sofferenza. Un'opera rara, profumata di fantasia, esotismo ed erotismo, veicolata da un linguaggio sontuoso. Mai il peccato vi è sembrato così irresistibile.

Il celebre e funesto Maleficium, scritto dall’abate Jérôme Savoie, è un libro maledetto. Custodisce i segreti di sette uomini, vittime di strane e inesorabili sciagure, recatisi a cercare nel confessionale orecchie disposte ad ascoltare il racconto della loro malasorte e a implorare salvezza per le proprie anime insudiciate dalla curiosità e dalla debolezza della carne. C’è poi un’ottava confessione, quella di una donna calunniata, intrappolata in un crudele silenzio e pronta a vendicarsi dei suoi spietati carnefici.

Maleficium di Martine Desjardins è un affresco barocco, un invito a intraprendere un viaggio ai limiti del piacere e della sofferenza. Un’opera rara, profumata di fantasia, esotismo ed erotismo, veicolata da un linguaggio sontuoso e peccaminoso." 




Una lettura decisamente particolare, a tratti disturbante, che fino alla fine trascina il lettore saltellando fra piaceri e distruzioni che definirei poetiche. 

Abbiamo a che fare con otto confessioni fatte all'abate Jérôme Savoie: sette uomini e una donna.
Gli uomini non si confessano esattamente. Gli raccontano come sono caduti in disgrazia e hanno perso qualcosa che li rendeva eccellenti nel lavoro che amavano, il tutto dando colpa ad una donna ed allo stesso tempo cercando di portare con loro nella caduta l'abate. 
Oltre che, confessione dopo confessione, di mettere in guardia il padre da quest'ultima che sembra esser sempre più vicina alla chiesa dove opera. 

Uomini che sembrano vittime, ma nei racconti si rivelano carnefici anche della propria sventura. 
Infatti è sempre colpa loro se finiscono col perdere qualcosa, seppur tentino di attribuirne le colpe a questa figura femminile che ritroviamo in ogni storia, diversa seppur riconoscibile da una deturpazione facciale. Un elemento associato al demonio. Eppure nonostante lo stigma del diavolo ben visibile, ognuno si avvicinerà alla donna, pur di ottenere quello che stava cercando con avidità. Andando contro restrizioni, morale, o qualunque cosa si metta fra loro e l'obiettivo che si sono prefissati di avere. 

Un breve ma intenso romanzo. 
Una scrittura ricercata in alcuni frammenti che mescola abilmente la verità alle menzogne, facendo dubitare il lettore fino all'ultimo se credere a queste favole troppo assurde per essere reali, oppure affidarsi e sprofondare in un abisso maledetto, in cui le vittime ci si sono lanciate da sole, seppur tentino di trovare assoluzione trascinando l'abate assieme a loro. 

Decisamente non per tutti. 
Ma se vi incuriosisce e cercate una lettura particolare, vi affascinerà. 

Damsel, di Evelyn Skye [Instagram Post]

Opinione: Damsel, di Evelyn Skye


Una damigella in pericolo affronta il drago in persona in questa epica rivisitazione del fantasy classico.

Elodie non ha mai desiderato un palazzo sfarzoso o un principe affascinante. Cresciuta nel reame di Inophe, tra carestie e difficoltà, il suo più profondo desiderio è di aiutare il suo popolo a sopravvivere agli inverni. Quindi quando un delegato di un regno ricco e misteriosamente chiuso al resto del mondo arriva con un’offerta di ricchezze sufficienti a salvare Inophe in cambio del suo matrimonio, accetta senza alcuna esitazione. Nello scintillio della sua nuova casa, Aurea, Elodie è rapita dalla bellezza del reame – e da quella del suo promesso sposo, il principe Henry. Ma non appena hanno inizio i rituali per diventare principessa, il dubbio che non tutto sia perfetto come sembra s’insinua nella sua mente, e le prime crepe sull’apparentemente perfetta superficie cominciano a mostrarsi: una giovane donna scompare dalla torre del castello improvvisamente. Una parata di fiaccole si fa strada attraverso le montagne. Compaiono segni lasciati da una misteriosa “V”. Troppo tardi, Elodie scopre che la prosperità di Aurea è stata acquistata a un costo altissimo: ogni stagione del raccolto, il regno sacrifica le sue principesse a un drago affamato. E Elodie è la prossima. Ma le centinaia di donne che nei secoli hanno preceduto Elodie, non sono morte senza combattere. Il loro sangue pulsa di potere e memoria e la loro esperienza è la chiave per la sopravvivenza di Elodie. Costretta a combattere per la vita, questa damigella dovrà usare la sua intelligenza per sconfiggere un drago, scoprire il passato di Aurea e salvare non solo se stessa, ma anche il futuro del suo nuovo regno. 




Partiamo dal presupposto che questo romanzo è stato pensato per un pubblico sui 10 anni di età. 
Non può essere complesso, articolato, come lo sarebbe se fosse stato pensato e scritto per adulti (cosa che sarebbe stata una figata atomica! Seppur trasporre una storia del genere in modo credibile e interessante per un pubblico di mangiatori di Dark Fantasy sia estremamente difficile, perché è vero: siamo dei rompiballe assurdi. Ma divago al solito...).
In sostanza, va approcciato tenendo a mente il target di riferimento. 

Altro presupposto importantissimo: non è stato scritto prima il libro. 
Anzi, è stato commissionato dopo aver scritto la bozza della sceneggiatura.
Due opere quasi in parallelo, che però prendono due strade molto diverse. 
Eh, si, il libro avendo più dettagli è migliore. Ma dipende tutto dallo scopo finale, dalla storia che si vuole raccontare. 
Se era la medesima: libro vince. Punto. 

