Opinione: Un Estraneo Al Mio Fianco, di Ann Rule



La storia vera di Ted Bundy, il più feroce serial killer americano, raccontata da chi l'ha conosciuto da vicino.

«Ann Rule racconta e cerca di dare una risposta alla domanda: che cosa ha creato un mostro?» - il Venerdì di Repubblica

«Ted è stato descritto come il figlio perfetto, lo studente modello, il genio, il personaggio bello come un idolo del cinema, una promessa del partito repubblicano, un assistente sociale di grande sensibilità, un avvocato promettente, un amico fidato, un giovane cui il futuro poteva riservare solo successi. È tutto e niente di tutto questo.»

Questa è la storia di un figlio affettuoso, di uno studente modello, avviato a diventare un brillante avvocato, di un uomo che ha salvato numerose persone lavorando presso un «telefono amico». Ma questa è, anche, la storia dell'assassino seriale più famoso degli Stati Uniti. Dell'uomo che, con inaudita ferocia, a un certo punto della sua vita ha cominciato a uccidere e ha continuato a farlo per vari anni, senza lasciare la minima traccia, tenendo in scacco la polizia di un intero Paese. E che ha assassinato almeno ventotto giovani donne, ma probabilmente molte di più. Questa è la storia di un killer e della donna che ha capito, all'improvviso, di conoscere quel killer, di essere stata sua amica per molti anni e di avere avuto, per tutto quel tempo, un estraneo al suo fianco.
Questa è la storia di Ted Bundy e di Ann Rule. Non avete mai letto una storia simile. E se, leggendo, sarete spinti a chiedervi: «Ma è davvero successo tutto questo?», sappiate che esiste un'unica risposta:« Sì».
Con 35 fotografie fuori testo. 




Inizio subito col dirvi che è stata una delle migliori letture (se non LA migliore, ma aspetto ancora qualche mese per tirare le somme) di questo 2024.
Lettura non proprio perché l'ho ascoltato, ma non riuscivo a staccarmi. 
Fra lo stile dell'autrice e la sua lettura, per me straordinaria, è risultato così interessante che sono corsa a recuperarlo cartaceo, che prima o poi (ri)leggerò. 

Prendiamola però con le pinze questa mia opinione, perché prima di tutto non credo che avrò mai le parole per poter spiegare quanto è stato bello in modi assolutamente diversi, portando a riflettere molto sulla questione delle apparenze e dei rapporti personali (infatti l'autrice bilancia in maniera assolutamente straordinaria i fatti, le ipotesi e la sua vita che si intreccia con quella di Ted, con tutto ciò che ne poteva poi derivare. Dopo mi spiegherò meglio). 

Si tratta di una lettura molto difficile, perché parla di crimini estremamente violenti che ci vengono raccontati come (si pensa che in alcuni casi) avvennero, quindi molto crudi anche se non si scende MAI nella pornografia gratuita del dolore. Altro elemento importantissimo che me lo ha fatto amare. 

Ci tengo a precisare che starò sul vago, per lasciare a chi non lo avesse letto la possibilità di scoprire leggendo l'escalation di violenza che travolse molti stati americani, di conoscere Bundy e come si arrivò a capire che quest'uomo, così brillante ed intelligente, riuscisse a nascondere ai più vicini una parte della sua vita così brutale. 

Proviamo a parlarne un po', partendo dal libro in sè, ovvero cosa racconta?
L'autrice già avvisa il lettore nelle primissime pagine
Questo libro (per lei) è stata un'avventura di anni, non semplice, e ci avvisa di ciò che troveremo fra le pagine, come il suo coinvolgimento, poiché il suo casuale incontro con Bundy e l'amicizia nata fra loro avrà influenze, per cui dovrà per forza parlarci della sua vita. 

Il tutto possiamo dire che ha un inizio alla fine degli negli anni '60, nonostante ci sia un breve riassunto della vita di Bundy fra il '46 e il '71 quando Ted e Ann si incontrarono la prima volta. 
Serve questo passaggio per far capire con chi abbiamo (in apparenza) a che fare, una persona giovane con alcuni traumi alle spalle ma molto intelligente e con voglia di studiare per prendersi delle rivincite, in particolare una passione per la legge e la voglia di diventare avvocato, cosa che diventerà piuttosto "seccante" per i tribunali anni dopo. 

Ma l'inizio a cui accennavo prima è l'anno in cui alcuni crimini particolarmente violenti vengono investigati senza collegarli inizialmente fra di loro e senza nemmeno aver una vaga idea che rappresentano una sorta di "base" verso ciò che verrà e con una rapidità così imprevedibile da lasciare completamente spaesati; per questi crimini "iniziali" infatti viene anche interpellata la Rule come una sorta di consulente per cercare di capirci qualcosa tramite occhi esterni, e lei nel romanzo inizierà a parlarne in modo dettagliato poiché, anche se ancora non lo sapeva, la sua vita e quella di Bundy avevano iniziato già ad intrecciarsi. 

(Nel romanzo) Commissionato quando ancora i crimini erano in atto, la Rule mette insieme gli elementi fra notizie che la stampa da al pubblico, quello che la stampa sa ed elementi che raccoglie grazie alle sue amicizie fra le forze di polizia, avendole coltivate negli anni quando era poliziotta, ma anche "ora" essendo una giornalista di cronaca nera e scrittrice. 
Ma allo stesso tempo ci racconta la sua vita, la sua conoscenza con Bundy e la sua di vita
Si, verso la fine prova ad immaginare cosa potrebbe aver dato inizio a tutto questo. Alcuni elementi sono lampanti al lettore, altri arriveranno alla fine scavando nel suo passato attraverso racconti dei familiari. La Rule si pone queste domande, si chiede come sarebbe potuta andare la vita di Ted, perché sicuramente era una mente estremamente brillante (per questo ha messo in atto così tanti crimini ed è riuscito a sfuggire alla giustizia per così tanto tempo), ma non arriva mai a giustificare ciò che fece in alcuna maniera. Nonostante ammetta che gli fosse molto legata e abbia faticato ad associare il criminale divenuto famoso come Ted al Ted che conosceva lei, anche quando alcuni dubbi iniziarono a venire a galla. E non fu l'unica. Alcuni ci scherzavano sopra, perché (ammettiamolo) l'idea di avere accanto un serial killer è così assurda da non prenderla in considerazione. 
Ovviamente non fu così per tutti, alcuni campanelli d'allarme fecero scattare segnalazioni, ma restiamo sul vago che non voglio rovinarvi la lettura. 

Il tutto ha un andamento lineare nel corso degli anni, ma come dicevo prima, Ann bilancia egregiamente i fatti (le indagini, le notizie,...) e la vita sua e di Ted. 

Ci sono infatti capitoli in cui vengono descritti i crimini, inizialmente le sparizioni di alcune ragazze nel nulla, di come il tutto fosse così casuale, improvviso, scioccante, da cogliere impreparate le forse dell'ordine, la stampa e i cittadini. 
Sparizioni di cui si racconta la modalità in uno stile descrittivo ma leggermente romanzato, che lo rende scorrevole nonostante i fatti non siano semplici da esporre in uno stile non troppo schematizzato, suppongo mescolando indagini, confessioni e supposizioni, poiché di alcuni elementi non vengono specificati se (e quando) se ne ottiene la certezza. 

