Opinione: Preparare un Fuoco, di Jack London
Nel profondo Nord, a sessanta gradi sotto zero, per sopravvivere un uomo deve saper preparare un fuoco. E quando ci sono sessanta gradi sotto zero, un uomo non può permettersi di fallire e far spegnere il fuoco, nemmeno al primo tentativo. E se il fuoco si spegne, un uomo ha solo pochi minuti per rimediare. Nel profondo Nord, a sessanta gradi sotto zero, non si sfida la natura. O le conseguenze saranno rapide e definitive.
Lo so, ho tantissimo altro di cui dovrei parlarvi, ma questo breve racconto è di un intensità che mi ha folgorato e ho dovuto buttare giù due righe subito, perché ne devo parlare.
(Si, sarà pubblicata con tantissimo ritardo, rispetto alla sua scrittura, e me ne scuso).
London è straordinario.
Ho letto ancora troppo poco dei suoi romanzi, ma lo stile mi piace molto.
Piano piano recupererò tutto e trovare (tramite Kindle Unlimited) questo breve racconto, mentre non avevo altro dietro da leggere, mi ci ha fatto lanciare.
Non mi sarei però immaginata di precipitare in mezzo ad un ambientazione così formidabile descritta in maniera così intensa da fare sentire il lettore immerso nella fredda morsa del gelo, fra neve altissima, vento gelido costante, un cielo limpido e traditore senza sole, seguendo il percorso di un uomo e il suo lupo.
Un uomo stupido, giovane, che nel suo egocentrismo non ascolta i consigli di chi vive in quelle regioni assolutamente inospitali, il cui gelo si aggira intorno ai -45°, ma può velocemente arrivare sotto i -60°; dove due regole sono fondamentali per sopravvivere: non viaggiare mai da soli, ma soprattutto saper accendere un fuoco ad ogni costo.
Una storia intensa, che ti tiene incollato, pagina dopo pagina; che fa sperimentare sensazioni che abbiamo provato solo il maniera estremamente lieve (riguardo il freddo), ma che possiamo immaginare grazie alla magistrale penna di London.
Un viaggio in un luogo dannatamente estremo e bellissimo allo stesso tempo per la sua aura di magia da incontaminazione.
So che forse sarebbe più invernale che da Spookie Season (già, l'ho letto nel periodo di Halloween), ma c'è dentro un sentimento di paura, orrore, legato alla sopravvivenza, che potrebbe essere perfetto anche per regalar brividi (in ogni senso) anche in questo periodo.
Opinione: Imago Mortis, di Samuel Marolla
Milano, 2013. Augusto Ghites è un medium con un incredibile potere: entra in contatto con gli spiriti dei defunti solo sniffando o fumando le loro ceneri, come se si trattasse di una droga qualsiasi. Questa terribile dote, a metà fra la maledizione e la tossicodipendenza, fa di lui un uomo solitario, malinconico, ostaggio del proprio vizio segreto, e circondato solo da gente morta. Quando un'anziana ex prostituta gli chiede di aiutarla a scoprire l'assassino che nel 1953 uccise diverse sue colleghe, inizia per Ghites la discesa in un girone infernale di cimiteri, ex case chiuse, battone ottuagenarie, circhi malfamati, periferie invase da scorie chimiche e balordi di ogni risma, sullo sfondo di una Milano pre-Expo schizofrenica, spietata, preda degli istinti più bassi e del motto segreto che regola la vita dei suoi cittadini: homo sine pecunia est imago mortis, l'uomo senza denaro è l'immagine della morte. "La potenza narrativa messa in campo dall'autore è devastante" - Nella mente di Redrum. "Ricorda i trip di un Burroughs in pieno delirio creativo" - Taccuini da Altri Mondi. "Come mi fa spaventare e inquietare Marolla, non ci riesce nessuno" - Il Viagra della Mente. "Questa novel è un acquisto obbligatorio" - Plutonia Experiment. "Ho letto una cosa strafiga, un tipo che sniffa la cenere dei morti si muove in una Milano più nera e cupa della polvere che inala. Uno spettacolo." - Letteratura Horror.
"...io ho poche regole, e non ammetto eccezioni.
Lavoro solo su casi riguardanti persone decedute.
Non lavoro sui vivi.
Non cerco persone scomparse.
Non mi occupo di criminalità organizzata.
Faccio ancora per lei?"
Ci troviamo in una Milano descritta nei suoi dettagli peggiori, un luogo che appare quasi parte di una distopia talmente risulta un luogo oscuro, malato, preda di persone che vogliono spiccare usando i vizi peggiori. Ed è ovviamente il denaro che comanda, che gestisce tutto e cambia le carte in tavola a proprio piacimento. Ambientato nel 2013, un dettaglio particolare e molto interessante, perché l'autore ha poi inserito fatti di cronaca vera fra le pagine, dando maggiore spessore a questa Milano e sbloccandoci dei ricordi che uniti al tutto riescono a farci percepire la città come viene vista dal protagonista.
Ghites è un investigatore privato. Uno particolare. Anzi, direi unico nel suo genere. Si occupa di persone decetute e basta. Il perché di questa "scelta" è insito nel suo potere: può rievocare la persona tramite le sue ceneri. Gli basta sniffarle, fumarle o iniettarsele in vena. Si, come una droga. E come quest'ultima ne ha sviluppato una sorta di dipendenza da cui ormai sa di non poter scappare.
Durante una giornata qualsiasi viene a chiedere i suoi servizi una ex prostituta per scoprire chi ha ucciso una sua amica nel 1953. Inizia un indagine che mescola realtà e memorie dall'occulto, fra piste che sembrano ormai fredde andando a ripescare chi l'aveva conosciuta fra le case chiuse in cui lavorava e un manicomio in cui tentarono di rinchiuderla più volte. Mescolando personaggi "poco raccomandabili" che, per motivi diversi, gli danno la caccia oppure dovrebbero essere i suoi testimoni.
Non sarà certo facile, sarebbe comodo chiudere tutto e sparire. Ma Ghites non lo fa. Per se stesso (dopo che sono successe alcune cosette), ma anche per la Nanà, una sorta di giustizia, anche se in misura minore. Resta un protagonista egoista, cinico, furbo e vendicativo. Con una scimmia sul groppo e un "amico" molto famoso di cui è riuscito a farsi avere le ceneri, che lo accompagna quando decide di farsi qualche trip mentre "lavora" (si intuisce chi sia, ma ho comunque googlato per averne certezza. Scelta molto originale!).
Dunque, la trama più o meno è questa, senza Spoiler ovviamente. Sicuramente non è per tutti, ci sono TW grossi come una casa (omicidio, violenza, droga,...come avrete già intuito).
In particolare si arriva a dettagli non morbosamente macabri, ma comunque riguardanti la Nanà nei suoi ultimi istanti di vita, e non solo, che sono davvero per pochi. Se amate il genere come me, un po' turbano ma gli danno un tocco di orrore e splatter ben fatto, che (finalmente mi) da qualche brivido alla spina dorsale.
Una scrittura che si disperde moltissimo riguardo la descrizione di questa Milano, attraverso lo sguardo cinico, disilluso e misantrico del protagonista, verso la città in sé e un po' tutti coloro che vi abitano.
Una critica non troppo velata al capitalismo che ne regna sovrano, e non solo.
Ahimè, io non vado a nozze con queste cose, quindi mi hanno appesantito queste parti. Peccato.
Il resto mi ha affascinato. È difficile entrare nella storia, si subiscono degli scossoni, ma se ti cattura arrivi alla fine per trovare soluzione al mistero della povera Nanà e altre domande che spuntano fra le pagine.
Un modo di raccontare davvero particolare, strano ma che non mi è dispiaciuto. Breve, ma essenziale per questa prima indagine. Dal finale si preannuncia che qualcos'altro potrebbe ancora arrivare, ma non si sa ancora nulla.
Se cercate qualcosa di fuori, ma proprio fuori totalmente, originale, senza filtri,...potrebbe piacervi.