Come cavolo sono finita a legger un libro per ragazzi? 
O comunque qualcosa che all'apparenza sembrava aver tutte le carte per esser l'ennesima cavolata?
Un suggerimento di una persona che seguo e di cui apprezzo molto le opinioni: conoscendo i suoi gusti (ed i miei), anche solo qualche accenno mi ha fatto decidere di provare. 
Sto parlando di Francesca de La Biblioteca di Zosma (qui trovate la sua opinione che comunque vi consiglio di leggere)

Prima ho guardato il film su Netflix (sempre tenendo a mente che non è rivolto a me, millenial dai gusti fantasy molto particolari e dalla critica feroce). Non mi è dispiaciuto. Ma ne parleremo dopo. 
Così mi sono lanciata direttamente sul libro che ho divorato in poche orette. Cosa che, ammetto, mi mancava fare da parecchio. Certo, lo stile semplice dell'autrice aiuta moltissimo lo scorrere delle pagine. 
Non sono un esperta, ho sentito molti lamentarsi dello stile, di lacune in tal senso. 
Io, non essendo minimamente in grado di analizzare in tal senso un qualsiasi testo, mi baso sul mio gusto: scrittura semplice, scorrevole, senza fronzoli e senza appesantire con dettagli magari di troppo. 
Forse complice il fatto di aver già visto il film e avendo già in mente qualcosa, non mi sono accorta di mancanze. Non credo ma non sono stata così attenta da poter metter la mano sul fuoco. 
Mi sono goduta la lettura lasciandomi trascinare.

La storia non è quella che viene raccontata "la damigella in pericolo che si salva da sola".
Non è un romanzo femminista che ribalta le carta in tavola. 
Stendiamo un velo su questo tipo di narrazione, perché porta il pubblico ad immaginare qualcosa che non troverà, a farsi aspettative che sicuramente lo deluderanno (o lo porteranno ad odiare il prodotto prima ancora di aprire la prima pagina o guardare due minuti di film, solo perché c'è la parola "femminista"). 
Non è il primo che ribalta le carte. 
Non è speciale. 
MA porta dei dettagli molto interessanti che raccontano elementi del femminismo che la maggior parte della gente non vede/vuole vedere. Si trovano principalmente nel romanzo, sono più evidenti, seppur anche nella pellicola compaiano ma restano marginali. Si ha più la presenza della protagonista e quello che fa per salvarsi, perdendo un po' questo "dettaglio" estremamente bello. 

La storia in breve: Elodie è una ragazza di vent'anni, cresciuta a Inophe dove non è mai stata una principessa tradizionale, probabilmente anche per la mancanza prematura della madre, si è data da fare per aiutare il padre col popolo (andando anche di casa in casa per capire le varie esigenze), seguendo l'economia (riscossioni, pagamenti,..), il commercio al porto, e molto altro. 
Ciò ha coltivato al sua curiosità e lo spirito avventuroso. Infatti è sempre stata molto intelligente, ha sempre imparato le lingue per poter comunicare con qualunque nave. Non ha mai avuto paura di sporcarsi le mani, da quando era piccola giocando ed arrampicandosi ovunque, al cavalcare e molto molto altro. 
Il tutto aiutando a crescere la sorellina Floria insieme alla matrigna Lucinda, prima loro governante.

Il regno è allo stremo, a "salvarli" arriva la conferma di un matrimonio combinato fra Elodie e il figlio del regno di Aurea. Per dovere Elodie accetta e si troveranno catapultati in un luogo dalle ricchezze sfarzose ed immense. E sebbene doveva esser un matrimonio di dovere, Elodie si ritrova a provare qualcosa per il principe Henry. Ma la notte delle nozze scopre la verità ed il prezzo che dovrà pagare per l'aiuto alla sua terra, ovvero diventare un sacrificio. 

Si, la nostra Elodie (voce narrante di un 90% del romanzo) si trova a dover sopravvivere, ma non è sola. Avrà dalla sua parte ciò che le altre principesse si sono lasciate alle spalle per aiutare chiunque fosse arrivata dopo, per non lasciarle sole e dar elementi in modo che qualcuna possa scappare da quel destino che non avevano scelto. Una sorellanza incredibile che davanti alla prospettiva di morte certa non si arrende, non diventa egoista, mette la propria conoscenza a disposizione per le prossime. 
Ma oltre le tracce fisiche lasciate impresse nella roccia c'è anche un elemento magico, ovvero il sangue. 
Sangue che se toccato permette ad Elodie di apprendere di più da queste giovani donne, intrappolate in quel labirinto come lei. 
Questo elemento stride un poco, perché non è molto chiara la spiegazione di questo "potere". 
Viene data una motivazione, ma non ha senso con altri elementi accaduti precedentemente. 
Quindi bella idea, ma realizzazione confusa. 

E sempre sul tema della sorellanza, abbiamo anche esempi più "vivi", come il rapporto con la sorella Floria, ma soprattutto il rapporto con la matrigna Lucinda, che viene rappresentata dalle due ragazze come una figura fredda, distaccata, molto rigida, ma che grazie alle sue apparizioni (seppur sporadiche) farà capire in quanti modi diversi si può dimostrare amore. 

Altro "dettaglio" che rende molto di più nel libro è la famiglia reale ed il suo ruolo in tutto questo, poiché capiamo cosa comporti il peso di questa tradizione, sia in senso negativo che positivo. 
Poiché scopriamo che qualcuno non regge a tutto ciò e "scappa" dai doveri. Altri invece restano e portano avanti, con una freddezza allucinante. 
Nessuno giustifica nulla, anche perché resta il fatto che, credibile o meno, nessuno in 8 secoli ha mai messo in discussione nulla, da chi regna a chi vive sull'isola a chiunque negli altri regni attorno (3 donne l'anno sono tante).
Oltre il fatto che nel libro non si parla di principesse, ma sangue reale
Quindi il fatto che la famiglia reale ha avuto, come fosse una maledizione, solo figli maschi dal giorno del patto rende evidente quanto abbiano scelto di interpretare questo sacrificio a proprio vantaggio. 
Potrebbe esser stato scelto e mandato avanti sfruttando il primo sacrificio, ovvero le prime tre principesse che furono mandate dal drago, fra cui la più grande Victoria (nel film questo dettaglio manca ed è fondamentale, perché durante la lettura apprendiamo molto a riguardo di cosa accadde agli inizi di tutto). 