Probabilmente la Rule ha ripreso in mano il tutto alla chiusura della storia (prima di pubblicarlo) e dato un ordine temporale con più elementi di quanti ce ne fossero all'epoca, per garantire meno caos al lettore e non ripetere sparsi vari elementi, ma senza andare "oltre" e rivelarci troppo. 
Ciò lo rende molto scorrevole e trattiene per scoprire cosa riusciranno a trovare. E, purtroppo, il cosa non ha permesso di evitare altri crimini. Banalmente (supposizione del lettore ovvia) il non avere un metodo comunicativo fra varie località o Stati, o il non collegare crimini simili allo stesso soggetto (anche quando era ancora ignoto); cosa che non ha agevolato solo lui in passato. Poi, per carità, l'assenza di una tecnica identificativa del DNA era uno svantaggio estremamente forte quando si ha a che fare con un criminale molto intelligente e scaltro. 

Comunque, dicevo, lascia comunque inalterato il corso delle investigazioni e ciò che lei sapeva (quando parla di sè al passato), ovvero la sensazione di terrore davanti a queste scomparse nel nulla. 
Sembra caotico detto così, ma leggendolo(/ascoltandolo) si ha molto chiara la separazione fra il crimine, le indagini e i pensieri della Rule. 
Un'autrice davvero straordinaria per come riesce a gestire il tutto, e di cui mi piacerebbe leggere molto altro di suo, ma che non è stata particolarmente tradotta. 

Una storia che ti trascina pagina dopo pagina, per capire come ha fatto (fisicamente) a compiere certe azioni e seguendo le indagini che sembrano sempre brancolare nel buio:
Bundy infatti era in grado di far scomparire la sua preda anche in mezzo ad una folla numerosa.
 
Intelligente, camaleontico, furbo, scaltro, manipolatore. 
Vive per molto tempo riuscendo a mantenere alte le apparenze e scampandola anche quando sembrava ad un passo dalla sua fine. 
A prescindere dalle risorse a disposizione dai vari agenti che si trovano ad aver a che fare con lui, è incredibile come manipoli non solo i conoscenti, amici e amori vari, ma queste stesse forze dell'ordine. In modi a volte così assurdi da non poterci impedire di dare a loro la colpa per determinati suoi crimini, evitabili se messe in atto certe azioni preventive. 
Specialmente verso la fine, quando non era più così lucido in alcuni momenti. 
In quel periodo il circo mediatico che ne ha fatto nascere, di cui lui era fiero e cercava di dare spettacolo volontariamente, ha dell'incredibile. Tenendo a mente che non erano ancora stati collegati in modo così evidente tutti i suoi crimini e molti americani non avevano sentito nemmeno di sfuggita il suo nome. 

Una persona che se non avesse ceduto nei vizi e avesse mantenuto lucidità, non sarebbe stata presa così in fretta (e parliamo di anni). Chissà cos'altro avrebbe potuto commettere.

Opinione: L'Impronta, di Andrea Cassini


"L'impronta" è il racconto collettivo di una minaccia epocale alla grande foresta, un monito e un'avventura narrata da chi quella foresta si trova a chiamarla casa. L'uomo è assente in queste pagine, la sua presenza solo suggerita. Gli animali lo chiamano "mostro", indagano i suoi segni e lo considerano alla stregua di una creatura aliena, una presenza ingombrante e dannosa. Ne "L'impronta" le voci di lupi, cervi, tassi, il coro della foresta, accompagnano il lettore in un luogo che brilla di nuova luce, negli istanti prima della fine. 




Ecco, di libri del genere ho "paura" di parlarne perché non ho idea di come fare.
Una storia apparentemente semplice, ma complessa. 
Un racconto di vita, di morte, di sopravvivenza. 
La crudeltà della natura che resta magnifica nel suo equilibrio, così apparentemente delicato e fragile seppur forte nel sangue, nella mente e nell'istinto che spinge le varie creature giorno dopo giorno a continuare la loro esistenza. 
Assistiamo a tutto tramite la voce degli animali che capitolo dopo capitolo si alternano mostrandoci attraverso i loro occhi, le loro sensazioni, le loro regole sociali,...il loro mondo. 
Un luogo che stiamo invadendo. Depredando. 
Ci vediamo con i loro occhi. Ovviamente non è niente di bello, ma chi ha rispetto per gli animali ed i loro habitat lo sa già. 

Un racconto breve, intenso, particolare. 
Riesce a raccontare con maestria qualcosa all'apparenza semplice, ma decisamente arduo senza scadere nel banale. Non credo di aver niente altro da dire in merito se non che merita di essere letto per scoprirne le varie sfumature. 

Opinione: Trofeo, di Emanuela Cocco


Una donna entra in un negozio e compra una gonna. La indossa al suo primo e unico appuntamento con l'uomo che la ucciderà. Quando tutto è compiuto, l'uomo raccoglie quella stoffa, la porta via con sé. Fermagli, ciocche di capelli, collane, anelli. Sono trofei, l'assassino li conserva per avere un ricordo delle sue prede. Sono feticci, proiettano nella sua mente scene di sangue, di sesso e violenza, il piacere e la paura, legati per sempre. I trofei sono cose, ma mantengono la memoria delle persone alle quali sono stati strappati. L'uomo torna a casa con la sua prossima vittima. Prepara la messa in scena per il suo macabro rituale di tortura e sopraffazione. Ma questa sera i trofei rifiutano di mettersi in posa. 




Mi indossi ad un appuntamento al buio. Lui ti prende, mi strappa via da te, mi usa perché il tuo respiro resti imbrigliato al mio ordito. Questa è la trama. Intreccio di fili, di rantoli. Ti sta strangolando. Non hai la stoffa per rimanere in vita.

Come potevo resistere ad un racconto del genere? 
Preso e divorato, ma è rimasto su uno scaffale fino ad oggi. Rielaborando quello che ricordavo, insieme ad una scorsa delle pagine, mi sono rituffata in questa storia così particolare dal riuscire a raccontare cose estremamente efferate da un punto di vista diverso, collegato alle vittime ma estraneo (anche se in certi punti entriamo nella testa di lui). 
Quello dei trofei di un serial killer. 

Ci porterà in questo viaggio una gonna. Un pezzo di tessuto comprato ed indossato per la prima ed ultima volta da una donna, senza sapere che l'acquisto sarebbe stato una sorta di regalo al suo assassino. 
La stoffa prende vita, quel poco che è stata con la donna le ha regalato qualcosa di lei, della sua vita, della sua personalità, ma troppo poco per rendere il rapporto profondo ed impregnare la stoffa di lei. 
Come invece è accaduto ad altri trofei che incontrerà nella casa di lui
Con una specie di coscienza abbozzata, mi sta a ricordi vaghi di quella donna, inizia a pensare, immaginare, quasi sognare. 
Il tutto però non avrà vita lunga, le cose cambieranno in fretta quando invece di un altro trofeo porterà a casa una vittima ancora in vita. 

Questo giusto un idea di cosa andreste a leggere. 
C'è la frivolezza di alcuni trofei che si sentono amati, desiderati e felici di stare con lui. Mentre altri rifuggono, si nascondono, perché ciò che erano stati è troppo da rivivere o persino raccontare. 
I giochi, mentre fantasticano di avere una vita, ma anche su questa nuova ragazza e di cosa potrebbe restare di lei finendo insieme a loro per finalmente stare insieme. 