Oltre consigliarvi di leggere le prime pagine digitalmente gratis (per farvi un idea senza pagare), il libro è anche su Audible, che mi ha salvato aiutandomi ad andare avanti quando tempo per leggere non ne avevo.
homo sine pecunia est imago mortis, l'uomo senza denaro è l'immagine della morte.
Opinione: Seidmadur. Lo Sciamano, di Maddalena Marcarini
Erlen è una giovane donna erosa da un passato che rinnega ogni giorno, ma che le è impossibile dimenticare. La necessità di fare i conti con se stessa la spinge sin nella remota Islanda, terra natale di una madre che ha perso da tempo, e al casuale incontro con Óttar, un bizzarro sessantenne dalle credenze quantomeno insolite. La ragazza si ritroverà così, suo malgrado, a deviare da una strada che pareva già segnata e a dare la caccia a qualcosa che mai avrebbe immaginato potesse esistere. Qualcosa di orribile e che ogni giorno diventa sempre più potente, sino a trasformare quel placido angolo di mondo in un girone di dolore e morte. Dalle strade silenziose dell’austera Reykjavík, fino alla natura più selvaggia con i suoi campi di lava, spiagge nere e leggende dimenticate, Erlen verrà trascinata in un serrato inseguimento in cui vecchi fantasmi si sovrappongono a una miriade di spaventosi sogni a occhi aperti. Un incubo che potrebbe riportarla proprio al cuore di ciò da cui ha sempre cercato di scappare.
Sì, si parla di ottobre e siamo a dicembre. La domanda spontanea è: ma perché aspettare tanto?
Perché semplicemente non so parlare dei libri che mi sono piaciuti!
Ora però voglio(/devo) almeno provarci.
Partiamo dal facile, la trama.
Ci troviamo in Islanda dove la protagonista, una giovane donna che si sente distrutta dalla vita, decide di tornare per riscoprire la terra natia della madre e, beh, farla finita. Avrebbe avuto anche successo se non fosse per Ottar che la salva e vede qualcosa in lei, decidendo di coinvolgerla nel suo "lavoro" e farla diventare la sua apprendista. Ottar è uno strano, bizzarro e simpatico sessantenne, che riesce a metter curiosità a Erlen e farle aspettare un po' prima di farle ripetere quel gesto, almeno per qualche tempo. Così gli promette, mentre non ha idea in che cosa si sta andando a cacciare e che la porterà a vedere il suo passato con occhi molto diversi, comprendendo qualcosa di cui a madre non le aveva mai accennato.
Ci muoviamo in una terra magica, in una stagione fredda, fra cittadine e luoghi sperduti in mezzo alla natura. Un mondo, quello dove finirà Erlen, che si muove fra sogno ed incubo, mescolando abilmente la realtà a qualcosa di razionalmente impossibile. Ottar, come dice anche il titolo, è uno sciamano. Ed Erlen si troverò a fare i conti con questo fatto, prima con occhi scettici e spaventati, ma comprendendo sempre di più questa "magia" (sicuramente c'è un termine più appropriato, ma ora non mi viene) e il ruolo che il suo nuovo amico e mentore ricopre. Ovviamente non è il solo, ma lo scoprirete leggendo.
Un viaggio che si muove fra passato e presente, portando Erlen ad affrontare cose di cui non avrebbe mai immaginato l'esistenza, ma forse in maniera più dolorosa sarà il rivivere la sua infanzia con la madre e dover affrontare i suoi demoni personali, che l'avevano spinta fino alla scogliera.
Un romanzo estremamente scorrevole, che mi ha stregato dalle prime pagine.
Una storia che affronta tematiche spesso abusate in questi generi, ma in modo nuovo, interessante, permettendo al lettore di scoprire tradizioni di altri paesi, unendole ad una storia che lega il tutto in modo da trascinare il lettore fino alla fine.
Un ottimo modo per inaugurare una nuova collana, che spero di regali altri romanzi del genere.
Ovviamente, anche di quest'autrice!
Opinione: Brucia La Notte, di Tiffany Vecchietti e Michela Monti
Due ragazze alla ricerca della libertà, della loro identità e del loro posto in un mondo cieco e feroce.
Questa è la scritta che può leggere chiunque si avvicini all'Area di Comando del Campo di Raccolta dove sono rinchiuse Ani e Bianca. Qualcuno, sotto queste due laconiche frasi, ne ha incisa una terza: Noi siamo nessuno . Perché le Raccoglitrici di sale, che qui si fanno prosciugare il corpo e l'anima per ottenere l'oro bianco, l'unica risorsa energetica rimasta in un pianeta ormai depredato ed esausto, sono proprio questo, nessuno , per chi governa il Campo e il Paese. Semplici mattoni, tutti uguali, che una volta rotti possono essere sostituiti senza battere ciglio. Mattoni di un'utopia cieca e feroce, nel nome della quale si sprecano vite, si esercita quotidianamente la violenza e si esaltano egoismo e apparenza. Ma questo Ani e Bi lo hanno capito fin dal loro arrivo, molti anni prima. Entrambe, ancora adolescenti, sono state portate lì con la forza, come tante altre prima di loro, perché considerate elementi pericolosi per la società. Ormai cresciute e diventate l'una il punto fermo dell'altra, sono determinate a fuggire da quel luogo abominevole, che le donne le prende, le mastica e le sputa. Dentro di loro, ragazze diversissime, una che sorride poco e ragiona forse troppo, l'altra esuberante e sfacciata, ma di certo non stupida, si alimenta silenzioso un fuoco che attende solo di divampare e travolgere tutto il marcio che le circonda. Quando accadrà, il mondo che troveranno fuori sarà molto diverso da come si aspettano, deludente e sorprendente allo stesso tempo. Ma in quel mondo dovranno sforzarsi di costruire il loro posto, ricucire le ferite del passato, lottare per la libertà delle compagne ancora recluse insieme a chi, fuori dal Campo, ancora resiste, e abbracciare finalmente ciò che sono davvero.
Questa è la scritta che può leggere chiunque si avvicini all'Area di Comando del Campo di Raccolta dove sono rinchiuse Ani e Bianca. Qualcuno, sotto queste due laconiche frasi, ne ha incisa una terza: Noi siamo nessuno . Perché le Raccoglitrici di sale, che qui si fanno prosciugare il corpo e l'anima per ottenere l'oro bianco, l'unica risorsa energetica rimasta in un pianeta ormai depredato ed esausto, sono proprio questo, nessuno , per chi governa il Campo e il Paese. Semplici mattoni, tutti uguali, che una volta rotti possono essere sostituiti senza battere ciglio. Mattoni di un'utopia cieca e feroce, nel nome della quale si sprecano vite, si esercita quotidianamente la violenza e si esaltano egoismo e apparenza. Ma questo Ani e Bi lo hanno capito fin dal loro arrivo, molti anni prima. Entrambe, ancora adolescenti, sono state portate lì con la forza, come tante altre prima di loro, perché considerate elementi pericolosi per la società. Ormai cresciute e diventate l'una il punto fermo dell'altra, sono determinate a fuggire da quel luogo abominevole, che le donne le prende, le mastica e le sputa. Dentro di loro, ragazze diversissime, una che sorride poco e ragiona forse troppo, l'altra esuberante e sfacciata, ma di certo non stupida, si alimenta silenzioso un fuoco che attende solo di divampare e travolgere tutto il marcio che le circonda. Quando accadrà, il mondo che troveranno fuori sarà molto diverso da come si aspettano, deludente e sorprendente allo stesso tempo. Ma in quel mondo dovranno sforzarsi di costruire il loro posto, ricucire le ferite del passato, lottare per la libertà delle compagne ancora recluse insieme a chi, fuori dal Campo, ancora resiste, e abbracciare finalmente ciò che sono davvero.
Prima di tutto, non mi è piaciuto.
Sarà una recensione probabilmente cattiva, perché parlare di cosa non piace è qualcosa di "cattivo" e io non so trattenermi ne addolcire troppo la pillola.
Ribadiamolo: parlo del libro e dei suoi contenuti, analizzo questi in base ai miei gusti personali; quindi: vi è piaciuto? Ottimo! Ma non rompete, la libertà di opinione è legittima (finché non so scende in insulti personali, e non sono così carogna).