Un elemento GENIALE è la lingua del drago. 
Una lingua creata dalla figlia della scrittrice che ha tredici anni!
Lingua con regole grammaticali, parole, verbi,...insomma, tanta tanta stima. 
Il tutto presente alla fine del libro, con spiegazioni di come andrebbe parlata. 

Nel libro Elodie si mette a decifrarla per poter capire il suo nemico. Come le precedenti principesse segna tutto su una parete e lentamente riesce a tradurre (grazie anche al fatto che il drago le traduce ogni frase per farsi comprendere, e mettere terrore mentre gioca con la sua preda). 

Insomma dovrà darsi da fare fisicamente e mentalmente per uscire dal labirinto in cui è prigioniera, sfuggendo al drago che la insegue, le tende agguati e gioca con lei. 

Ho letto lamentele sul fatto che una principessa non possa fare certe cose (arrampicarsi, correre, avere quella resistenza), ma già da subito viene messo in chiaro che lei è allenata. Non sta ferma, non si occupa di documenti dietro una scrivania, è molto attiva fisicamente. Quindi può (magari non come nel film, alcune scene sono effettivamente un tantino troppo).

Tutto sommato la storia regge, è dinamica, abbastanza originale, ti tiene incollato alle pagine. 
Ovviamente si sa come può concludersi, ma non al 100% ed è qui che la curiosità fa restare fino alla fine della storia. 

Nel finale però un elemento mi ha fatto storcere parecchio il naso. Molto forzato e senza spiegazione, mi sto ancora domandando il perché. Tutto il resto invece resta coerente con quello che avevamo letto precedentemente e chiude la storia in modo interessante. 

Si, ci sono elementi che ricordano (soprattutto nella pellicola) Game of Thrones, Frozen, oltre che richiami a favole, storie simili. 
Si, ci sono anche parecchie lacune. 
Si, ci si possono fare domande logiche che non hanno una risposta.
Infatti questo (ultimo punto in particolare) mi ha fatto abbassare la sua valutazione generale. 
Dovrebbe esser letto dal "suo" pubblico e lì capire effettivamente se apprezzato o meno. 

Poteva essere migliore? Probabilmente. 
Per me comunque è stato molto piacevole da leggere, riesce a dare spunti di riflessione mentre intrattiene il lettore, regalando elementi non così banali su cui si può creare discussione. 
Io spero di aver dato un pochino di chiarezza riguardo cosa si può trovare fra queste pagine, rispetto alla sua pubblicità, e quali elementi potrebbero esser apprezzati oppure portare al non apprezzare questa lettura. Si può passare oltre a certe cose, certo, dipende sempre cosa sta cercando il lettore. 
Questo è fondamentale. 


Se vi interessa un paragone (con Spoiler) fra libro e film fatemelo sapere, che ne approfitto subito che li ho piuttosto chiari in mente. 

La migrazione annuale delle nuvole, di Mohamed Premee [Instagram Post]

 


Opinione: La migrazione annuale delle nuvole, di Mohamed Premee


Dopo una serie di catastrofi climatiche, il mondo non è più quello di una volta: il cibo scarseggia, l’industria si è estinta e i disastri ambientali hanno lasciato poco dietro di sé. Poi sono arrivati i Cad, misteriosi funghi che alterano la mente e invadono i corpi degli ultimi umani rimasti, ormai dispersi. A Reid, una giovane donna infestata da questo parassita, è stata data la possibilità di fuggire, di trasferirsi in uno degli ultimi avamposti della società pre-catastrofe, ma non riesce ad abbandonare sua madre e la comunità che conta su di lei. Quando le viene proposto di prendere parte a una missione pericolosa ma redditizia, che potrebbe assicurare alla sua famiglia una vita dignitosa, accetta senza esitare. Ma come può Reid chiedere agli altri di riporre la propria fiducia in lei, quando non riesce a fidarsi nemmeno della sua stessa mente? ? In questa novella hopepunk, prima di una serie, Premee Mohamed si sofferma sul significato di comunità e su cosa dobbiamo a chi ci ha cresciuto. 




Parliamone subito o al solito passano mesi e mesi (o addirittura di alcuni titoli finisce che non ne parlo mai).

Un libro piccino ma particolare, che mi ha incuriosito molto per gli elementi fantascientifici che contiene ma che alcuni fra questi non sono propriamente fondamentali per la trama. Sono particolari, interessanti, ben delineati, ma togliendoli si sarebbe comunque avuta una storia quasi identica.

Andiamo con calma.
Ci troviamo in un mondo sopravvissuto dopo un disastro non ben specificato. 
La gente per sopravvivere si è riunita in pochissimi luoghi e ha smesso di muoversi, chi lo fa viene spesso tacciato come un reietto. In questo caso siamo dentro una vecchia università dove la nonna della nostra protagonista andò per trovare rifugio e negli anni si trasformò in una enorme casa per la comunità sopravvissuta. La gente sopravvive giorno dopo giorno dopo aver sviluppato una codipendenza ai limiti di ciò che oggi sarebbe accettabile, anche per la salute psicofisica: tutti sanno tutto di tutti, ognuno deve fare ciò che viene chiesto senza dire nulla, e ogni cosa si ripete stagione dopo stagione senza che nulla cambi mai. 

Ogni tanto ripensa (Reid) a quello che sapeva del vecchio mondo, trovandosi quasi a ridere davanti a certe abitudini che ora sembrano assurde. Come il riciclo della plastica, per esempio. Cosa che avrebbero dovuto fare, ma che ora li "salva" perché usano questa plastica per filare e utilizzarla.
Una vita intrappolata, senza rendersene conto, finché una lettera non le regala una scelta inaspettata. Un invito per studiare. Una cosa mai sentita, nonostante la loro maestra invii ogni anno candidature degli alunni. È stata scelta e ha poco tempo per decidere se partire (completamente sola verso un luogo che non conosce e forse non sa trovare) oppure restare e continuare la propria vita.

Nel giro di nulla tutti sanno della lettera e lei ci fa notare l'ipocrisia nascosta dietro ogni complimento, poiché se partisse tradirebbe la sua gente e toglierebbe loro una persona valida e in forma per affrontare ciò che verrà. In particolare sua madre, che mette in atto molteplici forme di manipolazione psicologica per obbligarla a restare con lei.