Una storia in cui questo tessuto lentamente evolve il pensiero e comprende solo verso la fine quanto tutto sia terribile e triste. Un racconto che ci porta in un luogo oscuro, dove regnano desideri raccapriccianti. Attraverso questo espediente, questi narratori così strani ed imprevisti ci raccontano le loro vite di prima. 
Crudo a tratti, delicato in altri. Non per tutti, ma decisamente una bella lettura.

Opinione: Mycellium, di Dominica Phetteplace


Re, regine, maghi e viaggiatori sono presenze fondamentali nelle narrazioni fantastiche e poco importa se in questa novella compaiono come progenie di un dio spaziale fungino. O forse sì, se queste origini ne determineranno il destino. Il corpo celeste su cui sono germinati si fa infatti giorno dopo giorno sempre più lontano e con esso la fonte di energia che li tiene in vita. Col tempo il Re è divenuto paranoico e prepotente, la Regina talmente volatile da dover essere sigillata in una spada mentre il Mago osserva malinconico il deterioramento del proprio corpo chiedendosi quando mai finirà questo strazio. E come da tradizione, sarà Cayhun, un ragazzino analfabeta della periferia del regno, a incarnare suo malgrado lo spirito del cambiamento. 




C'è poco da dire senza finire nella trama e rovinarvi la lettura. 
Ci troviamo in un mondo non ben descritto, ma che da quei pochi dettagli ricorda una sorta di epoca medioevale. Una foresta maledetta in cui varie leggende si sono susseguite mettendo in guardia dalla pericolosità al suo interno. Ovviamente ciò non durerà a lungo e la curiosità, mista ad una ricerca per fame dovuta ad una carestia piuttosto feroce, porterà un giovane ad avventurarsi fino a trovare la Regina e la spada nella quale era stata imprigionata. 

Si alternano alcune voci durante la lettura, ognuna con un suo capitolo, senza entrare tanto nei dettagli ci raccontano qualcosa che ci sembra familiare, di già letto o sentito. Questo vago sentore è dato da come ci presentano il loro mondo, in modo molto confuso e senza approfondire. §
Sappiamo della Regina, che per prima apre la storia raccontandoci di sé da quando finì rinchiusa e segregata nella foresta. Un qualcosa di onirico, molto strano e particolare.
Per poi staccare con Cayhun, che effettivamente è una persona a caso, in un momento a caso, che compie decisioni...a caso! Non è la mente più sveglia e lampante del villaggio, ve ne accorgerete subito dalle sue azioni. Ma comunque sia, si immerge fra questi boschi e fa questo ritrovamento.
Comparirà poi il Mago che finalmente ci darà qualche informazione in più su questi regnanti e le stranezze che li circondano, senza però entrare nei dettagli. Poi il Re, e così via finché la storia proseguirà nel tempo, andando avanti di anni e ritrovando i vari personaggi senza saper bene cosa è accaduto ma facendocene un idea da alcuni dettagli. 

Un racconto breve, molto sfuggente, non scritto male ma deve piacere lo stile e questa sorta di "nebbia" nella quale sembra avvolto il tutto. Molto particolare, non mi è dispiaciuto leggerlo ma non mi ha neanche conquistato. Peccato. 

Opinione: Ombre Dei Vivi E Dei Morti, di Lucio Besana


Per gli abitanti della Valle non è insolito che la gente sparisca nel nulla o che muoia senza una ragione. Sono le Ombre, tutti in Valle lo sanno. Ci sono sempre state a dispensare miracoli o sciagure, ma dopo la costruzione della centrale sono diventate sempre più ostili. Tra saga famigliare e fiaba dark, tra folk horror e malinconia, tra weird e storia industriale, "Ombre dei vivi e dei morti" ci conduce in un viaggio nel lato oscuro del progresso tecnologico, verso tutto ciò che è andato perso, verso una casa che non è più la nostra. 




Non so bene come spiegarlo, ma mi sono sentita parte di questo racconto. 
La storia infatti parla di piccoli paesini delle montagne, di cosa resta per chi non vuole andarsene e di cosa cambia per chi se ne va e sembra aver tradito la sua casa (per chi è rimasto). 

Ovviamente c'è molto molto di più. 
C'è il passato di una famiglia, ciò che ha fatto loro la montagna o "qualcosa" che gli si annida dentro. Un passato di minatori laboriosi, ma non solo, gente che lavorava fra le rocce per costruire e mantenere quelli che sarebbero diventati impianti idroelettrici; famiglie che di generazione in generazione si sono (praticamente) tramandati quei lavori, nascendo, crescendo e morendo fra quelle montagne. 

Una storia con lati oscuri. Fra le pagine ci racconta di una famiglia che (come tutte quelle della Valle) ha a che fare da tutta la vita con quelle che vengono chiamate le Ombre, cercando di tenerlo nascosto agli estranei, poiché non capirebbero. Una Valle che tenta anche di proteggere i propri figli, celandogli certi racconti, certi ricordi del passato, per provare a salvare loro la vita, spingendoli ad andarsene nonostante li vogliano ancora lì con loro. 

Una breve novella ma che racchiude tanto, fra racconti di bisnonni, lentamente arriviamo a capire la storia degli ultimi membri di questa famiglia, due fratelli con caratteri molto diversi e che faranno scelte molto differenti.
 
Ci muoviamo in una storia quasi senza tempo, scoprendo piano piano briciole, pezzetti di un puzzle molto più grande, che restando nell'ombra fino alla fine non permette di capire bene cosa stia nascondendo. In una Valle senza nome, in un posto senza nome, con protagonisti senza nome. Scelta interessante che rende il tutto ancora più "vicino" e familiare di quanto non ci si aspetta. 



All'inizio dicevo che mi sono sentita parte del racconto, perché sono nata e cresciuta in una realtà molto simile. In una piccola frazione, di un piccolo comune,... Poche case e tanto verde, le montagne non proprio sopra la testa ma così vicine che basta poco a raggiungerle. Le storie di quando queste case erano vive, quando i lavoratori si muovevano insieme a piedi attraverso i vari sentieri ora praticamente persi. Il crescere conoscendo la storia e vivendo in un epoca che si espande in modo estremamente repentino. Quasi uno smarrimento, uno spaccamento interiore fra il voler restare nel verde e il voler cambiare totalmente ambiente. Nel vedere le case venire abbandonate sempre più spesso, spesso per cause naturali, crollando lentamente su loro stesse. 
Non posso capire proprio a fondo i personaggi, ma in un certo senso ci riesco ed è stato molto strano. 


Opinione: Ecco Come Continuare A Vivere, di Shingai Njeri Kagunda


“Una giovane che ascolta un’anziana, tazzine di latta in mano, l’odore del tangawizi, il tepore che si diffonde e scompare col tempo. Viaggiare nelle storie tra adesso e allora.” Il mondo di Nyokabi viene travolto dal suicidio di suo fratello Baraka. Mentre lei cerca di darsi una spiegazione ed elaborare la perdita interrogandosi inutilmente sulle cause della tragedia, una vecchia zia, emarginata dalla famiglia, le offre un modo per ritornare indietro nel tempo, per ritrovare Baraka, per cercare di salvarlo. Mantenere in vita il fratello diverrà l’unico obiettivo di Nyokabi, anche se i suoi tentativi la porteranno a scoprire che viaggiare nel tempo ha un prezzo, e sfidare il passato non è privo di conseguenze. 