Se non lo avete letto e se il romanzo può interessarvi, per ora magari non leggete e tornate dopo averlo chiuso. Un confronto si fa sempre volentieri.
Ok, pronti?
Vi ho avvisato.
Si parte.
Sicuramente parte del "merito" va alla lettura; l'ho ascoltato come audiolibro e menomale, non lo avrei comprato ma ero curiosa visto che le premesse sembravano interessanti.
Pause lunghissime fra una frase e l'altra, durante i quali si sentiva prendere fiato, e nonostante ascoltassi al doppio della velocità questi stacchi si percepivano davvero in maniera fastidiosa.
Avere.
Una.
Pausa.
Ad.
Ogni.
Frase.
Non.
È.
Piacevole.
E.
Stacca.
Dal.
Ritmo.
Della.
Storia.
Non fosse stato per questo, sarebbe durato la metà e me lo sarei goduto molto di più.
Detto ciò, andiamo però a vedere la storia.
Ci troviamo in un Italia al collasso, il Mondo ha iniziato a perdere le risorse naturali (scarsità d'acqua, niente più petrolio,...) e la scoperta che il sale può fare di tutto ha scaraventato in una nuova caccia per ottenere risorse così preziose; quindi il governo si concentra per ottenere più sale possibile, ovviamente con metodi non proprio piacevoli.
Tutto ciò è spiegato davvero brevemente agli inizi quando, fra passato e presente, Ani si "presenta" a noi lettori raccontandoci la sua storia, di come sia arrivata in Italia piena di speranze per veder il padre morire pestato a sangue, la sorella maggiore scappare e probabilmente fare la stessa fine, essere separata dalla madre (lei mandata nel "reparto" tessile, poiché sa cucire) e finire nei Campi di sale da ragazzina. Da sola.
Insomma, "Ciao, sono Ani e questa è la mia storia", non proprio così diretta ma il senso era quello.
Non proprio piacevole come ingresso a questo mondo, ma ne ho letti di peggiori, e si perdonano tante cose quando si inizia un romanzo, poiché spesso si deve ancora entrare nella storia e non sempre accade dalle prime righe. Ahimè, non è questo il caso.
Già dal primo giorno Bianca inizia a prendersene cura, essendo in quel luogo da anni, e la tratta come una bambina (la chiama anche così), solo che inizialmente ci sta, ma quando capisci che sostanzialmente sono coetanee stranisce molto, anche perché Ani si è molto riservata e quasi ingenua, ma "bambina, ci pensa B" all'inizio ci può stare, poi anche basta.
Entrambe vogliono scappare, ad ogni costo. Solo che il prezzo per ora lo sta pagando solo Bianca, o così sembra. Sarà per un caso che il Campo subirà un attacco e verranno a conoscenza di una via di fuga, di cui approfitteranno immediatamente. Insomma: totalmente una botta di culo, o restavano lì chissà per quanto.
Entrambe vogliono scappare, ad ogni costo. Solo che il prezzo per ora lo sta pagando solo Bianca, o così sembra. Sarà per un caso che il Campo subirà un attacco e verranno a conoscenza di una via di fuga, di cui approfitteranno immediatamente. Insomma: totalmente una botta di culo, o restavano lì chissà per quanto.
Infatti, riguardo al dopo?
Nessun piano, nessuna idea. Sbaraglio totale. Mai fatto mezzo pensiero a riguardo.
Ma avranno un (secondo) enorme colpo di fortuna...e qui mi fermo, perché andremmo oltre alla trama presentata sul romanzo e non mi va di rovinare la lettura a chi potrebbe essere interessato a questo romanzo.
Ma avranno un (secondo) enorme colpo di fortuna...e qui mi fermo, perché andremmo oltre alla trama presentata sul romanzo e non mi va di rovinare la lettura a chi potrebbe essere interessato a questo romanzo.
A guardarla dalle prime pagine sembra una sorta di "lotta" fra sessi: maschi coi fucili, cattivi, a combattere; femmine schiave sotto il loro potere. Ovviamente ci sono eccezioni, ma la quasi totalità del romanzo è scandita da questa divisione fra sessi. Sicuramente non voluta, ma è innegabile, bianco su nero, pagina dopo pagina.
Capisco che sia una visione ridotta poiché vediamo il tutto attraverso gli occhi delle protagoniste che sono due ragazzine che conoscono poco o nulla di come vanno le cose, però qualcosina in più, anche dopo, sarebbe stata utile per entrare in questo mondo così particolare. Ma mancano tantissimo le spiegazioni, spesso si risolve tutto in modo frettoloso o con escamotage banali, mentre si approfondiscono cose irrilevanti in momenti in cui non ci sarebbe proprio tutto questo tempo per chiacchierare.
La trama sa troppo di "già letto" e presenta personaggi inverosimili: i buoni senza stonature o difetti, tutt* amichett* del cuore che combattono insieme il potere cattivo. Se qualcun* dice loro qualcosa di brutto e loro ci stanno male, è cattiv*. Punto. Stop. Una cosa che non può funzionare.
Resta tutto piatto, noioso, assurdo. E mano a mano che le pagine vanno avanti si ha l'impressione di fare passi indietro, bruciando le poche descrizioni e l'immagine dei personaggi che ci eravamo fatti in mente, ritrovandoci ridotti ad avere personaggi stereotipati secondo alcune loro caratteristiche esasperate in modo davvero fastidioso.
Io ho sperato fino all'ultima pagina di sbagliarmi, e quando non è stato così mi sono abbastanza infuriata davanti a tanta banalità, visto il potenziale così grande dietro la trama e il modo in cui ne esce la caratterizzazione delle personaggie principali in primis. Le due protagoniste stancano in fretta.
Si aggiungeranno altre voci, ma non miglioreranno le cose per nulla. Ci saranno "colpi di scena" che, personalmente, mi hanno fatta sbadigliare. E momenti in cui ci si sarebbe dovuti prendere una piccola pausa per un approfondimento, a tirar dritto in "avventure" senza una logica dietro.
L'ho detto prima, non ci avrei speso soldi. A meno di leggerne recensioni che mi convincessero a farlo, ma sarebbe passato del tempo. Però, almeno Tiffany, la seguo e, viste le sue idee, non dico che avrebbe dovuto scrivere il romanzo dell'anno, ma mi sarei aspettata qualcosa di più incisivo. Riguardo Michela, so che ha scritto altri romanzi, che ho in wish da tempo, ma ancora non mi ci sono lanciata.
Ammetto che è stato deludente ritrovarmi ad ascoltare questa storia ritrovandomi col mal di testa, anche perché non lo avrei neanche iniziato ad ascoltare se non avessi avuto almeno curiosità di scoprire che mondo avessero creato, viste le premesse, la potenzialità della storia e le idee che credevo sarebbero state il nucleo di tutto. Ho sperato fino all'ultima pagina, invano.
Un enorme peccato, davvero.
Attenzione, ora si fa SPOILER
Certe cose le devo dire, perché nonostante ho lasciato passare del tempo mi torturano e devo metterle per iscritto.
Come già detto, da quì solo Spoiler.
Se leggete e ve ne pentite, solo cavoli vostri. Andiamo per punti, iniziamo con quella che ho deciso di denominare
Bianca puttana
No, non è un insulto a Bianca!
Lei inizialmente fa credere di vendersi alle guardie per poter aver accesso alle zone più segrete, capendo come è fatta la base per poter creare un piano di fuga.
Invece no! Lei non è rimasta pura e vergine per tutto il tempo, ha sfruttato la magia per illudere le guardie.
Onestamente, preferivo che si fosse venduta, che avesse scambiato il corpo per conoscenze che potessero ridarle la libertà. Sarebbe stato interessante, una personaggia forte, controversa, che se ne frega delle opinioni e gioca le sue carte per il suo obiettivo principale. Che delusione.
Tutt* coi poteri!
Anche questo, onestamente io speravo in una distopia realistica. Non che ad un certo punto, puff!
Tutt* coi poteri magici per combattere i cattivoni di turno.