È quindi un romanzo di scelta, di crescita, dove Reid si trova a fare i conti con cosa vuole e cosa sarebbe meglio, per lei ma anche per gli altri. Facendo parte di una comunità del genere infatti non può fare a meno di pensare a tutti quelli che si lascerebbe indietro e cosa competerebbe la sua assenza. Ovviamente anche la malinconia, visto che essendo cresciuta con loro ne è anche molto affezionata. 
Un cambiamento assurdo.

E l'autore aggiunge un elemento fantascientifico: il CAD. Una malattia ereditaria, non si sa di che origine, che è parte dell'organismo e non può essere debellata. Una sorta di parassita senziente che può restare silente oppure esplodere per le ragioni più assurde, o per tentare di imporsi sul corpo che lo ospita. Qualcosa che anche Reid non comprende, nonostante ci conviva da una vita, ma che questa decisione le permetterà di iniziare a capire. Cosa vuole, cosa "pensa". Un parassita che potrebbe sconvolgerle e distruggerle la vita in un attimo, avendo controllo sui nervi e sul dolore. Molti si suicidano prima della fine, alcuni invece non sono così fortunati e la prospettiva di una morte del genere la atterrisce (giustamente) come non mai.

Molto ben ideata questa malattia, seppur non si sappia nulla non da l'idea di esser stata abbozzata, poiché seguiamo tutto tramite gli occhi di Reid e le sue conoscenze. Cosa che comunque la rende più sapiente di chi le sta intorno, poiché è tutto ancora un mistero. Insomma, al solito ho detto tutto e non ho detto nulla, ma ci sta: va scoperto e letto.

Un viaggio di pochi giorni che raccontano una vita, il quotidiano in questo mondo allo stremo, e questa decisione così importante da prendere per tante ragioni di diverse.

Una lettura molto piacevole e ricca di dettagli, da cui intuiamo quale possa esser la decisione finale ma fino all'ultimo restiamo del dubbio perché cambiamenti del genere sono molto pesanti e rischiosi, soprattutto in un luogo de genere.

Molto particolare e ben scritto. Non so se sarà un singolo che lascia un finale aperto o ce ne saranno altri. Lo si scoprirà nel tempo, ma per ora mi ritengo molto soddisfatta.  

I fiori di Yggdrasill, di Veronica De Simone, illustrazioni di Silvia Vanni [Instagram Post]



Opinione: I fiori di Yggdrasill, di Veronica De Simone, illustrazioni di Silvia Vanni


Dopo un incidente mortale, Alessandra salva la vita del suo compagno autorizzando il trasferimento della sua coscienza in un corpo artificiale. Per evitargli sofferenze, tiene la cosa segreta all’uomo. Presto però inizia a sospettare che anche il proprio corpo sia stato sostituito. Inizia a cercare prove dell’autenticità del suo corpo, ma un corpo sintetico è indistinguibile dall’originale. Alla fine qual è il valore di un corpo? Dove risiede l’identità? E cosa ne è dei corpi originari? I corpi “veri”. Il sentirsi estranea nel proprio corpo la farà precipitare in una spirale paranoica che la porterà a cercare risposte con ogni mezzo a sua disposizione. Un racconto dal ritmo vertiginoso che ci porta in un mondo poco distante dalla nostra realtà, per seguire il cortocircuito dei pensieri della protagonista. 



Ormai ho sbloccato la nuova ossessione per i racconti e questa collana, che però (almeno finora) mi ha regalato delle storie molto carine e piacevoli da leggere, unite a delle illustrazioni molto belle che adornano il racconto aggiungendo qualcosina in più che lo rende un gioiellino. 

In questa storia conosceremo Weth. In modo indiretto capiremo che è una giovane donna prossima alle nozze con Vidar, un ottimo cacciatore e un uomo dal cuore d'oro. 
Ci troviamo in un villaggio norreno, dove Odino, Freya, Hel,...possono essere pregati ed anche manifestarsi nella vita quotidiana. Un villaggio che noi definiremmo magico, poiché tutti hanno una pelle in cui possono trasformarsi, la maggior parte in lupi. Sarebbe un bel posto in cui vivere, se non fosse che Weth viene isolata e lei stessa accetta questa sorta di punizione per qualcosa che lei è, ma non ha mai scelto di essere: una draugr

Non voglio rivelarvi cosa voglia dire, il bello è seguire il viaggio che dovrà compiere Weth e scoprirlo pagina dopo pagina. 
Tornando alla trama, una sera il compagno la convince ad andare a caccia per farla stare meglio e non farla pensare al modo in cui gli altri la trattano ma lui, senza volerlo, trasgredisce una regola molto importante e rischia di morirne. 
Weth non si tira indietro quando scopre che c'è una possibilità di poterlo salvare e mette in gioco la sua vita per salvare entrambi. 

Un viaggio pericoloso e molto particolare, durante il quale dovrà confrontarsi con se stessa e il suo passato, facendo i conti con chi è davvero nel profondo. 
Una storia breve ma in cui c'è tutto. 

Una scrittura scorrevole, che ci racconta l'essenziale, che non si perde in descrizioni inutili. 
Dovremo cercare fra le pagine le risposte alle nostre domande, poiché non viene spiegato nulla, il tutto è ritenuto così normale e scontato che veniamo catapultati direttamente nella storia senza spiegazioni.
Personalmente non l'ho trovato fastidioso, anzi. Riusciamo a ricavare tutto quello che ci serve dalle pagine senza digressioni che allungherebbero il brodo senza averne proprio un motivo.
Se ne esce incantati. 