Volevo parlarvene da tempo ma è difficilissimo farlo. 
Anche se non avrò le parole giuste, qualcosa voglio scrivere comunque perché merita di essere letto.
Affronta un tema estremamente delicato in un modo così particolare da lasciare il lettore spiazzato.

Parliamo della perdita. 
Di chi resta dopo una morte, specialmente se violenta ed improvvisa, e deve affrontare la vita senza un enorme pezzo di sé. 
Questo è il caso della nostra protagonista Nyokabi, distrutta dal suicidio del fratello Baraka. 
Durante il funerale una vecchia zia le si avvicina e le lascia una specie di pozione per dormire, grazie a questa Nyokabi si rende conto di poter tornare indietro nel tempo, di "rivivere" momenti col fratello con la consapevolezza di cosa avrebbe fatto. Con la voglia di strapparlo a quella terribile decisione, di cambiare il futuro. Mentre oltre questi "sogni" la vita va avanti, lei deve trovare il modo per salvarlo. 
Ma c'è un prezzo, come per tutto. 

Una storia che ha radici in una cultura che non è la nostra (occidentale), ma la lingua comune del lutto è universale: cosa faresti se potessi cambiare le cose?
Nyokabi è giovane, molto legata al fratello e deve affrontare qualcosa che mai avrebbe pensato potesse accadere. Sentiamo il suo dolore, pagina dopo pagina. Insieme al suo sgomento, quando rivive le giornate col fratello. Confusi e speranzosi, le stiamo accanto, pagina dopo pagina, divorando la sua storia per scoprire come andrà avanti. Cosa deciderà di fare. Se riuscirà a portare a termine ciò che desidera, nonostante il tutto sembri una totale pazzia. Un sogno impossibile che si lega ad un dolore inimmaginabile. 

Un breve racconto che racchiude tante emozioni diverse, tutte potenti e che ti scavano dentro. 
Il tutto senza banalità, senza orpelli. 
Ti resta dentro, scavando con unghie che non puoi fermare, lasciandoti sanguinante per una ferita che non ti riguarda personalmente. Questo lo trovo sempre straordinario. 
Consiglierei a tutti la lettura, ma mi rendo conto che la tematica trattata è molto delicata e dolorosa allo stesso tempo. 

Opinione: Della Donna Aracnide, di Luigi Musolino


Estate 1992: Filippo e Martina, fratello e sorella, attendono impazienti la festa del patrono e l’arrivo delle giostre. Sono bambini come tanti, intrappolati nella sonnolenta routine della provincia e in una realtà familiare che giorno dopo giorno si fa sempre più opprimente. Quando nella piazza del paese fa la sua comparsa una nuova e bizzarra attrazione - il baraccone di Serafina, la Donna Aracnide - i due non vedono l’ora di poter assistere al misterioso spettacolo. Saranno partecipi del disvelamento di un universo spaventoso, governato da una creatura affamata di disperazione e desideri inconfessabili che li condurrà in un lungo viaggio alla ricerca di un senso, di una speranza, di un riscatto. Con "Della donna aracnide" la stupefacente scrittura di Luigi Musolino ci trascinerà in una storia sulle ossessioni e la perdita dell’innocenza, sui sogni infranti e il potere dei ricordi, sulle ragnatele del passato che ci soffocano e impediscono di vivere. 




Dopo Pupille, Musolino torna con un racconto "breve": stiamo sulle 200 paginette, un Nodo particolarmente corposo e affascinante che si rivela fin troppo breve alla conclusione del tutto. 

Una storia che si muove lenta fra passato e presente, prendendosi tutto il tempo che merita per raccontarci gli eventi che spaccarono le cose, distruggendo tutto.
Un presente ossessivo, ricco di dolore e malessere in cui la ricerca non sembra avere una fine. 
Sprazzi di questo presente vengono alternati al passato in cui scopriremo cosa ha portato a tutto ciò. 

Ci troveremo ad aver a che fare con due fratelli, Martina e Filippo. Lei più grande che si prende cura del fratellino, con un rapporto fra i due davvero molto stretto, anche perché in famiglia le cose non vanno benissimo e i genitori non fanno altro che generare odio e liti, che purtroppo minano alla pace e felicità dei due innocenti spettatori. 

Un estate come tante altre, fra vacanze, compiti, noia,...finché finalmente in città arrivano i baracconi e il tutto diventa una festa per i più piccoli, pronti a passare le serate a divertirsi con gli amici, abbandonando i problemi vari fuori da tutta quell'atmosfera di gioia.
Quell'anno però c'è una novità. In un angolo un carrozzone molto particolare attira la loro attenzione: sulla fiancata un disegno di una donna col busto femminile, ma il resto da ragno. 
Serafina, la Magnifica Donna Aracnide. Che promette di esaudire i desideri del suo pubblico. 

Fra paura e curiosità i due sono attirati allo spettacolo che sarà indimenticabile e, come già vi dicevo, segnerà le loro vite in modo atroce. Ci sarà un prima e un dopo.

Musolino è davvero bravo a raccontare tutto questo, prendendosi il tempo che ci vuole e lasciando spesso il lettore in sospeso ad immaginare come saranno andate le cose, ma penso sorprendendolo completamente. Una storia che racconta uno spaccato in cui tanti si possono riconoscere, anche se più giovani e non avendo vissuto il '92 con gli anni dei protagonisti. Riesce a farti sentire piccolo, in balia dei genitori, in mezzo ad una guerra non tua, ed oltre tutto ciò la felicità delle serate fra le giostre con gli 883 sparati a palla e gli amici accanto.

Non fa paura nel senso classico del termine. Ok, certe scene possono essere disturbanti per un certo tipo di pubblico, ma in generale c'è altro di spaventoso fra le pagine. 
Un libro che nasconde tanti orrori che ti strisciano addosso fastidiosi e leggeri come fili di ragnatela; brividi che senti sottopelle in agguato pronti a smuovere qualcosa dentro, sensazioni familiari o anche solo empatiche. La banalità di certe situazioni che riesce a scavalcare i muri del quotidiano e portarti oltre, fra realtà e fantasia, fra immaginazione, sogno e vita vera. In alcuni punti ti chiedi se credere a chi ti sta raccontando questa storia o se è tutta una grande bugia. 

Si, voglio restare molto vaga. 
Dovete scoprire tutto leggendo, pagina dopo pagina, cercando di capire dove vi porterà la trama e lasciandovi quasi cullare da questo incubo. 
Merita il viaggio. 

Opinione: L'Ultimo Omicidio Alla Fine Del Mondo, di Stuart Turton


Fuori dall’isola non c’è nulla: il mondo è stato distrutto da una fitta nebbia che ha invaso il pianeta, devastando tutto e uccidendo qualunque forma di vita. Sull’isola, invece, ogni cosa è idilliaca: la natura è rigogliosa, l’aria pulita e centoventidue persone vivono in perfetta armonia, sorvegliate da Niema, suo figlio Hephaestus e Thea, tre scienziati che sono stati in grado di proteggere quel luogo paradisiaco dalle insidie esterne. Gli abitanti del villaggio hanno poche pretese, si accontentano di pescare, coltivare i campi e godere dei frutti della terra e se hanno un dubbio possono appellarsi ad Abi, un’entità che ognuno di loro sente nella propria mente. L’importante è che rispettino sempre il copri fuoco e le regole imposte dagli scienziati. Fino al giorno in cui, con orrore degli isolani, Niema, la scienziata più anziana, viene trovata brutalmente uccisa. Oltre ad aver lasciato l’intera isola sotto shock, l’omicidio ha innescato un abbassamento del sistema di sicurezza intorno all’isola, l’unica cosa che teneva a bada la nebbia. Se il caso non verrà risolto entro 107 ore, la nebbia soffocherà l’isola e tutti i suoi abitanti. Ad aggravare la situazione c’è che il guasto nel sistema ha anche cancellato la memoria di tutti gli abitanti: nessuno ricorda più ciò che è accaduto la notte precedente, il che significa che qualcuno sull’isola è un assassino e non sa di essere. Nel frattempo, il tempo stringe. 