Poteva, e sarebbe stato molto interessante, essere un mondo dove a combattere ci fossero state congreghe o gruppi qualunque, senza magie particolari, ma "rispolverando" conoscenze della natura. Mettendoci dentro la magia io ho visto solo tante scorciatoie, di nuovo peccato.
Chi mette regole è cattivo
Seriamente, è davvero la banalità più scontata mettere come capo, dei buoni, una persona che dal primo istante sta sulle balle alle protagoniste perché tenta di stabilire regole comportamentali per la salvaguardia di tutti...e si da ragione a queste ragazzine e non a questo capo che, sorpresa sorpresa, si rivela cattivo come avevano predetto le "buone".
Anche basta, per favore! Lo dicevo anche sopra: non può funzionare rendere i buoni totalmente senza difetti, e se qualcuno dice loro qualcosa, automaticamente è cattivo (e non è solo un'impressione, ma lo è davvero).
In questo caso parliamo di Clarissa che, giustamente, riprende la sorella di Ani che è partita totalmente a caso per salvare la sorella, completamente da sola, senza un piano, potenzialmente attirando un faro sul loro gruppo e quindi cattura o morte. E viene dipinta come una senza cuore, che non comprende come una sorella possa voler tentare tutto per salvare l'altra.
Macchiette
Ad un certo punto ognuna diventa uno stereotipo. Bianca diventa quella che parla sempre, a vanvera, senza riflettere, una macchinetta, tutte battute senza senso,...insopportabile!
Ani si trasforma da riservata a tenebrosa, l'intelligente che non dice nulla mentre contempla la situazione e coglie ciò che nessuno vede con precisione chirurgica (mentre fino al giorno prima a malapena alzava gli occhi). No, decisamente è troppo inverosimile.
Clarissa che è la cattiva perché non le lascia fare tutto ciò che pare a loro.
La vecchia della congrega che prende sotto la sua ala le nuove arrivate per istruirle. Ecc ecc ecc.
Alcuni non hanno nemmeno così tanto spazio da tramutarsi in stereotipi, per fortuna.
Per me poteva finire due righe prima e sarebbe stato almeno decente come chiusura, semplicemente perché le due righe in più mi hanno fatto ridere amaramente: "seriamente avevano una battuta (prevedibilissima, me l'ero già immaginata righe e righe prima) per finire questo romanzo e ci hanno aggiunto due frasi totalmente inutili?!?".
La minaccia finale alle protagoniste (che nonostante aver disobbedito, aver rubato, aver messo in pericolo la vita di uno della congrega,...si vedono come salvatrici): o esilio o rogo.
American Horror Story Coven lo aveva già fatto, usare il rogo come massima punizione.
American Horror Story Coven lo aveva già fatto, usare il rogo come massima punizione.
Ma poi, che cliché odioso.
Perché bruciare una "sorella" o anche un nemico in quel modo? Boh...
Però dopo "esilio o rogo" c'è anche lo svenimento per shock di chi in quel momento stava parlando.
Ma no! Perché devono sempre svenire o comunque avere comportamenti così teatrali.
Sarebbe stata una chiusura giusta con quella parola (rogo).
Fine. Lettore sgomento. Attesa del prossimo romanzo.
De gustibus.
Cattiva io? Credetemi, poteva esser molto molto peggio.
Opinione: Ho Fatto La Spia, di Joyce Carol Oates
Violet Rue Kerrigan ha 12 anni ed è la più giovane di una numerosa famiglia proletaria di origini irlandesi che vive a South Niagara, una piccola e tranquilla cittadina nello stato di New York. È la preferita del padre, Jerome, un uomo duro che governa la famiglia con pugno di ferro. Una sera i due fratelli maggiori, Jerome Jr. e Lionel, investono ubriachi un diciassettenne afroamericano, lo colpiscono con una mazza da baseball e lo lasciano agonizzante sul ciglio della strada. Violet sa quello che hanno fatto, ma tutti, persino il prete, le intimano di tacere. Quando Violet, involontariamente, racconterà tutto al preside e alla polizia, portando così all'incriminazione dei fratelli, verrà cacciata di casa perché colpevole di un peccato imperdonabile: ha tradito la sua famiglia. L'esilio a casa di una zia, un'adolescenza difficile tra bullismo, sensi di colpa e abusi porteranno Violet a fare i conti con la sua educazione familiare e con il suo essere donna, fino a scoprire che la violenza può attecchire ovunque e che se vorrà salvarsi, dovrà trovare in se stessa una forza che non sapeva di avere.
Continuiamo coi mattoni recuperati e smaltiti dalla libreria. In questo caso parliamo della Oates, che propone come sempre storie che ti dilaniano dentro e che infilano spilloni dove le tematiche sono più discusse e controverse, riuscendo a parlare di questioni delicate in modi totalmente onesti e in modo cosi onesto da farti comunque del male.
In questo romanzo ci troviamo a conoscere Violet, una ragazza di dodici anni che una notte vede qualcosa che non capisce appieno, sarà nei giorni successivi che unirà i puntini comprendendo quello che i fratelli maggiori hanno fatto: i due hanno investito e poi pestato a morte un ragazzo nero della zona. La notizia è ovunque e le ricerche puntano immediatamente sui due giovani, seppur la comunità bianca gridi al razzismo (nonostante testimoni e prove). ù
Violet soffre per questo segreto, tenta di parlarne con la madre che non la ascolta minimamente, col parroco che la caccia via senza farla finire, convincendosi di aver fatto il proprio dovere e che se gli adulti liquidano così la questione sarà la cosa giusta da fare.
I due ragazzi comunque non sono dei santi, anni prima avevano partecipato a qualcosa di orribile fra le mura scolastiche, tanto da finire in tribunale. Cosa che sembra un po' tutti abbiano dimenticato.
Succede però un "incidente" che farà precipitare tutto, poiché stremata dopo un orribile fatto (palese la verità, ma anche in quel caso la cecità dei genitori è allucinante) si ritrova a raccontare tutto a scuola e alla polizia, chiamata per l'insieme delle cose.
I due ragazzi comunque non sono dei santi, anni prima avevano partecipato a qualcosa di orribile fra le mura scolastiche, tanto da finire in tribunale. Cosa che sembra un po' tutti abbiano dimenticato.
Succede però un "incidente" che farà precipitare tutto, poiché stremata dopo un orribile fatto (palese la verità, ma anche in quel caso la cecità dei genitori è allucinante) si ritrova a raccontare tutto a scuola e alla polizia, chiamata per l'insieme delle cose.
Sarà l'inizio del suo esilio da casa: allontanata per la sua sicurezza per le indagini prima, poi cacciata dai genitori (il padre in primis) che la ritengono una spia infame per aver parlato contro la famiglia, si ritroverà sola e abbandonata nella casa della zia materna.
Seguiremo a tappe la sua vita, nei momenti più terribili e cruciali della sua crescita, dove finirà fra le mani di uomini orribili che mostreranno i vari modi in cui una donna può venir abusata, mentalmente principalmente (non che il resto sia meglio).
Violet spesso accetta passiva, senza saper spiegare meno lei le motivazioni dietro questi gesti.
Tematiche ancora attualissime: perché (tu vittima) non hai parlato prima? Perché (tu "vittima"?) non ti sei ribellata? Quindi ti piaceva? Ecc ecc
Insomma, domande che sappiamo già come vanno ad accanirsi su chi non ha colpe.
Violet però è una sopravvissuta, è forte, ed ogni volta trova la forza di scappare e ricominciare la sua vita. La vedremo crescere, dai dodici anni fino ai ventisei.
Nonostante tutto lavora, va all'università, e troverà il coraggio di riaffrontare il passato quando tornerà a bussare alla porta. Insomma, una donna vera che viene spesso relegata da sola e che nella solitudine ha trovato comunque qualcosa per rialzarsi ogni volta.
Manipolata, insultata, bullizzata,...ne ha passate davvero tante, troppe,...e la Oates ce lo racconta, senza mai scendere nella pornografia del dolore, ma comunque non usando carezze quando la realtà è brutale da meritare parole esatte per raccontare i fatti come stanno.