Città di Gatti, di Lao She [Instagram Post]



Opinione: Città di Gatti, di Lao She


Un pilota cinese, durante una manovra d'emergenza, approda su Marte, e scopre che il pianeta è abitato da uomini gatto. Accolto da uno di loro, chiamato Grande Scorpione, impara a parlarne la lingua e ne scopre via via usi e cultura, apprezzando gli effetti stupefacenti delle foglie di loto di cui si nutrono. Man mano che si addentra nella conoscenza della loro società, tuttavia, si accorge che quella a cui assiste è la fase finale di una civiltà in declino, ormai irrimediabilmente corrotta, soggiogata dagli stranieri, priva di valori morali. Scritto tra il 1932 e il 1933, Città di gatti è il primo romanzo di fantascienza della letteratura cinese e uno dei primi racconti distopici. Come una dozzina d'anni più tardi La fattoria degli animali di Orwell, anche Città di gatti adombra una feroce satira politica: del regime instaurato dal Partito nazionalista cinese di Chiang Kai-shek, oltre che della Russia sovietica e di un intero mondo in crisi. Convinto che «la satira deve in primo luogo rendere viva la favola sulla quale si appoggia», Lao She ci regala pagine illuminate da una brillante vena umoristica che diventa lucida capacità di penetrazione dell'anima e dell'evoluzione umane, al di là dei limiti nazionali e storici. 




Potevo non lasciarmi conquistare già da un titolo del genere? 
Il fatto che fosse un fantascientifico degli anni '30, ambientato su Marte, con autore e protagonista cinese non ha fatto che gasarmi.
Il problema è che non penso di averlo capito.

È un romanzo ricco di satira alla società e alla politica, ovviamente. 
Ma ci sono elementi, ripetizioni, che lo tirano da due lati senza completarne nessuno. 
Da una parte le descrizioni riguardo i gatti di Marte, l'ambientazione naturale e le città, alcuni dettagli, molto fantascientifici e divertenti a tratti; dall'altra discorsi molto ripetitivi per concetti che sanno di satira politica e sociale, ma che non sono riuscita appieno a collegare a ciò di cui voleva realmente parlare e cosa voleva dire.

La storia è abbastanza semplice, scritta senza troppi fronzoli, ma che nei dialoghi si incasina un sacco, anche per la scelta del linguaggio degli uomini gatto che comporta il ripetersi di tanti elementi.

Facciamo un passo indietro perché credo di stare per perdervi. 
L'ho ascoltato su Audible, senza prestare troppa attenzione anche perché, come dicevo poco sopra, certi dialoghi lo rendevano confuso, altri ripetitivo,...insomma un caos nel quale mi sono lasciata perdere del tutto per arrivare alla conclusione e sperare di capirci qualcosina almeno alla sua chiusura. 
Cosa che non è avvenuta. 
Proverò comunque a parlarvene un poco, iniziando dalla sua introduzione (copiata dall'estratto gratuito): 

L’astronave era in pezzi. Dell’amico che per oltre due settimane l’aveva guidata – un mio compagno d’infanzia – non restava intero neppure un osso! Ma io, ero vivo? Com’era possibile che non fossi morto? Lo sapevano gli dèi. Non era un problema di mia competenza. La nostra meta era Marte. Secondo i calcoli del mio defunto amico, prima del disastro eravamo entrati nell’atmosfera del pianeta. Allora, ero caduto su Marte? Se le cose stavano così, l’anima del mio amico poteva riposare in pace: il primo cinese su Marte si era guadagnato l’onore della morte! Ma in ultima analisi dove mi trovavo? Ero ridotto ad avere fede fosse Marte; era possibile anche che non lo fosse, dal momento che non ero in grado di verificarlo con prove certe. Naturale, con la scienza astronomica si sarebbe potuto determinare di quale corpo celeste si trattava; disgraziatamente le mie conoscenze di astronomia sono pari a quelle sui geroglifici egizi: ignoranza assoluta. Il mio amico avrebbe saputo illuminarmi, ma lui… Ah! Il mio amico, il mio caro compagno d’infanzia! L’astronave era in pezzi. Come tornare sulla Terra? Neppure pensarci! Mi restavano i vestiti che avevo addosso – stracci che pendevano come spinaci secchi – e un po’ di cibo conservato nello stomaco; non osavo pensare a come sarei sopravvissuto qui, per non parlare di progetti di ritorno! Non conoscevo la lingua, i luoghi mi erano ignoti, e infine su Marte c’erano animali simili agli uomini? Troppi problemi… Meglio non pensarci.

Il nostro protagonista è un uomo cinese che si è appena schiantato su Marte. 
Sappiamo che non era solo, che il suo compagno è morto e che era lui a sapere più cose. 
Non ha un nome. Non ha un età. Non ha conoscenza. 
Sono tante, troppe le cose che non ci vengono dette ma soprattutto che non possiede. 
"Come può essere su Marte?", pensavo mentre ascoltavo. Dovevo aver capito male. Invece, pagina dopo pagina (/minuto dopo minuto), mi rendevo conto che non era così. 
Un "dettaglio" estremamente fastidioso perché capisco il non volerlo caratterizzare come individuo (dargli un nome, un'età,...), ma rendere l'esperienza del viaggio su Marte così semplice da poterla permettere a chiunque ed allo stesso tempo mantenere segreta l'esistenza degli uomini gatto...diciamo che cozza parecchio, ecco. 

Veniamo quindi a queste creature, che incontra poco dopo lo schianto.
Vede avvicinarsi delle figure che sembrano umanoidi, per poi definirli (appunto) uomini gatto per una somiglianza con i nostri felini, seppur con alcune differenze. 
Viene rapito da questi e, tramite un viaggio parecchio strano, finisce per conoscere Grande Scorpione da cui imparerà la lingua (non verbale) che usano per comunicare, iniziando a comprendere come funziona la società in quel luogo e, in particolare, cosa voglia Grande Scorpione da lui.

Non scendo nei dettagli, un po' perché non li ricordo (e non vorrei dire cavolate), ma soprattutto non vorrei rovinarvi alcune sorprese. Effettivamente scoprire questa popolazione (i suoi usi, la lingua, l'ambientazione) è così particolare e originale da render molto interessante la lettura. Ma, eh si c'è un ma, certi dettagli esasperanti e molti dialoghi dal ritmo estremamente ripetitivo, ne fiaccano il ritmo. 