La trama mi aveva messo parecchia curiosità, ma non avendo ancora letto nulla dell'autore ero un pochino incerta. Fortunatamente è stato pubblicato subito anche su Storytel e mi ci sono lanciata.
La domanda spontanea che vi chiederete è: perché non hai recuperato anche gli altri (che sono su Storytel)? Perché questa volta hanno cambiato voce e mentre prima non riuscivo proprio ad ascoltare (ci riproverò, ma temo che non sia nelle mie corde il suo modo di leggere) adesso il tutto era molto scorrevole e piacevole. 

Mi sono trovata catapultata in una storia distopica in cui misteri devono essere risolti e non solo quelli riguardanti l'omicidio che potrebbe essere la fine di ogni vita sull'isola, ma tanti segreti che i tre Sali (gli scienziati) hanno mantenuto per anni.
Inizialmente il tutto appare complesso e con elementi assurdi. I tre scienziati con le loro vite lunghissime, gente fin troppo pacifica e tollerante di stranezze che dovrebbero sconvolgerli, regole assurde (per esempio al coprifuoco tutti cadono addormentati fino alla mattina dopo, oppure al compimento dei 60 anni la loro vita cessa naturalmente, e molto altro che non sto a svelarvi. Tutto questo lo si scopre subito, non erano spoiler tranquilli).
Insomma un piccolo villaggio alla fine del mondo che resiste grazie a tutto ciò in felicità e armonia da generazioni. 
Comunque non temete, serve per dare un idea di come è stata strutturata questa società ed è tutto funzionale, niente di superfluo. Si capirà leggendo e andando avanti nella trama la motivazione dietro ogni regola. 

Tutto scorre in pace e tranquillità, finché improvvisamente una mattina si risvegliano confusi, pieni di ferite, in posti strani, senza ricordare niente di ciò che è avvenuto la sera precedente. 
Mentre un incendio sta distruggendo una delle loro case, trovano al suo interno sei dei loro amici morti, insieme al cadavere di Niema. Il tutto sembra puntare ad un incidente, una trave che cadendo l'ha travolta, ma non è così.

Sarà Emory a rivelarsi fondamentale. La donna più seccante del villaggio, poiché ha la testa piena di domande di cui cerca risposta e non si accontenta di spiegazioni banali. Messa in un angolo da tutti, diventerà importantissima quando prenderà le redini delle indagini arrivando a sfidare i Sali per trovare la verità e salvare tutti, loro compresi.

Un conto alla rovescia che le concede due giorni per rivoltare l'isola, con l'aiuto della figlia (apprendista di Thea e risvegliando fra loro un rapporto in equilibrio precario da troppi anni), cercando indizi e mettendo insieme ciò che scopriranno, lasciandola spesso spiazzata e confusa riguardo il passato della sua gente. 
Verranno alla luce elementi delicati e i tre Sali si riveleranno per quello che erano/sono davvero. 
Emory non ha mai avuto più di tanto paura(/reverenza) di loro, ma il resto della gente? Come potrebbe reagire a certe notizie?

In tutto questo da sottofondo e nostra voce onnisciente c'è Bia (non Abi, come in lingua originale; è un refuso nella trama), una sorta di intelligenza artificiale che comunica con tutti dentro le loro teste, confortandoli, spronandoli e tenendoli ancorati alle regole di pace e armonia che regnano. Una voce che permette di comunicare, di sapere sempre ognuno dov'è, che li connette costantemente. Ma anche una voce con ordini precisi di Niema da rispettare. 
Deve lasciare che le cose vadano come dovrebbero, sperando di aver fatto i calcoli giusti affinché avvenga ciò che deve accadere.
Sarà così oppure Emony cambierà le cose?

Mi sono lasciata trascinare dalla storia senza soffermarmi troppo su dettagli o elementi che magari sembravano strani. Mi è piaciuta molto quest'avventura così strana, assurda e ricca di elementi pronti per esser scoperti e ribaltare le cose in continuazione. 
Mi è molto piaciuto il mondo che è stato creato dall'autore. Come tutto si fosse distrutto per l'ennesima cazzata umana (anche se non si saprà bene la sua origine, ma non è importante ai fini del tutto) e come questa nuova società tenti di prosperare. 

Molto piacevole, scorrevole e intrattiene tanto. Anzi, ti tiene proprio incollato per scoprire come andranno le cose e quale segreto verrà portato alla luce.
Sono curiosa di scoprire le opinioni di chi è più amante dei gialli/thriller per capire cosa riescono a vedere che io non ho percepito. Sicuramente dettagli sparsi ci sono, come domande senza risposta.

Nel complesso, consigliato! 
Soprattutto l'audiolibro, ovviamente.

Opinione: Il Famiglio, di Leigh Bardugo


Nel Famiglio, Leigh Bardugo tesse una narrazione dove al racconto storico si intrecciano con maestria il realismo magico e una storia d'amore emozionante, una lettura che, una volta iniziata, difficilmente si può abbandonare.

In una Madrid diventata da poco capitale del Regno e pervasa dalla furia controriformistica dell'Inquisizione, la giovane Luzia Cotado, conversa orfana di entrambi i genitori, cerca di sopravvivere come meglio può, nascondendo a tutti le sue origini e, soprattutto, la sua capacità di compiere milagritos, piccole magie. Un giorno, però, la signora della casa presso la quale presta servizio si accorge del suo dono e di lì in poi la obbliga a farne sfoggio davanti ai suoi ospiti, nel patetico e disperato tentativo di migliorare la posizione sociale della sua famiglia ormai decaduta. Ma quello che inizia come un semplice divertimento per nobili fiacchi e annoiati prende ben presto una piega pericolosa perché Luzia attira l'attenzione di Antonio Pérez, ex segretario ora in disgrazia di Filippo II. Per riconquistare il favore del re, ancora provato dalla sconfitta della sua armada , Pérez decide di indire un torneo per trovare un campione che diventi l'arma decisiva nella guerra estenuante contro la regina eretica d'Inghilterra. Determinata a cogliere l'unica possibilità che la vita sembra volerle offrire per migliorare la sua condizione, Luzia si immerge in un mondo popolato da veggenti e alchimisti, bambine sante e imbroglioni, dove i confini tra magia, scienza e inganno sono tanto labili quanto incerti. Con il crescere della sua notorietà, però, aumenta di pari passo il rischio che i suoi segreti vengano scoperti. Per non finire nella morsa dell'Inquisizione, la giovane conversa dovrà quindi agire d'astuzia, accettando persino l'aiuto di un uomo misterioso temuto da tutti, Guillén Santángel, a sua volta custode di verità che potrebbero rivelarsi letali per entrambi. 