Un finale quasi aperto, che ci racconta fino ad un certo punto e poi smette. Sai che la sua vita andrà avanti, ma come? Un mistero che resterà addosso ai lettori, seppur tante risposte le abbiamo ottenute comunque e possiamo immaginare come vorrebbe andare avanti nella sua vita.
La Oates si conferma una penna straordinaria che riesce a portare su carta cose quotidiane orribili, di cui non si parla solitamente, senza scadere nei soliti cliché, senza romanticizzare le cose, senza scusare comportanti riprovevoli e andando a guardare attraverso gli occhi di un innocente che lei stessa dubita di star compiendo scelte corrette. Più vero e doloroso di così!
Bellissimo, ma parecchi TW di cui è meglio tener conto, principalmente: violenza verbale, violenza fisica, abusi, bullismo.
Opinione: La Casa del Destino, di Jessie Burton
Il sequel del bestseller da un milione di copie vendute, Il miniaturista. Una storia gloriosa e travolgente di destino e ambizione, segreti e sogni, con una protagonista determinata a riscattare la propria famiglia e il proprio avvenire.
Nell’età d’oro di Amsterdam, nel 1705, Thea Brandt compie diciotto anni ed è pronta ad accogliere l’età adulta a braccia aperte. Walter, l’amore della sua vita, l’aspetta nel teatro della città, ma a casa i problemi sono all’ordine del giorno: suo padre Otto e la zia Nella litigano all’infinito, e la famiglia Brandt è costretta a vendere i propri mobili per sopravvivere. Nella cerca disperatamente di salvare la famiglia e mantenere le apparenze, nella speranza di trovare a Thea un marito che le garantirà il futuro. Così, quando ricevono un invito al ballo più esclusivo di Amsterdam, la felicità sembra bussare finalmente alla loro porta. Nuove speranze entrano nella loro vita, promettendo un futuro radioso. Nella non ha dimenticato il miniaturista che è entrato nella sua vita diciotto anni prima per giocare con il suo destino. Forse, ora, è tornato per lei...
Finalmente ho smaltito anche questo bel mattoncino che aspettava da inizio anno. Avevo provato leggendone alcune pagine, ma non mi trascinava come mi sarei aspettata. Ammetto di aver letto con estremo ritardo il suo famosissimo predecessore (l'anno scorso), trovandolo all'altezza della sua fama. Era un confronto difficile. Infatti, seppur ben scritto, non può reggere il confronto. Mi spiegherò meglio.
Ovviamente ci saranno spoiler riguardanti Il Miniaturista. Siete avvisati.
Vediamo prima di tutto la trama.
Sono passati diciotto anni da quando il mondo di Nella è precipitato: Johannes è stato giustiziato lasciandosi dietro pettegolezzi e voci impossibili da arginare; Marin ha dato alla luce Thea, svelando un segreto impossibile da immaginare, per poi morire poche ore dopo.
In quella grande casa Nella, Otto e Cordelia cercano di mantenere le apparenze, seppur con estrema fatica.
Nella cerca di districarsi fra le altre famiglie di Amsterdam, giocando abilmente per tenere alta l'illusione e aver la possibilità di dare un futuro a Thea tramite un buon matrimonio.
Otto si è dovuto accontentare di un lavoro miserabile per poter mantenere tutti, visto che dopo la morte di Johannes nessuno ha più voluto aver a che fare con lui.
In tutto questo Thea ha diciotto anni ed è stufa di esser rinchiusa in quella grande casa di segreti. Nessuno le vuole parlare di nulla. Nemmeno su sua madre. Si è dovuta accontentare delle briciole per tutta la vita e non ha intenzione di accontentare la zia che pretende di averla docile davanti l'alta società. In più è ciecamente innamorata.
Questa non comunicazione fra...tutti, sarà la base per il disastro: Nella non parla del passato con Otto e viceversa; entrambi non parlano a Thea né della madre, né di Johannes, né della situazione precaria in cui sono; Thea non parla di cosa prova e nemmeno accenna a Walter, il suo innamorato.
Una storia che parla attraverso più punti di vista, mostrando al lettore come siano distorte le percezioni che hanno l'uno dell'altro. Unendo questo alle parole non dette, la scintilla è pronta: Nella ha trovato un marito per Thea. A Otto questo non piace e ha un suo piano per migliorare l'economia familiare, ma Nella si oppone. Nemmeno Thea vuole sposarsi con l'uomo scelto dalla zia, ma se non vuole parlare di Walter sembrano capricci di una ragazza troppo giovane per capire come vanno le cose ad Amsterdam, come lo era Nella una vita fa.
Una trama che, come nel teatro (di cui si fa spesso menzione nel libro), vive di apparenze e i cui protagonisti devono recitare un copione per poter "restare in scena". Nella lo ha imparato sulla sua pelle. Otto vuole ribellarsi a tutto ciò. Thea mantiene una maschera quando richiesto, ma senza capire quanto questo "gioco" richieda finzione da parte sua. Troppo giovane, troppo protetta dalla realtà, è troppo viva per fingere appieno davanti a tutte queste persone che nel profondo la disgustano, anche solo per come la guardano.
Un romanzo ben scritto, che riesce a bilanciare bene gli stati d'animo e i pensieri di ognuno, rendendo questa incomprensione alla base della storia fulcro centrale intorno al quale accadranno gli eventi.
Si, è piuttosto prevedibile il tutto. Ma l'autrice riesce a non renderla una storia pesante, dando con la sua scrittura quel tocco che la rende scorrevole e piacevole.
Adesso arrivo alla domanda che tutti, me compresa, si fanno davanti a questo sequel: la miniaturista?
Piccola nota personale: mi ero già espressa negativamente riguardo la scelta di definire nella trama la miniaturista al maschile; siamo in un seguito, chi legge sa già che non è UN miniaturista, bensì UNA miniaturista. Se una persona legge la trama, nonostante sia bel segnalato che sia un seguito, sono cavoli suoi. Storpiare il sesso non ha senso ora che i lettori lo sanno.
In tutto questo Thea ha diciotto anni ed è stufa di esser rinchiusa in quella grande casa di segreti. Nessuno le vuole parlare di nulla. Nemmeno su sua madre. Si è dovuta accontentare delle briciole per tutta la vita e non ha intenzione di accontentare la zia che pretende di averla docile davanti l'alta società. In più è ciecamente innamorata.
Questa non comunicazione fra...tutti, sarà la base per il disastro: Nella non parla del passato con Otto e viceversa; entrambi non parlano a Thea né della madre, né di Johannes, né della situazione precaria in cui sono; Thea non parla di cosa prova e nemmeno accenna a Walter, il suo innamorato.
Una storia che parla attraverso più punti di vista, mostrando al lettore come siano distorte le percezioni che hanno l'uno dell'altro. Unendo questo alle parole non dette, la scintilla è pronta: Nella ha trovato un marito per Thea. A Otto questo non piace e ha un suo piano per migliorare l'economia familiare, ma Nella si oppone. Nemmeno Thea vuole sposarsi con l'uomo scelto dalla zia, ma se non vuole parlare di Walter sembrano capricci di una ragazza troppo giovane per capire come vanno le cose ad Amsterdam, come lo era Nella una vita fa.
Una trama che, come nel teatro (di cui si fa spesso menzione nel libro), vive di apparenze e i cui protagonisti devono recitare un copione per poter "restare in scena". Nella lo ha imparato sulla sua pelle. Otto vuole ribellarsi a tutto ciò. Thea mantiene una maschera quando richiesto, ma senza capire quanto questo "gioco" richieda finzione da parte sua. Troppo giovane, troppo protetta dalla realtà, è troppo viva per fingere appieno davanti a tutte queste persone che nel profondo la disgustano, anche solo per come la guardano.
Un romanzo ben scritto, che riesce a bilanciare bene gli stati d'animo e i pensieri di ognuno, rendendo questa incomprensione alla base della storia fulcro centrale intorno al quale accadranno gli eventi.
Si, è piuttosto prevedibile il tutto. Ma l'autrice riesce a non renderla una storia pesante, dando con la sua scrittura quel tocco che la rende scorrevole e piacevole.