Alla fine di tutto ciò resta una sensazione strana. 
L'autore si sofferma tanto su alcuni aspetti, che tanti vengono completamente tralasciati. 
Il lettore viene così incuriosito da questi uomini gatto da restare incantato dai dettagli riguardanti la loro strana civiltà, ormai al declino più totale e prossima alla (auto)distruzione per scelte che sono state intraprese nel tempo e che nessuno ha il coraggio (o il potere) di cambiare. 
Ma resta tutto confuso. Almeno per un lettore (come me) che si aspetta una storia più lineare e, probabilmente, più semplice per riuscire a coglierne riferimenti satirici, che sicuramente permeano tutta la storia. 

Continuo a ripetermi che non l'ho capito, che forse dovevo leggerlo, che ha i suoi anni, che probabilmente mi mancano conoscenze, ma non lo so. 
Cercherò altre opinioni per chiarirmi la mente. 
Ci tenevo però prima a scriverne senza influenze esterne. 

Non so se anche voi ne siete stati incuriositi e vi siete lanciati a scoprirne la storia. 
Se lo avete fatto, sarei molto interessata a scambiare quattro chiacchiere. 

L'Intercessore, di May Sinclair [Instagram Post]

 


Opinione: L'intercessore, di May Sinclair



«Il corpo di Garvin si fece quieto. Egli era deliziosamente, delicatamente consapevole dell'approssimarsi del sonno, del sonno che entrava nelle sue vene, del sonno e del silenzio e dell'oblio che inondavano il suo cervello, il suo cuore, che lo sommergevano, o che lo stavano per sommergere quando, con una resistenza atrocemente vana e un certo disappunto, se ne ritrovò tratto fuori». "L'intercessore" (The Intercessor) è un'inquietante quanto ignota, almeno in Italia, storia di fantasmi di May Sinclair, in cui riecheggiano con una certa vividezza ambienti, personaggi e situazioni dei romanzi delle sorelle Brontë. Ma possiamo individuare anche l'influsso di un'opera che l'autrice considerava un capolavoro del genere, ossia Il giro di vite (1898) di Henry James. Per la prima volta in italiano una delle prime storie di fantasmi pubblicate da Sinclair, forse la più enigmatica e ben riuscita, in cui l'aspetto psicologico dei personaggi, la maternità e la sofferenza sono al centro di tutta la narrazione. Prima traduzione italiana. 




Mentre attendevo la pubblicazione de La Sposa Cadavere ho curiosato nel catalogo di Caravaggio Editore e visto questo: la copertina mi ha catturata immediatamente e la trama ancora di più. 
Resistere alla tentazione? Non sto giro.

Così mi sono trovata immersa fra le pagine di una storia davvero particolare e, nella sua brevità, molto corposa.

La nostra voce narrante è Garvin, un uomo che sta viaggiando per compiere ricerche per i Blackadder riguardo la loro Storia della Contea, e sta cercando un posto per alloggiare nel Craven (un distretto dello Yorkshire) con richieste molto specifiche: la casa doveva essere antica e non dovevano esserci bambini. 
Gli viene consigliato di andare dai Falshaw, una coppia sposata molto brusca ma che gli garantisce quello che cerca, fino a che la moglie non avrà partorito perlomeno. 

Durante la notte iniziano ad accadere cose strane che inizialmente lo turbano. 
Prima di tutto sente piangere una voce infantile. Sempre alla stessa ora nel cuore della notte. 
Ma è solo il principio. 

La cosa strana è che cercando risposte fra i membri della casa, non riceverà alcun chiarimento, sebbene il trattamento riservato diventerà più accomodante mano a mano che questi fenomeni diventano sempre più...vividi. Sembra come se il fatto di sentire e vedere certe cose renda meno ostica la sua presenza.
Garvin non si farà scoraggiare e continuerà a cercare le risposte per quelle stranezze, portandoci dentro una storia davvero triste e dolorosa che non può non colpire il lettore.

Come dicevo, in un centinaio di paginette il tutto si svolge e si chiude senza lasciare buchi, misteri insoluti, dubbi. Scorrendo fluidamente e lasciando un misto di sensazioni al lettore, fra dolcezza e tristezza. 

Posso capire che il costo è un po' caro, per un racconto così breve. Ne va tenuto conto, ovviamente. 
Ma se siete amanti del genere gotico, di presenze e storie tristi che si nascondono nell'ombra, potrebbe piacervi molto. Il libretto comunque è molto curato, ogni pagina ha una stampa che richiama un libro antico e rovinato dal tempo. In più è "unico", essendo stato tradotto solo da loro per la primissima volta.
Insomma, se vi incuriosisce, fatevi tentare. 

La sposa cadavere, di Friedrich August Schulze [Instagram Post]



Opinione: La sposa cadavere, di Friedrich August Schulze



"La sposa cadavere" è una spiazzante storia gotica costruita alla maniera delle scatole cinesi e si può leggere in lingua tedesca all'inizio del secondo volume del "Gespensterbuch" (1811) di Apel e Schulze. La presente edizione propone la traduzione del racconto dalla celebre e piuttosto fedele versione francese di Eyriès ("La Morte Fiancée", 1812) che fece conoscere la storia soprattutto in Gran Bretagna, come attestano le numerose versioni inglesi largamente rimaneggiate e pubblicate in quegli anni. Il volume presenta inoltre una sintesi particolareggiata della leggenda ebraica del XVI secolo dal titolo "Il dito", alla quale Tim Burton si è chiaramente ispirato nel suo adattamento cinematografico del 2005. 




Era più che ovvio che un titolo del genere avrebbe attirato immediatamente la mia attenzione e che non avrei resistito dal comprarlo immediatamente. 
So di aver atteso tanto a parlarne, ma...ormai mi conoscete. 

Sarò breve, anche perché ci troviamo davanti ad un piccolo libricino di poco più 100 paginette, a parlare troppo vi rovinerei la meraviglia della lettura. 

Ci troveremo a leggere una storia dalle radici intricate, infatti Enrico De Luca (che ha curato l'edizione e tradotto dal francese quest'opera) nell'introduzione ci fa una panoramica delle sue origini tedesche.
Eh si, sebbene gli autori e creatori fossero tedeschi, la sua traduzione fu quella più conosciuta e che portò per l'Europa questo racconto di inizio '800. 