Dopo secoli arrivo pure io alla conclusione di quest'ultimo romanzo della Bardugo.
Altissime aspettative, viste le opere precedenti (la dilogia dei Corvi, prima fra tutti). 
Purtroppo tanti sono riamasti molto delusi. 
Infatti su questa lettura l'opinione si spacca quasi a metà: amore o odio. Ci sono alcune scale di grigio, ma alla fin fine il succo delle varie conclusioni porta da una parte o l'altra.

Personalmente ho faticato ad iniziarlo. 
Ho provato più volte con l'audiolibro, fino a trovare il periodo giusto che mi ha fatto superare lo scoglio delle prime ore, dopo di ché non riuscivo a staccarmi.

Eh sì, mi è piaciuto moltissimo. Non da 5 stelle, però ci si avvicina. 
Mi ha saputo regalare una storia molto piacevole e scorrevole. Un modo di raccontare molto dinamico che salta da personaggio a personaggio, dando elementi al lettore che lo incuriosiscono per proseguire la lettura. Ho anche trovato un paio di volte un espediente che King usa tantissimo (non ho idea se abbia un nome e/o se altr3 ne facciano uso, quindi perdonate l'ignoranza): lo svelare quando qualcosa accadrà più avanti al lettore, ma senza dargli tutti i dettagli.
Per spiegarmi meglio prendo un esempio da King. Capita di imbattersi in frasi del tipo "...e non lo rivide mai più", che fa pensare che questo personaggio morirà. A volte succede, altre sono altri a morire (e quindi non rivederlo, oppure succede qualcosa per cui non si incroceranno mai più). 
Questo giochino può sconvolgere il lettore, poiché se la trama saprà sorprendere ti coglie del tutto impreparato.

La Bardugo un po' prevedibile in questo, ma siamo al suo sesto romanzo. Anzi, se saltiamo la prima trilogia, dove era ancora molto acerba, sta davvero iniziando a crescere e sperimentare.
Con questo romanzo lo fa sicuramente. Un ambientazione realistica e storica, anche se quanto sia attendibile non saprei, ma non credo sia tutto frutto di immaginazione. Dello studio c'è dietro.

Personaggi particolari, ben caratterizzati e ne compaiono parecchi fra le pagine. Un narratore onnisciente che da spazio a tutti per avere il loro momento per esprimersi, per manifestare pensieri, ricordi, o altro. Ovvio, i principali non sono così tanti e hanno molto più spazio, ma lungo tutto il romanzo viene ritagliato qualcosa per loro, approfondendo quel che si può restando nella storia. Altrimenti sarebbe diventato un mattone ricco di elementi superficiali ed inutili. 

Strano, per ora non ho nemmeno citato la storia né i vari protagonisti. Non è da me. E quasi quasi potrei continuare restando molto vaga, anche perché si intuisce già dalla trama di copertina qualcosa.
Spagna, inquisizione, magia, mescolati a religioni, maledizioni, classi sociali, aspettative e pregiudizi.
Un elemento ci tengo a citarlo. La crescita personale. 
Molto personaggi li vediamo maturare, in modi diversi poiché hanno vite e obiettivi differenti, cosa che però non implica cambiamenti "totali" e così improvvisi o assurdi da snaturare quella figura. Vedremo convinzioni cambiare, idee ben radicate spiazzate via dagli eventi in evoluzione,...prendere consapevolezza di sé stessi, oltre che di chi sta intorno. Nel bene e nel male.

No, non è esente da critiche. Ci sono spesso ripetizioni, alcune situazioni sono prevedibili, ma nel complesso non mi sono messa ad analizzare il tutto. Mi sono goduta il viaggio, facendo supposizioni giusto per lasciare la mente libera di fantasticare.
Lo ammetto, un finale leggermente diverso mi avrebbe conquistato di più. 
Ma non mi ha dato così fastidio.

Quindi, che altro dire se non raccontare ciò che potreste andare a leggere (se ancora non lo avete fatto)?
Direi nulla, poiché se vi incuriosisce vi incoraggio ad intraprendere questo viaggio. Anche in formato audio, estremamente gradevole, ottimo come sottofondo ma senza esagerare. 
La Bardugo inserisce molto a cui fare attenzione. 

Sono davvero molto curiosa di quale sarà la sua prossima opera.  

Opinione: Qui, Altrove, di Matthieu Simard


Simon e Marie abbandonano la frenesia della città per trasferirsi in campagna, dove sperano di concepire un figlio e ritrovare la serenità perduta. Ma il piccolo villaggio in cui hanno deciso di vivere non è quel che si aspettavano: gli abitanti li accolgono con sospetto, gli uccelli sono scomparsi dai boschi, una strana antenna incombe sul paese e storie inquietanti circondano l’antico proprietario della casa dove sono andati a stare. In questa realtà isolata e inospitale Simon e Marie dovranno fare i conti con i traumi del passato, le crepe del loro matrimonio e la difficoltà dei rapporti umani, mentre la quotidianità scivola giorno dopo giorno in un altrove popolato da personaggi grotteschi e sinistri presagi. "Qui, altrove" è un romanzo dove il perturbante si incarna in un’atmosfera densa di enigmi e di mistero e nei personaggi ambigui, soli e violenti che popolano una vicenda degna del miglior cinema di David Lynch. "Qui, altrove" esplora i temi del lutto e del ricordo, dell’amore e della violenza, portando per la prima volta in Italia la scrittura dell’autore canadese Matthieu Simard. 




Dopo decisamente troppo tempo, rieccomi per parlarvi di uno dei miei ultimi acquisti e ultima lettura fatta (che meglio non finisca sul tavolino o attenderà come gli altri 1000 libri di essere recensiti). 
Un romanzo di una collana dedicata all'horror che sto adorando, nonostante sia appena nata. 
Sto parlando di Caronte, di Zona42. 
Gli altri suoi romanzi sono Il Pescatore e Siamo Qui Per Farci Male (si, vi lascio i link, così potete recuperare le recensioni o anche solo guardare copertina e trama in facilità).

Torniamo al libro. 
Questo piccoletto di 160 paginette o poco più si stacca dalla narrazione spaventosa spostandosi su tematiche più delicate e dolorose, che racchiudono altre sfumature dell'orrore.

I protagonisti sono una coppia sposata da un po' di tempo, come capiremo già dal principio. 
Giovani, ma con già alle spalle una vita che li sta portando verso la fine del loro rapporto. Per tentare di salvarlo decidono di cambiare radicalmente vita: comprano una casa in un piccolo villaggio e si trasferiscono, lasciandosi tutto alle spalle, sperando in una rinascita. 
Ad attenderli però li aspetta una cittadina piena di persone scontrose, chiuse, che chiariscono dal primo istante che non sono i benvenuti. Quasi a bilanciare questo distacco, una coppia di "nuovi" come loro si fa prepotentemente avanti nelle loro esistenze in maniera estremamente fastidiosa, invadendo i loro spazi senza vergogna.

Marie e Simon si alternano a parlare, raccontandoci un presente dove nessuno dei due riesce a fare qualcosa per coinvolgere l'altro se non per pochissimo. Un rapporto che vogliono riallacciare, quasi a tutti i costi, ma che si sta perdendo. L'amore sembra esserci ancora, "soffocato" da questa vita che hanno trascorso insieme che ha permesso (nel bene e nel male) di conoscersi così bene che certe cose possono non essere dette e le menzogne perdonate. 