Adesso arrivo alla domanda che tutti, me compresa, si fanno davanti a questo sequel: la miniaturista?
Piccola nota personale: mi ero già espressa negativamente riguardo la scelta di definire nella trama la miniaturista al maschile; siamo in un seguito, chi legge sa già che non è UN miniaturista, bensì UNA miniaturista. Se una persona legge la trama, nonostante sia bel segnalato che sia un seguito, sono cavoli suoi. Storpiare il sesso non ha senso ora che i lettori lo sanno.
Torniamo alla domanda: la miniaturista?
Si, compare. O almeno, le sue opere. E no, poteva benissimo funzionare il romanzo senza di lei. È un aggiunta che se rimossa non credo avrebbe cambiato la trama. Capisco che è il seguito di un romanzo dove era fondamentale, uno degli ingranaggi principali e uno dei misteri che venivano svelati fra le pagine. Ma in queste pagine, poteva anche non comparire.
Tirando le somme. Piacevole, scorrevole, ritroviamo i personaggi amati dopo anni e scopriamo qualcosa in più su di loro. Non aspettatevi un romanzo come il precedente. Rimarreste delusi. Però si lascia leggere molto bene.
Opinione: Lucifero e la Bambina, di Ethel Mannin
Inghilterra, 1931. Jenny Flower, una bambina di nemmeno sette anni che vive in un quartiere popolare nella zona portuale di Londra, durante una gita in campagna incontra un Oscuro Straniero che porta sul capo delle strane corna. È il primo di agosto, la festa di Lammas, nella tradizione uno dei quattro sabba maggiori in cui le streghe si incontrano per celebrare i propri rituali - e pare che la stessa Jenny, nata nel giorno di Hallowe'en, discenda proprio da una stirpe di streghe. Grazie all'incontro con lo Straniero, la bambina scopre delle nuove prospettive che vanno oltre l'umile casa in cui vive, la scuola e una madre opprimente che non è mai stata in grado di capirla. Nel mondo enigmatico e proibito che le si apre davanti, sentirà di avere più potere su se stessa... e forse anche sugli altri.
Non pensavo potesse stupirmi tanto, infatti avevo provato ad iniziarlo mesi fa con scarsissimi risultati, ma riprovandoci mi sono trovata incollata alle pagine, trascinata in una storia che gioca moltissimo col lettore, mescolando abilmente situazioni che potrebbero essere spiegate con raziocinio oppure abbandonandosi alla storia credendo a ciò che ci viene narrato.
Il tutto condito con abbondante critica sociale e non solo.
Un romanzo pubblicato nel 1945, di un autrice molto prolifica da noi praticamente sconosciuta.
Una donna molto attiva riguardo temi sociali e politici (femminismo, antifascismo, sessualità, pacifismo, ecc ecc) che ritroviamo abbondanti anche in questo romanzo.
Ci troviamo a Londra negli anni '30 e conosciamo Jenny, una ragazzina molto particolare e diversa dai suoi coetanei. Profondamente ribelle, non sopporta le costrizioni sociali ed è abituata alle botte in casa per sostenere la sua posizione. Durante una gita si allontana dal gruppo e si ritrova a parlare con uno straniero che la incanta dal primo sguardo.
Non le dirà mai il suo nome, ed è qui che l'autrice inizia a giocare col lettore: chi è davvero?
Seppur senza identità diventa una presenza a cui Jenny si attacca in modo fortissimo, che farà comparsa nella sua vita solo in determinate date durante l'anno, ovvero i quattro sabba delle streghe: Imbolc, Beltane, Lammas, Halloween (il giorno in cui la nostra Jenny è venuta al mondo).
[lo so, i sabba sono otto, ma nel romanzo sono solo quattro]
Perché Jenny è una strega, o almeno così le dice dando inizio a qualcosa che smuoverà la bambina nel profondo e la porterà a percorrere una strada diciamo particolare.
Come dicevo Jenny è insofferente alle regole della società, in particolare a quello che le cerca di insegnare la madre a suon di botte, inutilmente poiché lei non si arrende alla violenza. Anche la scuola le sta stretta. Preferisce imparare dalla strada e vivendo vicino al porto in un quartiere di case popolari, cose da imparare non le mancano, ma troverà una guida nella vecchia Ma' Beadle, una signora evitata dalla maggior parte della "brava gente" poiché molto strana, ritenuta sporca e pazza.
Capiremo presto che è ritenuta anche lei una strega, che ci sa fare con le "pozioni" con cui aiuta chi si presenta alla porta, ma non solo. Ha molti libri riguardanti la stregoneria e le arti oscure, a cui molto presto Jenny si affezionerà ed inizierà il suo apprendistato in quella casa.
Fra gli altri personaggi che faranno capolino molto spesso fra le pagine ci saranno la "zia" Nell, che già nel secondo capitolo viene raccontata la sua storia e spiegato come mai ho scelto di metter fra virgolette il suo grado di parentela con la bambina; e Marian Drew, che apparirà nel quarto capitolo, figlia di un reverendo, molto credente e che ha scelto la carriera di maestra per poter aiutare i bambini, ma non solo fra i banchi, se ne occupa anche nel tempo libero avendo creato un club per poterli allontanare dalla strada (e quando lo racconta ci sono solo poche righe, ma una stupenda critica alle femministe delle classi abbienti dell'epoca).
Non sto ad addentrarmi oltre nei dettagli.
La particolarità dell'autrice, già dal primissimo capitolo, è anticipare dettagli che verranno svelati alla protagonista Jenny anche anni dopo gli eventi narrati, ma facendo ciò rende il lettore partecipe di molte informazioni che altri personaggi già sanno e/o che spiegano come agiscono durante le pagine.
Abbiamo più voci narranti durante la lettura (il ché è utile, per quello che dicevo poco sopra), che si alternano a vicenda, rendendo davvero interessante e scorrevole il romanzo.
Inizialmente non capivo dove volesse andare a parare, ma quando si entra nella storia il tutto acquisisce un suo ritmo e, anche nelle parti che sembrano messe a caso, si capisce che sono lì perché l'autrice aveva da dire qualcosa, anche se non apertamente. Riesce ad essere molto abile anche nel caratterizzare i vari personaggi, dando le sfaccettature che meritano come esseri umani, imperfetti e crudeli a volte, ma anche ricchi di molto altro. Un dettaglio non indifferente, che dona spessore maggiore alla storia che viene narrata e alle tematiche care all'autrice.
Per essere un romanzo degli anni '40 (precisamente scritto fra giugno 1944 e ottobre 1944) è davvero molto scorrevole e interessante, proponendo tematiche ancora attuali e critiche sociali che si riescono a cogliere fra le righe senza troppa fatica; una scrittura fluida, fresca, che mescolando abilmente elementi magici a realtà, tiene il lettore incollato alle pagine fino alla fine per avere una risposta alle domande che lo assillano dalle prime righe: chi è davvero lo straniero? Jenny è una strega?
Nell'ultima pagina l'autrice stessa ci parla, ma non so quanto possano esserne felici i lettori.
Io, nonostante tutto, mi ritengo soddisfatta e ho apprezzato le sue parole dirette proprio a noi.
Un romanzo che sembra un bel mattoncino, ma ti scivola fra le dita senza che te ne accorga.
Un enorme Grazie! alla Agenzia Alcatraz che ha portato in Italia questo piccolo gioiello che avrebbe dovuto essere tradotto molto molto prima. Anche se ha rischiato di essere distrutto molto prima, essendo stato ritirato dopo pochissimo dalla pubblicazione poiché ritenuto diseducativo e pericoloso.
Ho aspettato tanto a leggerlo, ma probabilmente era il momento giusto per me.
Non fatevi spaventare dalla mole, se vi incuriosisce non dubitate e leggetelo.
Opinione: Dracula, di Bram Stoker
«State a sentirli, i figli della notte! Questa è la loro musica!»
Lo so, lo so,...arrivare alla mia "veneranda" età, amando il genere sovrannaturale/horror/gotico senza ancora aver letto questo classico famosissimo è abbastanza vergognoso. Ma finalmente sono riuscita ad avere tempo e testa per leggerlo, ed apprezzarlo come effettivamente merita.