Sempre De Luca in quelle prime pagine ci riassume brevemente una leggenda ebraica, chiamata "Il Dito". Una piccola chicca per gli amanti del genere e soprattutto per gli appassionati di Tim Burton che (come la sottoscritta) si sono lanciati su questo volumetto per il titolo che richiama una sua opera omonima. 
Seppur stesso titolo, non potrebbero essere più diverse. Infatti è lampante come la storia (ri)proposta da Burton abbia ispirazione da "Il Dito". Ovviamente la pellicola si stacca (con una meravigliosa critica sociale, che mescola vivi e morti in modo sublime), ma la base su cui poggia la storia è quella, non si scappa. 

Ma quindi "La Sposa Cadavere"? 
Merita la nostra attenzione ugualmente, non abbiate dubbi. 
Un racconto dalle tinte gotiche che si snoda come tanti altri simili di questo genere, portandoci in un racconto dentro il racconto: una compagnia di persone e fra queste una inizia a raccontare, ma dentro il suo racconto se ne nasconde un altro. 
Se fatta bene, non mi dispiace questa tecnica narrativa, che si sposa davvero bene con le storie di fantasmi di altre epoche, con stili lenti e intricati, che conducono il lettore a scoprire il segreto (perché c'è sempre almeno un segreto) pronto a rivelare la verità. 

Piacevole, anche se non troppo scorrevole. MA tenendo presente quando è stato scritto e cosa deve aver provocato ai tempi una narrazione del genere, trovo il tutto decisamente geniale. 

Mi stavo dimenticando un dettaglio essenziale. L'estetica. Si, devo quanto meno nominarla perché Caravaggio Editore ha fatto uno splendido lavoro, inserendo illustrazioni davvero molto belle che si sposano con la storia che si va a leggere. In più ogni pagina è ornata con una sorta di piccola cornice in alto e in basso. Forse superfluo, ma regala un tocco in più di eleganza al tutto. 
E il tutto senza spendere una cifra assurda, anzi. 

Come avrete capito, è un volumetto che consiglio di aver in libreria.

Gli Aghi D'Oro, di Michael McDowell [Instagram Post]



Opinione: Gli Aghi D'Oro, di Michael McDowell


Con Gli aghi d’oro, Neri Pozza prosegue l’operazione Biblioteca McDowell, che prevede la pubblicazione dei capolavori dell’autore di culto.

«Accattivante, terrificante e assolutamente geniale.. Chi ha letto gli altri libri di Michael McDowell amerà anche Gli aghi d’oro. È profondamente gratificante lasciarsi trasportare da un romanziere all’apice delle sue capacità». - Stephen King

«Gli aghi d’oro è uno di quei romanzi che devi solo divorare, uno di quei romanzi impossibili da lasciare andare che, una volta digeriti, ti lasciano il sapore delle potenti tematiche intrecciate a una storia impeccabile». - Mariana Enríquez

«Per coloro che amano le storie di vendetta e i racconti più dark dell'era vittoriana con un tocco alla Grand Guignol, Gli aghi d’oro si configura come una lettura imprescindibile.» - Matteo Rucco per Maremosso

Alla fine del xix secolo, convivono due mondi opposti. Da un lato, l’opulenza e lo splendore. Dall’altro, i peggiori vizi dell’uomo: alcol, denaro e sesso. È su questo confine, nel cuore del famigerato Triangolo Nero, che una ricca famiglia cerca di affermarsi pretendendo di liberare la città dalla corruzione. Gli Stallworth, guidati con pugno di ferro dal loro patriarca, l’influente e implacabile giudice James Stallworth, coadiuvato dal figlio Edward, predicatore dai sermoni incendiari, e dal genero Duncan Phair, giovane avvocato dalla carriera promettente, hanno un piano impeccabile: estirpare il male annientando una famiglia di corrotti e criminali: gli Shanks. 




Ero molto tentata e allo stesso tempo spaventata da questa stampa, nonostante avessi scelto di non leggere nemmeno la trama.
Mi ero fatta trascinare dalla saga Blackwater, scritta molto bene ma dalla storia che, ahimè, iniziava benissimo per poi andare sempre più in noia e un finale che purtroppo mi ha deluso molto.

Quindi, visto che la penna di McDowell mi piaceva comunque, ho aspettato (decisamente poco) prima di vederlo comparire su Storytel e ho iniziato ad ascoltarlo, per farmene un idea: fosse stato deludente non ci avrei speso soldi, altrimenti sarebbe stato un affarone scoprire qualcosa di interessante.
Vi anticipo che l'ho acquistato una volta finito.

La storia mi è piaciuta e, lo devo ammettere, sono stata vittima ancora del marketing. 
Vederlo vicino agli altri volumi dell'autore, con quello stile così particolare...ed il prezzo praticamente regalato se parliamo di un romanzo che si aggira sopra le 500 pagine (o almeno è così adesso...ma non divaghiamo!)

La trama parte raccontandoci un po', a frammenti, il capodanno 1882 a New York, spaccando la narrazione abilmente fra le principali classi sociali: ricchi e poveri. Si delinea già una differenza geografica e sociale molto ampia. 
Tutto questo per poi addentrarci a conoscere i protagonisti di questa vicenda. 

Inizialmente (come al solito mi capita) ho faticato molto nel distinguere e collocare le tante figure che appaiono e descritte in modo dinamico, senza fare diventare un elenco la loro presentazione Infatti per molti dovremo aspettare un attimino per scoprirne il passato, i legami familiari, e quindi aver più chiaro in mente l'albero genealogico.
Ma ci concentriamo su due famiglie: Stallworth e Shanks. 
Ovviamente agli antipodi.