Un romanzo lento, che riesce a far percepire la lunghezza asfissiante delle giornate costrette a passare, restando però sempre uguali. Personaggi spesso assurdi, che compiono azioni senza il minimo senso logico. La sensazione di fastidio pervade molto le pagine. 

C'è un però...questo pervade la prima metà del romanzo. Poi c'è una svolta. 
Finalmente la coppia si apre con il lettore, permettendo di scorgere il loro passato e cosa li ha portati a cercare di ritrovarsi in modo così disperato e folle da scappare in quella città. 

Questa giusto un'infarinatura di cosa potete trovare nel romanzo. 
Ora la parte difficile, tirare le somme. 
Non mi è dispiaciuto, ma non mi ha nemmeno lasciato così il segno. 
Alcune parti si, moltissimo. In quei passaggi l'autore riesce a trasmettere molto al lettore, di farlo entrare in certe situazioni ed entrare in empatia con i protagonisti, capendo le motivazioni dietro certe scelte che hanno compiuto o stanno compiendo. 

Ma in generale, c'è tanto che non saprei collocare. 
Personaggi che appaiono, fanno cose e danno spiegazioni incoerenti. Non trovo un senso nel trovarli fra le pagine. Poteva esserci chiunque altro e non sarebbe stato poi così diverso, in fin dei conti. 
L'odio dei cittadini nei loro confronti è marginale. Se capita gli parlano, poi volti pagina e sembra tengano loro il muso. Non sono ostili, solo li ignorano completamente per il semplice fatto che non sono nati e cresciuti lì. Il motivo non mi è ancora chiaro. 
Non ho capito il discorso dell'antenna, infatti non l'ho nemmeno citata. Come i discorsi sulla casa e del suo ex proprietario, perché in effettivo resta marginale se non per alcuni dettagli che escono nel finale, ma che non ho trovato così incisivi. 

Un peccato. Mi aspettavo qualcosa in più. 

Opinione: L'Unità, di Ninni Holmqvist



Nel suo romanzo d’esordio la svedese Ninni Holmqvist, una narratrice formidabile, immagina un mondo lontano eppure pericolosamente vicino.
L’Unità, considerato un classico moderno e già molto apprezzato in patria e all’estero, racconta una storia vivida, commovente e attualissima, che racchiude un’acuta riflessione sulla società odierna e l’identità femminile.

«L’Unità mi è piaciuto moltissimo. Sono sicura che ne rimarrete incantati, come è successo a me». - Margaret Atwood

«Riecheggiando l’opera di Marge Piercy e Margaret Atwood, L’Unità è un romanzo che fa riflettere, ma anche una lettura compulsiva». - Jessa Crispin, NPR

«Con questo libro, da scrittrice di racconti incredibilmente talentuosa Holmqvist si è trasformata in una maestra del romanzo. Non mi sorprenderebbe se L’Unità diventasse uno – forse l’unico – dei pochi romanzi svedesi di questa stagione che la gente leggerà ancora tra cinquant’anni». - Smålandsposten

«Un romanzo d’esordio sorprendente. Scorrevole e ipnotico, offre una testimonianza impressionante sul modo in cui la società svaluta la creazione artistica, mentre celebra la procreazione, e una speculazione su cosa potrebbe succedere se tutto questo fosse portato all’estremo. Per i fan di Orwell e Huxley». - Booklist


Un giorno di inizio primavera Dorrit, scrittrice cinquantenne single e senza figli, viene accompagnata all’Unità. D’ora in avanti vivrà lì. Quello che la accoglie è un luogo idilliaco, almeno in apparenza: una struttura all’avanguardia dotata di eleganti appartamenti immersi in splendidi giardini, dove vengono serviti elaborati pasti gourmet e ci si può dedicare alle più svariate attività. I residenti sono accomunati da una caratteristica: non hanno figli né una vita sentimentale stabile. Finalmente libera dal giudizio sociale che ha sempre percepito come un peso, Dorrit è felice di poter fare amicizia con persone come lei. Ma c’è un prezzo da pagare: gli ospiti dell’Unità, chiamati “i dispensabili”, si trovano lì per un motivo ben preciso. Faranno da cavie per una serie di test farmacologici e psicologici, per cominciare, e poi doneranno i loro organi, uno per uno, fino alla cosiddetta “donazione finale”. Anche loro, così, saranno utili alla società: si sacrificheranno per chi, nel mondo fuori, è genitore. Dorrit è rassegnata al suo destino e desidera soltanto trascorrere i suoi ultimi giorni in pace, ma presto incontra un uomo di cui si innamora follemente, e l’inaspettata felicità da cui è travolta la costringe a ripensare ogni cosa.




In breve: premesse ottime, ma nel concreto tanto buchi.
La storia è una distopia non troppo distante dal nostro quotidiano. Nel giro di pochissimi anni infatti è stato introdotto il concetto di "dispensabili", ovvero persone che raggiunta una certa età e non avendo fatto "nulla" per la società fino ad allora (fatto figli, raggiunto posizioni o traguardi importanti in certi campi lavorativi) e non avendo un utilità ancora in corso (dover badare ai genitori anziani), vengono prelevati e portati in queste Unità.

Luoghi isolati dal resto del mondo in cui si renderanno utili. Luoghi psicologicamente pensati per renderli felici ed innocui, dove gli viene garantito vitto e alloggio, qualunque divertimento (cinema, teatro,...), qualunque optional (negozi, parrucchiere, piscine, palestre,...), qualunque servizio medico (visite specialistiche, dentista, psicologo,...). Insomma, dove rendere "belli" i loro periodi di permanenza in quei luoghi.
Perché tutto ciò? Ovviamente perché vengono sfruttati per le esigenze del mondo esterno e quindi, per evitare ribellioni, hanno reso tutto affascinante e piacevole. Oltre che imbottito di frasi fatte che ormai sono accettate da loro e da chiunque fuori da lì.
Sono ormai delle cavie umane per farmaci dagli usi più svariati, per vedere gli effetti di terapie ormonali o con radiazioni, ecc ecc. E, in più, banche d'organi in movimento, poiché se serve qualcosa di non indispensabile alla vita viene prelevata loro fra un test e l'altro. Altrimenti si và alla donazione finale, che porta alla fine della loro esistenza. L'organo interessato viene donato e il resto viene comunque conservato nel caso di necessità.

In tutto ciò la nostra voce narrante è Dorrit che, al compimento dei cinquant'anni, deve abbandonare la sua vita. Non avendo avuto figli, ne avendo ancora genitori di cui occuparsi, finisce in questa Unità.
L'unico enorme dispiacere (che mi ha permesso tanto di enpatizzare con lei, ma che per tante persone ha rappresentato un peso) è lasciare il suo amatissimo cane. Ha trovato un'amorevole famiglia che se ne occupi, ma sentirà tantissimo la sua mancanza più e più volte durante il romanzo.
Attraverso di lei scopriremo come (e in quanto poco tempo) è nata questa legge ed è diventata la normalità.