Coi classici, almeno per me, va sempre un po' così: devo avere tempo e molta curiosità per iniziarli. Poi, per carità, il fatto che sia scritto molto bene, in modo scorrevole ed interessante, ha aiutato moltissimo. Un dettaglio che non pensavo ci fosse e di cui avevo paura, visto quanti anni si porta alle spalle.
A darmi un'ulteriore spinta è stata la visione del film "Dracula di Bram Stoker", di Coppola.
Lo so, lo so,...anche questo l'ho recuperato decisamente tardi, ma doveva arrivare il suo momento.
Quindi, incuriosita dalla storia, mi ci sono lanciata...o per meglio dire, ho tentato di iniziarlo l'anno scorso, con pochissimo tempo e con la volontà di leggerlo solo al lago. Quindi un cinquanta paginette ed è tornato in un angolino. Ma quest'anno me lo sono portato una settimana in ferie (che erano anni che non ne facevo in giro), così è stata una lettura fra ombrellone, spiaggia e mare, e le fresche mattinate prima di iniziare le giornate in campeggio. Metà era andato. Il resto l'ho divorato tornata a casa, sul divano e nel silenzio, in compagnia dei miei gattoni.
Ammetto che a caldo, come ne avevo parlato subito su TikTok, mi era piaciuto moltissimo ma sentivo quasi una sorta di delusione, essendomi aspettata qualcosa più simile al film che ho citato sopra.
Ho premesso che erano opinioni a caldo e che sicuramente lasciate depositare per un pochino di tempo, sarebbero potute cambiare. Cosa che è, infatti, accaduta.
Ho rivisto il film...ed è stato lui a deludermi!
(A scanso di equivoci: due opere molto belle entrambe, ma la pellicola si prende tantissime libertà che si staccano dal romanzo; ciò la rende comunque un'opera molto interessante, ma vanno considerate separate)
Ora però parliamo un pochino del libro, che mi sembra proprio il caso.
Se ancora non lo avete letto e vi spaventasse, io consiglio di buttarsi.
La scrittura, come dicevo, è molto scorrevole e piacevole.
Ammetto che spesso, in particolare col Dott Van Helsing soprattutto verso la fine, ci siano tantissime ripetizioni, concetti ridondanti, che possono stufare il lettore. Ma se sono riuscita a superarli io, è fattibile per chiunque.
Descrizioni accurate ma non pesanti, cosa che non sopporto, mi stacca dal romanzo.
Il dettaglio più interessante e che lo rende unico è la scelta di raccontare tutta la storia attraverso gli scritti dei protagonisti. Ovvero, i loro diari e lettere, principalmente. Ci sono anche articoli di giornale e simili ad arricchire il tutto, ma la vicenda viene raccontata da ognuno tramite la propria penna e senza il ripetersi delle scene, che spesso vengono solo accennate per permettere al lettore di capire anche le impressioni di quel personaggio sulla tal cosa.
In italiano, nonostante sia specificato chi "scriva", le "voci" si riescono abbastanza a distinguere.
Ma credo che in inglese sia ancora più marcata la cosa, poiché ognuno ha un accento diverso e questo, anche su carta, ha un peso maggiore.
Direi che riguardo la storia in sé un po' tutti abbiamo in mente di cosa parli, fra film (horror e comici), libri, citazioni varie,...è entrato nella nostra cultura popolare. Quindi non starò a parlarne.
Dico solo che pensavo di trovare molto di più riguardo il Conte (e magari le sue spose), ma rimangono in disparte e compaiono davvero poco, qua e là fra le pagine, mentre il vivo è incentrato altrove, sulla ricerca, prima, del male che ha infettato Lucy e, poi, sull'individuarlo e sconfiggerlo.
Ho apprezzato molto però come viene rappresentata la figura di Renfield, che viene approfondita molto tramite gli occhi del Dott Seward, mostrando la logica dietro la sua follia e dando dignità al personaggio che, altrove, appare come un semplice pazzo mangia insetti.
Anche Mina, nonostante sia una donna e (visti gli anni) vista come creatura quasi angelica da proteggere, dimostra forza e coraggio, riscattandosi anche agli occhi di questi uomini che la vogliono mettere da parte, poiché (donna e quindi) fragile, mettendosi in gioco e dando prova di essere molto intelligente e sveglia, portando idee e piani che saranno molto utili a tutti.
Tenendo conto degli anni che si porta appresso, pensavo di faticare, invece mi ha sorpreso e ho capito come mai così tante persone amano questo romanzo.
Penso che lascerò passare qualche anno e lo rileggerò, magari trovando qualche dettaglio che mi era sfuggito ad una prima lettura.
In ogni caso, ho sbloccato una nuova ossessione.
Opinione: Il Profumo, di Patrick Süskind
Jean-Baptiste Grenouille nasce nella Parigi del Settecento, nel luogo più mefitico della capitale: il Cimitero degli Innocenti. Orfano, brutto, apparentemente insensibile, ha una caratteristica inquietante: in una società non ancora asettica come quella contemporanea e impregnata di mille effluvi e miasmi, non emana alcun odore. È però dotato di un olfatto unico al mondo, e il suo sogno è quello di dominare il cuore degli uomini creando un profumo capace di ingenerare l'amore in chiunque lo fiuti. Per realizzarlo è pronto a tutto...
Un consiglio per la stagione autunnale, e pure la cosiddetta Spooky Season, con un romanzo non troppo lungo, ma estremamente ricco, unico e che ti farà entrare in una storia incredibile, in cui l'olfatto la fa da padrona ed un protagonista geniale ma dalla morale discutibile ti condurrà nella Francia del 1700 a vivere qualcosa che ti resterà dentro.
Un titolo che mi incuriosiva, ma non abbastanza, lo devo ammettere.
Ne avevo sentito parlar bene eppure reminescenze del filmi facevano pensare a qualcosa di lungo, noioso, piatto,... Non mi sarei potuta sbagliare di più a riguardo.
Grazie ai commenti, durante il GDL dei Lettori Cattivi, di gente che lo aveva finito/stava finendo, mi sono incuriosita parecchio dato che ne parlavano davvero molto bene. Tempo non ne avevo per un cartaceo, ma c'era Storytel e quindi mi ci sono lanciata, anche solo per capire se avrebbe potuto fare per me.
Me ne sono innamorata già durante i primi minuti di ascolto.
È una lettura molto particolare e strana, che ti catapulta in un mondo così ricco di odori (descritti divinamente) da riuscire a farteli percepire ed immaginare quel mondo con una chiarezza davvero straordinaria senza dover bilanciare con descrizioni visive superflue ed abbondanti.
La storia è unica. Seguiamo la vita di Jean-Baptiste Grenouille, che cresce fra i bassifondi di Parigi durante il 1700. Già da neonato mette a disagio chiunque gli stia attorno, provocando quasi repulsione in questa creatura innocente. Alla base di questo sentimento irrazionale è la mancanza di odore, che lo separa dal resto della gente (anche se ciò è del tutto inconscio nelle persone).
Crescendo passa da un orfanotrofio ad essere venduto ad una conceria.
Ancora bambino però si rende conto presto di avere un dono eccezionale, un olfatto straordinario che lo porta a esplorare il mondo in modo unico, una capacità che gli farà scoccare una scintilla di desiderio: diventare un esperto nel campo dei profumi.
Inizierà il suo percorso per diventare profumiere, partendo da zero ma fortemente aiutato dal suo fiuto impareggiabile, oltre che da una mente incredibilmente geniale che riesce a gestire tutto ciò che annusa, a classificarlo e, nel bisogno, unire più elementi nelle giuste quantità per creare aromi e profumi straordinari. Come mai si erano sentiti.
Ma questo è solo l'inizio del suo viaggio...
Un protagonista, e personaggi che accompagneranno il suo viaggio, sempre visti dall'esterno, ma con descrizioni accurate su quello che provano e sentono nel profondo.
Ma questo è solo l'inizio del suo viaggio...