Gli Stallworth fanno parte dell'aristocrazia e vantano una reputazione immacolata, con un giudice come capofamiglia, il genero avvocato che segue le orme paterne e il figlio pastore. Dal giudice parte l'idea di ripulire il Triangolo Nero, ovvero una delle zone più malfamate e pericolose della città. Non per bontà, ma per spazzare via quella gente, ritenuta indecente, e per fare una sorta di pubblicità alla famiglia, soprattutto al genero, cosicché possa assicurargli occasioni politiche di carriera molto proficue.

Dall'altra parte abbiamo le Shanks. Parlo al femminile perché si tratta principalmente di donne che hanno saputo creare la propria fortuna e una buona reputazione in quel luogo poco raccomandabile.
La capostipite è Lena, conosciuta come Black Lena, un immigrata tedesca che ha già avuto a che fare con gli Stallworth e non lo ha scordato. Gestisce una sorta di banco dei pegni, copertura per la ricettazione, ma pagando sempre il giusto si è fatta clienti fedeli ed affidabili, ed un nome rispettato da quella comunità. Ma non solo per questa ragione, sa sistemare gli affari non solo tramite il denaro. 
Altra figura importante, e che verrà presa di mira per il suo aiuto alle donne della zona, è una delle figlie di Lena, che si occupa di aborti in modo decisamente migliore rispetto a certi macellai in cui potrebbero finire queste poverette. Decotti o, alla peggio, operazioni che purtroppo non sempre riescono, ma c'è un rimedio a tutto. Non dimentichiamo dove vivono.

Da alcune indagini insieme ad un giornalista il genero del giudice inizia questa campagna di "informazione" riguardo il Triangolo Nero, spingendo la polizia ad indagare su crimini lasciati correre e spronandoli, grazie alle pressioni della gente perbene (ricca), ad arrestare chiunque si sia macchiato di qualche colpa in quella zona. Unite ai sermoni del figlio, contro l'immoralità di quei luoghi e della gente che vi abita, sembra tutto andare come aveva in progetto ma, si sa, anche ai piani migliori basta un imprevisto per rischiare di crollare miseramente. 

Ovviamente ci saranno segreti pronti a venire a galla, ci saranno inganni per riuscire a vincere (pro o contro quella zona), ed ovviamente ci sarà sangue. Gestito così bene il tutto che riesce a tener incollato il lettore fino alla fine per scoprire cosa accadrà ai vari personaggi. 

Rispetto alla saga Blackwater non ci troviamo ad aver a che fare con un romanzo in cui le donne gestiscono tutto e gli uomini fanno da corredo. C'è molta interazione, ma anche in questo caso si finisce per patteggiare per le donne (o almeno, per me è stato così). Sia per gli anni in cui è ambientato, che per le classi sociali, abbiamo attraverso i vari protagonisti frammenti di un mondo molto realistico; da una parte ricco, superbo, "migliore" che non vede l'ora di schiacciare quelli che ritengono parassiti e spazzarli via; dall'altra chi è cresciuto dovendo sopravvivere a tutti i costi, usando furbizia, intelligenza ma anche violenza spietata all'occorrenza. Da un lato gli uomini comandano, dall'altro le donne. Si, per necessità, non essendoci uomini nella loro vita, ma hanno saputo crearsi rispetto/paura anche nelle figure maschili della zona. 
Potere femminile (credo) molto caro all'autore, visto che era il fulcro della saga che citavo prima. 

Insomma, più di cinquecento paginette che volano, trasportandoci in una New York molto movimentata, passando dalle case più eleganti e dai comportamenti che richiedono un etichetta ferrea; ai bordelli, alle case da gioco e le strade in cui anche i nobili passeggiano per interessi non proprio limpidi. 
Personaggi caratterizzati molto bene, che rispecchiano quel tempo e sanno dare un idea di come doveva essere viverci. Non ho la più pallida idea quanto sia storicamente accurato, ma se non si cercano questi dettagli, ci si fa trasportate molto volentieri da questo romanzo e ciò che ci narra. 

Personalmente mi è piaciuto molto e sono curiosa di scoprire quali altri suoi romanzi potrebbero arrivare grazie alla Neri Pozza. 

Il Richiamo Della Foresta, di Jack London [Instagram Post]



Opinione: Il Richiamo Della Foresta, di Jack London


«Ma Buck non era un cane casalingo, e neppure un cane da canile; suo era l'intero regno.»

Sullo sfondo del Grande Nord americano, al tempo della leggendaria corsa all'oro, il cane Buck, sottratto alla fattoria del giudice Miller, è costretto a piegarsi alla legge primitiva e violenta dei cercatori che lo mettono al traino delle slitte. Sopraffatto dagli stenti e dalla fatica si risveglia in lui sempre piú forte un istinto atavico che lo spinge verso la foresta e la vita selvaggia strappandogli l'inarticolato grido della lotta per l'esistenza.  




Ci penso, ci penso, e ci ripenso.
Già parlare di romanzi che mi sono piaciuti mi è difficile. Con London è atroce. 
Impossibile darvi un idea della sua bravura nel descrivere. Dagli ambienti selvaggi, così vividi nella loro rappresentazione nel farti sentire la neve che ti cade attorno e il profumo della natura.
La vita di un cane vista attraverso i suoi occhi, i suoi sensi, i suoi pensieri, mescolata abilmente con quella degli umani che incroceranno il suo percorso. 
Da quelli gentili, a quelli spietati, quelli stupidi e quelli generosi. 
Un crescendo in cui Buck dovrà imparare a sopravvivere scoprendo, anche a caro prezzo, le leggi non scritte della sua specie che gli permetteranno di superare giornate di lavoro impegnative e notti gelide all'aperto, con pasti miseri al sostentamento. 

Un libro doloroso che spacca il cuore spesso, alternandolo a capitoli in cui te lo gonfia. 
Un'altalena di emozioni estenuante ma straordinaria. 
Se lo iniziate, portatelo a termine, non abbandonatelo nei momenti più dolorosi, questo è l'unico consiglio che mi sento di darvi. 
Anzi, no, ci ho ripensato. 
C'è un altro consiglio spassionato che mi sento di dare: iniziate a leggere i romanzi di London. 
Senza troppi "se": quando sentite un minimo di curiosità e/o attrattiva, lanciatevi fra le pagine di un suo romanzo.