Dorrit è banale. Una persona qualunque: non troppo intelligente, non troppo bella, non troppo coraggiosa, non troppo fifona,... Insomma nella media e questo è un punto a favore del romanzo, poiché rende benissimo cosa farebbe una persona qualunque in una situazione del genere. Niente distopia con protagonisti testardi, pronti alla lotta, alla sfida al potere, in cerca della fuga, con un obiettivo di ribellione all'esterno a cui mirare. Qui tutti si sono adeguati a ciò che è stato deciso. Ciò fa paura perché è decisamente realistico. Ne avevo sentito parlare vagamente e trovandolo su Audible ho provato ad ascoltarlo. È stata una lettura di sottofondo, al doppio della velocità (viene letto piuttosto lentamente per i miei gusti). Piacevole in questo senso, seppur ricordi vagamente "Non lasciarmi".
Ammetto che ci sono parti molto ripetitive, alcune descrizioni estremamente minuziose che potevano essere evitate tranquillamente, elementi che non aggiungo niente alla storia o ai personaggi.
È prevedibile come andrà la storia, ma non tanto il come. Alcune elementi riescono a salvarlo dalla prevedibilità assoluta.

Comunque l'ho finito abbastanza contenta, mi era piaciuto, seppur il finale non lo abbia capito.
Giuro, mi sono sentita presa in giro nelle ultime parti del libro. Ammetto che interessante la scelta, a gestita malissimo. Senza una spiegazione sul perché, almeno nell'audio nessuna nota conclusiva per chiarire le domande che sicuramente sono venute in mente a chiunque.
Andando a leggere alcune recensioni in merito ho trovato (altre) evidenti carenze nel testo e nella trama che forse leggendolo avrei notato. Una "leggerezza" che non ha senso ed ha fatto perdere una stella al romanzo, perché è decisamente importante e se si vuole creare qualcosa di realistico, lasciare tutto cosi non ha senso.

In generale, non mi è dispiaciuto. Fa riflettere sulla società e su cosa viene ritenuto importante, e su come si potrebbe finire se venisse deciso ed accettato cosa significa essere utili, in molti sensi.
Ma nel "pratico", non ci siamo.
Diverso dai soliti distopici, è stato piacevole da leggere/ascoltare, ma poteva dare molto di più al lettore.

Visti i costi e le mie perplessità generali, vi consiglio se vi incuriosisce e siete dubbiosi, di provare a leggerne un estratto, di provare con Audible (ha spesso promozioni, oltre il primo periodo gratuito), oppure tentare in una biblioteca, se siete cosi fortunati da averne una ben fornita vicino casa.




ATTENZIONE SPOILER

Ci tengo a fare una nota finale per chiarire le parti sopra che non ho spiegato per non rovinare la lettura/ascolto a chi volesse scoprire questa storia.
Quindi non proseguite se non volete sapere nulla.

Le parti a cui non avevo prestato attenzione durante l'ascolto, che mi sono state fatte notare da altri attraverso varie recensioni, sono il mix fra test e donazioni di organi. Ovvero: com'è possibile che una persona faccia test con farmaci sperimentali/ormoni/radiazioni/altro e, fra un test e l'altro, possa donare organi?
Sarebbero compromessi e quindi giustamente inadeguati per trapianti vari. Non ha senso.
O nella società esterna si accettano organi "compromessi", oppure se viene dato per scontato che siano sani, c'è un enorme lacuna. Dal romanzo non lo possiamo sapere perché Dorrit non sa nulla a riguardo. Ma comunque nessuno si fa domande su ciò, nonostante certi risultati dei test portino le persone a danneggiamenti fisici.

Vediamo il finale.

Dorrit scappa. O almeno così ci viene raccontato. Solo che giri pagina e scopri che ha partorito dentro l'Unita. Ha deciso di restare e dare in adozione la figlia, che questo testo è una sorta di diario che ha scritto per chiunque vorrà leggerlo. Ma non spiega perché ha raccontato di una fuga mai avvenuta. Perché è questo che capiamo dalle ultime pagine.
Ci sta con il suo carattere ed è originale per la trama che si arrende, faccia spallucce, regali la figlia e si faccia sopprimere. Ma mi sento anche un po' presa in giro per quello successo poco prima. Manca qualcosa. Una frase che spieghi perché Dorrit(l'autrice) ci abbia "preso in giro".

Siamo Qui Per Farci Male, di Paula D. Ashe [Instagram Post]


 

Opinione: Siamo Qui Per Farci Male, di Paula D. Ashe



Una creatura con la faccia di denti che costringe le proprie vittime a terribili atti di automutilazione. Rapporti familiari messi a dura prova dalle gesta di un serial killer. Regioni della psiche infestate da traumi irrimediabili, da ossessioni che si fanno carne e sangue. Ancora, punti di vista inediti sulle malefatte di Jack lo Squartatore e un culto religioso che predica il Vangelo del Dolore. Una catena d'inspiegabili omicidi di bambini che sconvolge la quiete di una sonnolenta cittadina americana. Abusi che permangono oltre la morte. Con i dodici racconti di "Siamo qui per farci male" – dodici tasselli oscuri, crudeli, intimi, poetici, che vanno a comporre un grottesco mosaico che evoca l'opera di Clive Barker e David Cronenberg – Paula D. Ashe, una delle voci più potenti del nuovo horror contemporaneo, ci conduce in luoghi abitati da sinistre presenze, ma dove il mostro più spaventoso è l'umanità. Un'umanità che sguazza nelle tenebre, disposta a qualsiasi cosa per uno spiraglio di luce. Attenzione: questo volume contiene violenza estrema, orrori indicibili, inferni urbani e letteratura.




Mi trovo piuttosto spiazzata a parlarvi di questa raccolta di racconti.
In generale, ho un pessimo rapporto con le raccolte, specialmente se non sono storie legate fra di loro.

Di solito mi annoio, perdo il filo, dopo un po' mi stufo e finisco con abbandonare il tutto.

Questa volta è stato diverso.

Mi è dannatamente piaciuto ciò che scrive l'autrice.
E come lo fa.

Frammenti di realtà assurde, presentate in modo molto interessante. Si, è capitato di dover rileggere qualche riga indietro per la sensazione di aver perso qualcosa, ma niente di che.
A volte la sensazione che qualche racconto fosse collegato ad altro l'ho avuta, ma niente.

Singoli frammenti sparsi che hanno reso il tutto realistico e spaesante allo stesso tempo, mescolando abilmente il quotidiano all'assurdo, fino a estremi folli. Senza mai scendere nello splatter gratuito.

Questo glielo si riconosce, la paura, o il disagio, spesso si insinua già prima di aver davanti l'orrore.

Che siano due pagine o dieci, non importa.
Spesso unite ad un umorismo macabro che mi ha fatto sorridere parecchio, per la genialità di sfruttare questi mix in modo originale e senza cadere in cliché, mantenendo tutto pulito e piacevole da scoprire.

Parlando da persona che ricerca brividi, non mi ha spaventato né lasciato disgustata (lo sapete già, lo so). Mi sono divertita a scoprire fin dove la sua immaginazione si è voluta lanciare.

Lascio comunque l'avvertenza che alcune cosette potrebbero turbare. Siamo davanti una raccolta dell'orrore, dopo tutto.

La scelta di parlare attraverso i racconti vince, riesce a rendere al massimo alcune figure così uniche con poche apparizioni, che in un romanzo potrebbero perdere la presa che invece qui resta salda sul pubblico.

Decisamente un ottimo secondo volume della raccolta Caronte!
Sono impaziente di scoprire cos'altro ne farà parte e, ovviamente, di leggerlo.