Un protagonista, e personaggi che accompagneranno il suo viaggio, sempre visti dall'esterno, ma con descrizioni accurate su quello che provano e sentono nel profondo.
Lui, una creatura piccola, non bella, abituata a restare nell'ombra, fare da apprendista abbassando la testa. Eppure un personaggio scaltro, furbo, molto intelligente, capace di ingannare il prossimo fingendo stupidità per rendersi innocuo agli occhi altrui. Seppur geniale, mai superbo. Ma nonostante tutto ciò, una creatura subdola, fredda, disinteressata alla vita altrui.
Incapace di provare sentimenti, se non verso i profumi.
Un protagonista che incuriosisce, attira il lettore, lo fa quasi innamorare di lui. Della sua unicità, della sua indifferenza, e lo fa star male quando viene isolato per il semplice fatto di essere diverso in senso olfattivo. Dettaglio di cui prenderà coscienza quando sarà adulto e sarà fondamentale per crearsi un identità mutevole, sfruttando a suo vantaggio questo difetto per cui era sempre stato trattato con disgusto.
Una rivincita che lo spingerà sempre più a fondo in quello che normalmente sarebbe follia ed orrore, ma che nella sua mente semplicemente è ciò che va fatto per ottenere il profumo migliore che abbia mai creato e che mai il mondo potrebbe sentire.
La sua pazienza lo porterà a riuscire durante la vita ad apprendere ciò che desiderava sapere, con fatica ma sempre con soddisfazione personale, migliorando alcuni metodi e garantendosi fiducia nei vari padroni che incontrerà sul suo percorso.
Oltre che una grande dose di fortuna, che sembra aleggiargli attorno e quasi proteggerlo durante la sua vita, dall'essere preso come garzone/apprendista presso uno dei migliori profumieri di Parigi, fino a quando deciderà di viaggiare per la Francia.
Una scrittura di cui mi sono innamorata, che sicuramente mi porterà a riscoprire questa storia, leggendola però. Süskind riesce a farti vivere la storia e i luoghi attraverso i suoi odori, a gestire questo senso spesso accantonato elevandolo a protagonista assoluto dei sensi. Vediamo Parigi attraverso i suoi puzzi e i suoi profumi; conosceremo le persone che faranno capolino fra le pagine attraverso ciò che il loro aroma lascia percepire; impareremo l'arte della profumeria ed i retroscena, dai metodi per estrarre essenze, al come trattarle per dar loro il meglio.
Insomma, estremamente ricco e curato, ma senza diventare pesante e così descrittivo da rallentare la storia. Sicuramente una delle letture migliori dell'anno.
Detto ciò, come sempre, vi avverto che non è un romanzo per tutti, ovviamente.
Come TW, senza andare in Spoiler, ci sono gli odori che descrivono una città nel suo luoghi peggiori e più poveri. Tutto ciò è strabiliante, ma giustamente così realistico che in alcuni dettagli potrebbero creare disagio e/o disgusto.
Come TW, senza andare in Spoiler, ci sono gli odori che descrivono una città nel suo luoghi peggiori e più poveri. Tutto ciò è strabiliante, ma giustamente così realistico che in alcuni dettagli potrebbero creare disagio e/o disgusto.
Opinione: Niente di Umano, di Beatrice La Tella, con illustrazioni di Brigitta Bonaldo
Nina ricorda bene il momento in cui si è aperto lo Squarcio: era al funerale di Noah. Da quel momento la sua vita e quella di tutti gli esseri umani hanno cominciato a essere popolate da strane creature. Qual è la vera natura delle Bestie apparse sopra le città? Perché sembrano inavvicinabili? Ma la domanda più importante per Nina è un'altra: Noah è davvero scomparso? Insieme a Levi, che su un blocco da disegno ritrae con devozione ogni avvistamento, Nina raccoglie appunti e traccia indizi riguardo il mistero delle Bestie, in una Terra invasa da un nuovo misticismo. Beatrice La Tella immagina una fine del mondo accompagnata dalle illustrazioni di Brigitta Bonaldo, e conduce chi legge verso l'interrogativo fondamentale: quanto è profondo il potere delle storie che raccontiamo?
Un racconto breve, incisivo, che lascia ai lettori un buco dentro che cresce durante l'avanzamento della lettura. Un libro che sfrutta la fantascienza e queste Bestie per parlarci di un dolore forte, che spesso non passa mai: la morte di una persona amata.
Nina infatti è ossessionata dalle Bestie perché si presuppone che possano essere il tramite per altri mondi e deve scoprire assolutamente se può contattare Noah, il fratello di sua nonna.
Una persona che l'ha accompagnata per tutta la vita e a cui lei è incredibilmente legata, anche grazie alla quantità di storie che le ha raccontato nel tempo e che lei ricorda con dolce malinconia.
Una persona che l'ha accompagnata per tutta la vita e a cui lei è incredibilmente legata, anche grazie alla quantità di storie che le ha raccontato nel tempo e che lei ricorda con dolce malinconia.
Durante le pagine scopriremo frammenti di vita di Nina e Noah, misti al presente di caccia fra le varie religioni e sette che promettono di tutto e teorizzano di tutto riguardo queste Bestie, insieme a frammenti di documenti con appunti vari che ha messo insieme Nina nel tempo per trovare una soluzione alla sua ricerca.
Le pagine di appunti sono come fogli stropicciati che fanno capolino fra le pagine, con scritte a mano e sottolineature, come se fossero vissuti e passati fra mani impazienti.
Ma non è il solo arricchimento che ci viene regalato. Ci sono molte illustrazioni davvero meravigliose che ritraggono diverse Bestie fra le pagine. Un dettaglio che rende questo libricino una chicca per gli occhi, e di cui mi stupisco del prezzo così basso vista la quantità di dettagli e la cura nel pubblicarlo.
Una storia raccontata davvero bene, ricca di dettagli, che gioca con il tempo e con il lettore, regalando piano piano frammenti che andranno a completare una storia di amore e dolore, di malinconici ricordi e desideri forse irraggiungibili. Davvero consigliatissimo.
Opinione: Malpertuis, di Jean Ray
Malpertuis. Una magione senza tempo ai margini di un misterioso villaggio immerso nel cuore più cupo delle Fiandre. Una dimora austera, imponente e al tempo stesso mutabile, come fosse viva e dotata di un'anima propria. E poi ci sono i suoi abitanti, costretti a non poter mai abbandonare quelle mura per via di una cospicua eredità che spetterà a chi, tra loro, sopravvivrà agli altri. Ma in Malpertuis niente è ciò che sembra, e se questo vale per la casa stessa, è ancor più vero per i suoi bizzarri inquilini…
Devo ringraziare un GdL dei Lettori Cattivi che mi ha spinto finalmente a farlo fuori dalla libreria. Eh già, altro titolo comprato per esser letto immediatamente, finito a fissarmi su una mensola. Ma ormai non più.
Non avrò molto da dire in merito, perché è un libro che deve essere scoperto pagina dopo pagina. Infatti anche la trama è davvero molto misera, nascondendo il contenuto delle pagine ai lettori.
Detto in breve: mi ha deluso. Mi aspettavo molto di più, sentendone parlare così bene.
Un libro che parte in modo strano, per poi catturare il lettore quando inizia a capire chi siano i vari personaggi e farsi un idea dell'ambientazione.
Però...cavolo, dura tutto troppo poco. Si hanno tantissimi sbalzi, che portano confusione e caos, frammentando parti molto interessanti ad altre lente e che sembrano non aver senso.
Ma il finale! Se tutta la storia fosse stata gestita meglio seguendo quella linea, senza sballottamenti, sarebbe stato tutto assolutamente geniale e straordinario.
Quindi, ecco, non saprei che altro dire.
La mia opinione-non-opinione devo chiuderla qui, altrimenti farei spoiler e rovinerei la lettura a chi fosse curioso e finisse per sbaglio a leggere.
Le parti che sembrano a caso, il tutto che alla fine acquisisce un senso: fa tutto parte del romanzo e della sorpresa finale che l'autore regala.
A tantissimi è piaciuto, quindi mantengo il silenzio.
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